Nel calcio (come nella vita del resto) la miglior difesa è l’attacco. Inutile girarci intorno: puoi avere un buon gioco, difenderti con intensità, ma se non la butti dentro, è difficile che tu raggiunga i tuoi obiettivi. Ecco perché i centravanti, quelli puri e perché no, un po’ vecchia maniera, diventano in certe occasioni pedine imprescindibili.
Da sempre un terreno fertile per questa ricerca è stata l’Africa. Il continente nero ha la fama di aver sfornato goleador rimasti nella storia: da Roger Milla a Samuel Eto’o, passando per il pallone d’oro George Weah, la lista è piena di nomi altisonanti. Se si punta poi la lente d’ingrandimento sulla Costa D’Avorio, è immediata l’associazione con Didier Drogba, personaggio mitologico da queste parti: nel paese ivoriano, dopo di lui, ogni bambino desideroso di voler diventare attaccante è dovuto crescere all’ombra dell’ex- Chelsea. Paragone tutt’altro che semplice da affrontare, in una classica ‘caccia all’erede’ di un campione del passato che può essere dura da sopportare per i giovani, anche dalle speranze più rosee. Per informazioni, cercare sull’elenco telefonico il numero di Leo Messi.
In questa caccia, gli ivoriani sembrano però essere stati fortunati.
L’identikit del nuovo Drogba per molti aspetti coincide con il profilo di Wilfried Bony. Dopo aver tirato i primi calci al pallone nell’accademia di Cyril Domoraud (ex difensore, tra le altre, di Marsiglia, Inter e Monaco), nel 2006, a 18 anni e spiccioli, approda all’Issia Wazi Football Club, squadra militante nella massima serie del suo Paese. Per la cronaca Drogba, in quella stagione, diventava il primo giocatore nella Costa D’Avorio a segnare in un mondiale, giocatore africano dell’anno e capocannoniere in Premier League: mica facile, per Bony, emulare il maestro.
Con la maglia dell’Issia, in 2 stagioni, Bony conquista la Coppa della Costa D’Avorio e il titolo di capocannoniere del campionato nazionale. Dopo 2 ottime annate, a meno di 20 anni, l’Europa lo chiama. Nel calcio più nobile del globo però Bony vi entra dalla finestra: il 1° luglio 2008 ad acquistarlo è lo Sparta Praga.
Il livello del calcio ceco non è proverbialmente tra i più difficili, ma può essere la vetrina giusta per un giovane dall’avvenire potenzialmente luminoso. Bony lo intuisce e si mette bene in evidenza, ottenendo buoni successi in Repubblica Ceca e conseguendo un buono score personale anche in Europa League. La stagione 2010-11 si apre nei migliori dei modi per il centravanti ivoriano: 10 reti in 14 apparizioni ufficiali, bottino che gli fa guadagnare a gennaio 2011 la chiamata del Vitesse, squadra olandese, che se lo aggiudica per 4,1 milioni di euro.
È il salto di qualità per Bony, che inizia a sentire nell’aria l’odore del calcio che conta, ad annusarlo come il più piacevole dei profumi, senza però potersene coprire. L’avventura in Olanda si rivela una buona parentesi, presentandosi con un gol al debutto in maglia giallonera. Nel 2011-12 realizza 18 in 32 partite in Eredivisie.
Ma è l’annata successiva, quella 2012-13, che rappresenta la sua consacrazione: Bony segna 31 gol in 30 partite in campionato, 37 in 35 partite totali in stagione. Una media che non può non far rumore nei piani alti del calcio europeo, di cui l’Eredivisie rappresenta la scala d’accesso.
A 25 anni l’ivoriano è pronto per il primo appuntamento importante della sua vita.
Il partner è lo Swansea, che sborsa 12 milioni di sterline per portarlo a giocare in Galles. Bony si ambienta subito in Premier, dimostrando di poter tranquillamente essere un attore da palcoscenici importanti. Fin da subito rivela di avere un feeling particolare con le squadre di Manchester, causando diverse sofferenze a suon di gol sia allo United sia al City. La freddezza che lo contraddistingue viene mantenuta fedelmente anche a livello internazionale: segna 5 gol in 6 partite di Europa League, diventando il primatista di reti nelle competizioni calcistiche europee nella storia dei Cigni.
Nella stagione 2014-15 ricalca le orme dell’annata precedente e, con ritmi così, le attenzioni dei grandi club cominciano a farsi sentire. La spunta il City, che riesce spesso a fare razzia di talenti all’interno della Premier spendendo cifre folli. Il trasferimento di Bony non fa eccezione: 35 milioni di euro è il prezzo che il patron Mansour ha pagato il 14 gennaio 2015 per ammirare l’ivoriano al City of Manchester. La naturale conseguenza di questi investimenti sconsiderati è aspettarsi tutto e subito dal giocatore: Bony viene gettato nella mischia, pronto ad esaltarsi o ad essere criticato, nella più pazza delle altalene. Anche qui, purtroppo, il povero Wilfried segue il copione: in un anno e mezzo ai Citizens vede poco la porta, finendo col vedere poco anche il campo. E dalla panchina è difficile fare gol, anche se sei cresciuto avendo come idolo uno come Drogba, uno che i gol, soprattutto in Premier, li faceva davvero in qualsiasi modo.
Ora Bony riparte dallo Stoke City, dove giunge in prestito. Dopo essere stato sballottato dalla entusiasmante ma crudele giostra del Manchester City, ripartire da una piazza tranquilla ma ambiziosa può essere la mossa giusta per ritrovare l’intesa col gol, quella che ha sempre mostrato di avere.
Per dimostrarsi l’erede dell’imperituro Didier. Per smentire gli scettici, che non lo reputano in grado di gestire la pressione di una grande squadra. Perché sono tutti “Bony” a criticare, ma di Bony ce n’è uno solo.