“Avrei bisogno di sfogarmi e non so più nemmeno piangere,
com’è difficile aspettare quando arrivi alla mia età”
Dannato Vivere – Negrita
Un applauso lo merita anche da parte nostra, da parte di chi si appassiona del calcio con la stessa facilità con cui Lapadula – non voglio infilare il coltello nella piaga, è che stiamo parlando di Serie B – ha segnato quest’anno su tutti i campi d’Italia.
Non possiamo non alzarci in piedi, un po’ come ha fatto tutto lo stadio granata ieri sera, non possiamo non farlo per rendere onore a chi anche soltanto per un mese ha reso possibile una rincorsa in precedenza quantomeno improbabile.
Fermi tutti, non sto dicendo che il Trapani non sia una società con serietà ed organizzazione alle spalle, tutt’altro, ma se Petkovic e Coronado sono passati da normali a indispensabili un motivo ci dovrà pur essere. Più che un motivo ritengo vi sia un unico, immenso e mai scontato motivatore, un uomo che ha saputo fare della propria concitazione un’arma vincente: Serse Cosmi.
Ci ha provato anche quest’anno, per poco non ci è riuscito, ma tutte le basi portano a pensare positivo: se la concentrazione e la grinta rimarranno quelle viste negli ultimi tre mesi, l’anno prossimo non ce ne sarà davvero per nessuno.
Gli 11 spartiati del comandante Serse sono guerrieri, principalmente i due difensori centrali ed il cuore del centrocampo. Non dimenticherò mai quando, ai tempi di Genova, non si vedeva un terzino che non corresse su ogni pallone fino all’ultimo respiro: prova a dire a Serse che sei stanco o che non ti senti a posto, provaci e vedrai cosa ti aspetta negli spogliatoi.
Come ogni persona grande e grossa, imponente e dal carattere apparentemente prepotente, anche il mister più pretenzioso del mondo ha un lato romantico e non poi così di pietra: le lacrime a fine partita ne sono la prova. Sono forse croce e delizia di una stagione da incorniciare: da una parte si ha già la fotografia da mettere in copertina, appunto il mister in lacrime, dall’altra si sarebbe fatto di tutto per evitare che fosse proprio quello il ricordo destinato a rimanere nella testa di ogni granata fino almeno alla prossima stagione.
Magari per sempre, magari per soli 12 lunghi mesi.
Già, perché con un’intelligente politica di restyling oculato il Trapani potrebbe salire ancora una volta in cattedra, dimostrando con le unghie la propria forza, urlando al mondo intero la voglia di rompere il vetro del “ci abbiamo solo provato” e ritrovarsi finalmente in Serie A.
“Dopo tutto questo tempo non abbiamo mai pensato che potessimo essere qui, notti come questa sembrano fuggire via lentamente: spariscono non appena la realtà ti fa crollare per terra”
Blind – Lifehouse
Il sogno non è stato coronato, peccato, resta quel riso dolceamaro di chi sa di aver compiuto un’impresa enorme ma di averne sfiorata una ancor più grande. Di chi si vede costretto a ricominciare da zero per colpa di una partita sbagliata in un anno di soddisfazioni: già, perché il Trapani è arrivato terzo in campionato, non ha raggiunto il playoff così per caso. Il caso ha però voluto che il Pescara arrivasse a gamba tesa, arrivasse più attrezzato, in forma e fortunato sotto porta oltre che nei colpi da fuori area: se i delfini segnano da ogni posizione non è neanche tutta colpa loro.
Un errore di Nicolas poi non può vanificare una stagione – oltre che una prestazione personale – di strapotenza e su livelli altissimi, non lo farà nemmeno il litigio fra Petkovic ed il mister, così come non lo faranno le espulsioni di Scozzarella e Scognamiglio. Nessuno a Trapani verrà mai a rimproverare qualcosa a qualcuno, nessuno si permetterà mai di criticare chi ha provato ad oltrepassare le colonne d’Ercole restandone inevitabilmente scottato, un po’ come Ulisse nella Divina Commedia di Dante.
Nel calcio non si parla in versi, ma la storia del Trapani ricorda in tutto e per tutto i veri capolavori della letteratura italiana.
In una terra piena di scrittori, ma in una città che non brilla per la storia letteraria, forse ce n’era davvero bisogno: una ventata d’aria fresca in un paesaggio semiserio e spensierato da troppo tempo. Cosmi ha portato serietà in campo, organizzazione in settimana e rispetto negli spogliatoi, carte vincenti che lo hanno portato fino all’ultimo capitolo di un libro quasi perfetto.
Quasi, perché se non fosse stato per il finale sarebbero entrati di diritto fra le opere d’arte più belle d’Italia, ma del resto non tutte le storie finiscono con il sorriso. Alcune finiscono con le lacrime, l’importante è che dopo ci si riesca a rialzare prendendola con un sorriso.
E se non ce la fai tu, Serse, chi dovrebbe farlo?
“Serenità e paura,
coraggio ed avventura
da vivere insieme.”
Che rumore fa la felicità? – Negrita