Venezia in trincea

Nell’ultimo turno di Serie B, il Venezia ha battuto la Ternana per 3-2 dimostrandosi un avversario ostico per tutti, anche fuori casa. I numeri parlano chiaro: i lagunari hanno la miglior difesa del campionato e una precisa identità di gioco, che può essere definita come una vera e propria mentalità da trincea. In sette punti, cercheremo di capire dove può arrivare la squadra di Filippo Inzaghi.

Le premesse

Il presidente del Venezia, Joe Tacopina, non si stanca mai di ripeterlo: la città merita una squadra competitiva, che sia un modello economico e sportivo degno di lode. Mentre fuori dal campo si parla di uno stadio nuovo e delle impressionanti ambizioni della dirigenza, dentro il rettangolo verde il Venezia sta costruendo una forte identità, precisa e ben riconoscibile. La rosa allenata da Filippo Inzaghi, infatti, ha dimostrato di non temere la categoria cadetta portando un esprit davvero solido, che (ci auguriamo) possa arrivare sino alla fine dell’anno. Una miscela di tattica e mentalità che potremmo definire, con due parole, l’ossimoro Inzaghi.

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Il Venezia festeggia dopo aver vinto il terzo trofeo in un anno: la finale di Supercoppa di Serie C (2016/17). Mentalità.

Ossimoro Inzaghi

Un ossimoro è una figura retorica che riesce a spiegare l’inconciliabile. Ad esempio, ghiaccio caldo è un ossimoro; vento immobile è un altro ossimoro; Inzaghi che fa catenaccio è forse l’ossimoro migliore di tutti. 

Fa specie, infatti, vedere uno dei più grandi attaccanti del calcio italiano che costruisce la sua squadra a partire dalla difesa. Le idee del Venezia sono ben chiare: se non si prende gol, si porta a casa sempre qualche punto. E così, dopo sette giornate e appena quattro gol subiti, il 5-3-2 di Inzaghi appare incredibilmente solido, e capace di mettere in difficoltà chiunque.

1
E. Audero
31
C. Del Grosso
6
M. Domizzi
14
M. Modolo
4
S. Andelkovic
27
G. Zampano
18
S. Suciu
7
S. Bentivoglio
23
M. Falzerano
9
G. Zigoni
11
S. Moreo

La tattica, però, non è tutto. Per affrontare un campionato con una mentalità così difensiva, è necessario avere i giusti interpreti, dei giocatori capaci di soffrire senza perdere la testa. Inzaghi ha voluto a tutti i costi una trincea: ma per vincere le battaglie, in trincea ci vuole la gente giusta. 

Dentro la trincea

Filippo Inzaghi ha capito che una difesa rocciosa e intelligente può fare la differenza in un campionato aleatorio e tecnico come la Serie B. Così facendo, ha costruito (sin dall’anno scorso, in Lega Pro) una linea a cinque che farebbe invidia a tante squadre. Affidando i pali ad Audero, giovane talento della Juventus, gli ha piazzato davanti cinque sergenti niente male: Zampano, Andelkovic, Modolo, Domizzi e Del Grosso. Tre di loro hanno esperienza in serie A; gli altri, sono ormai professionisti della serie cadetta. La trincea costruita da Inzaghi è in buone mani, ma soprattutto richiede sforzi maggiori per espugnarla; gli assaltatori di Bari, Avellino e Ternana hanno già fallito. Solamente il Parma, con un episodio da calcio piazzato, è riuscito a passare. Basti vedere la GIF sottostante.

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Terza giornata: il Bari prova per tutto il pomeriggio a segnare ad Audero, con scarsi risultati. Nell’azione qui sopra, il Venezia è già disposto con sette uomini dopo aver tentato una sortita offensiva; Brienza prova allora a calciare dalla distanza. Anzi, deve.

Come si può vedere, il Venezia si trasforma in una piazzaforte quasi impossibile da sorprendere. Non solo i cinque difensori riescono molto spesso a vincere l’uno contro uno, ma sono protetti da un centrocampo muscolare e dal lavoro sotto traccia degli attaccanti, che sacrificandosi con disciplina rendono tutto più facile.

Nella terra di nessuno

Continuando la metafora bellica, spostiamoci un poco oltre la trincea; abbandoniamo la linea sicura di Modolo e compagni, e guardiamo alla terra di nessuno. Il centrocampo veneziano è, nella media, meno dotato tecnicamente rispetto a tante altre compagini della Serie B. Spicca su tutti Bentivoglio, ex del Chievo Verona, che detta i tempi del centrocampo con un piede fin troppo prezioso per la categoria cadetta. Accanto a lui, ruotano quattro gregari che ragionano a pensiero unico. Il lavoro tattico di Inzaghi ha fatto sì che Falzerano, Suciu, Pinati e compagnia sappiano esattamente cosa fare in qualsiasi situazione.

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Sanno cosa fare, ma soprattutto sanno verticalizzare. Si, perché la verticalizzazione veloce è lo schema prediletto dai lagunari, permettendo al centrocampo di rifiatare in fase offensiva. Qui, Del Grosso pesca Moreo che di testa mette Zigoni davanti alla porta.

Il cinismo dell’attaccante veneto è fuori discussione.

