Nel momento in cui qualcuno riesce ad arrivare sul tetto del mondo, si dà per scontato che qualsiasi sia lo sport, quell’atleta è da considerarsi un Campione. Con la C maiuscola, che possa definire al meglio lo status di chi senza nulla chiedere in cambio agli altri, ma solo a sé stesso, ha fatto in modo da poter raccogliere quei frutti che ha fatto maturare tra i suoi rami.
Ma la strada che porta a diventare Campioni è lastricata di insoddisfazioni, di insuccessi, di innumerevoli cadute che portano a trasformarsi, a relegare alcune parti del proprio ego nei più profondi meandri della psiche umana.
La voglia di arrivare
Alessio Foconi non è nato con la C maiuscola. Talentuoso, SI. Ma ciò che l’ha sempre contraddistinto è stata la tenacia con cui ha affrontato la vita, schermistica e non. Nato a Roma, ma ternano da sempre, il portacolori dell’Aeronautica Militare ha costruito la sua personalissima corda da scalata un anno dopo l’altro.
Ha iniziato come tutti i bambini, mettendo come prima cosa al centro del mirino il Campionato Italiano, maturando inizialmente tra le mura di un palazzetto di Rimini, stadio dei sogni di oggi come allora, per chi sognava di laurearsi fiorettista più forte d’Italia.
Ma Alessio non è mai riuscito a mettersi al collo l’oro da bambino, per quello ha dovuto aspettare. E ciò che un bambino trova nell’attesa, è la capacità di capire come affrontare il passaggio dall’infanzia alla pubertà, quel brusco cambiamento che porta la voglia di farcela a crescere immensamente. Verso l’alto. Verso quel punto che si ha intenzione di raggiungere. Ha intrecciato la sua corda pazientemente, dando significato a ogni giro e a ogni nodo, fino a renderla lunga abbastanza per cominciare ad affrontare la montagna.
La scalata verso il mondo
Non importa quanto la montagna sia aspra: se l’obiettivo è raggiungere la cima, allora si riuscirà a farlo. Tra prese di roccia mancate e piedi inseriti nel punto sbagliato, Alessio è scivolato parecchie volte, ma quella fibra che lo tirava su era completamente costruita da quelle sconfitte e quelle delusioni che lo lasciavano sempre un pizzico al di sotto di quello a cui aspirava: un posto tra i grandi.
E coì grande lo è diventato con pazienza, trasformandosi in uomo tra i 18 e i 24 anni, cominciando a vincere i suoi campionati italiani di scherma e puntando lentamente a scavallare quella che era la dogana italiana. Direzione: mondo. E se c’è una cosa che non può che essere vera, è che il mondo è attratto da chi vuole provare a conquistarlo, nonostante le insidie che prova a mettere tra il conquistatore e la meta.
La sfida più grande di Alessio, come sportivo in generale, come atleta di uno sport individuale in particolare, è stata quella con sé stesso. Puntare a quell’ostacolo attaccandolo con il piede giusto, facendolo vacillare e abbattendolo superandolo, cominciando a inanellare medaglie intercontinentali, prima con la nazionale under 20, poi con i due argenti alle Universiadi di Shenzen nel 2011 e di Kazan nel 2013. Ma il trionfo che gli ha definitivamente spalancato la via verso quella continuità che bramava da tempo, è stata nel 2015 la vittoria dei Giochi Europei di Baku.
Da lì in poi, è riuscito a disegnare il suo percorso sulla roccia, con quella corda che lentamente continuava a stringere forte tra le dita e che lo stava portando sino in vetta.
Ancora Campione
Ieri Alessio ha cementato la sua ormai effettiva consacrazione a livello mondiale, vincendo la “gara Regina” del circuito di Coppa del Mondo del fioretto maschile, il CIP (Challenge International de Paris). L’ormai uomo di Terni è arrivato al successo per il secondo anno consecutivo, salendo sulle pedane francesi con il peso leggero del titolo di Campione del Mondo in carica, guadagnato a Wuxi l’estate scorsa.
Con il suo “sherpa” Filippo Romagnoli, Alessio ha portato a termine una gara brillante dove non ha mai vacillato, difendendo con le unghie e con i denti quella sua voglia di raggiungere la cima. Ha piantato nuovamente la bandiera a Parigi, dopo averlo fatto in Cina quest’estate, aspettando di farlo nelle prossime gare di circuito che lo porteranno a giocarsi l’Olimpiade di Tokio.
E chissà che da lì in poi, la strada non sia solo in discesa.