Un centrocampo a tre muscolare, che ha come primo compito, come sempre, la rottura. Alle loro spalle c’è la trincea, è vero; ma una trincea sguarnita diventa fin troppo vulnerabile. Nessuno potrebbe permettersi cinque difensori senza un centrocampo intelligente; e così Inzaghi ha messo tre faticatori che per tutta la partita mantengono un ritmo forsennato.

La lancia spezzata

Fin qui, la costruzione strategica di Filippo Inzaghi appare perfetta. Una squadra solidissima, che in campionato non è quasi mai andata davvero in difficoltà e che dopo sette partite ha avuto un solo black out (quello dell’ultimo turno, in cui la Ternana ha segnato due reti in meno di 60”). Eppure, se scorriamo la classifica, vediamo il Venezia incastrato a metà, incapace di prendere il volo.

Certo, il Venezia è una neopromossa e sta facendo un buonissimo campionato. Ma si ha l’impressione che le aspirazioni della dirigenza non collidano del tutto con le possibilità della squadra. Si ha quasi la sensazione che Inzaghi, nel curare maniacalmente la fase difensiva, si sia dimenticato di quella offensiva. Un puro ragionamento ossimorico.

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Marsura, uno degli infaticabili attaccanti di Inzaghi.

L’attacco del Venezia è rimasto sostanzialmente quello impiegato in Lega Pro. Nonostante quest’estate si fosse parlato di un possibile arrivo di Gilardino, i lagunari sono riusciti alla fine a ripiegare su Zigoni, che fa fatica a fare reparto da solo in una squadra che non si preoccupa nemmeno di fargli arrivare un pallone pulito. La seconda punta (molto spesso Moreo) ha degli obblighi difensivi mica da poco: in molte partite è costretto a fare il quarto di centrocampo, andando a rinforzare la trincea e i pali di Audero. Svariate volte abbiamo visto Zigoni sconsolati, abbandonato a se stesso. Questo è il punto debole del Venezia; una cura massimale della fase difensiva ha prodotto una sterilizzazione diffusa dalla metà campo in su. Non a caso, il Venezia segna pochissimo: sei reti in tutto, di cui tre nell’ultimo turno. Una media da retrocessione.

Forse neanche il SuperPippo calciatore riuscirebbe a fare miracoli. 

La fossa dei leoni

Eppure, l’ossimoro Inzaghi funziona. Nella sua inconciliabilità, la formazione lagunare riesce a tenere i nervi saldi anche nei momenti più difficili. Come contro il Bari: Venezia costretto a proclamare ritirata nella propria metà campo per tutta la partita, e alla fine una vittoria strappata senza grosse sofferenze. O come contro la Ternana, che agguanta un pareggio da psicodramma in meno di sessanta secondi salvo poi subire l’incornata di Domizzi, che è forse l’emblema di tutta la squadra.

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Domizzi davanti alla curva veneziana (stadio P.L. Penzo).

Domizzi, professione veterano. Un difensore che ormai calca i campi per la diciannovesima stagione in carriera, e che dopo aver terminato la lunga esperienza a Udine ha scelto di ripartire in Lega Pro sotto la guida di un attaccante che aveva affrontato decine di volte in carriera. Domizzi è il re della trincea. Con la fascia da capitano assomiglia molto a quei sergenti che durante la Grande Guerra infondevano coraggio solo a guardarli. Attorno a lui Inzaghi ha costruito un sistema difensivo che, per ora, ha retto l’urto di alcuni degli attacchi meglio organizzati della categoria. E che potrebbe diventare un rompicapo per tutti.

Indovinello veneziano

E allora, come si può scardinare la trincea veneziana? Una mezza verità è stata scoperta dal Parma, che vincendo al Penzo per 1-0 ha dimostrato che il Venezia, forse, può essere battuto solamente copiandone il gioco. In quella partita, infatti, le due squadre si sono coperte con la massima cura, lasciando che fosse un episodio a decidere il risultato: solo un colpo di testa di Di Cesare, un altro veterano di guerra del calcio italiano, ha abbattuto la trincea.

Ma così non basta. Per trovare un algoritmo funzionante, bisogna ragionare da veri e propri assaltatori. Per mettere in difficoltà i sergenti in trincea, bisogna terrorizzarli dal punto di vista tattico e atletico. Solamente una lunga manovra di accerchiamento può sfibrare una difesa così ben organizzata; forse, solo le prime della classe potranno vincere senza faticare più di tanto.

Il campionato è solo all’inizio, ma il Venezia ha già dimostrato di avere una forte identità. L’esprit voluto da Inzaghi è diventato la spina dorsale di un progetto affascinante, che punta a riportare i lagunari in pianta stabile nella massima serie italiana. Forse è ancora un po’ presto; forse, il Venezia dovrà farsi le ossa in Serie B per non scottarsi prematuramente in Serie A.

Nel frattempo gli undici in campo si rifugiano nella loro trincea, in attesa di rinforzi. Inzaghi, come un vecchio generale, fa del suo meglio con ciò che ha, e non dimentica l’ambizione.

Perchè, alla fine, è proprio quella che spinge i veri sergenti a non mollare mai.

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