Siamo nel sud della Francia, a 30 km dall’Italia. L’aria è pulita, il vento rinfresca anche d’estate. Il mare della Costa Azzurra non ha bisogno di presentazioni. Nizza è una città di storia, tradizione e passione. Sempre contesa tra Francia e Italia, ma eternamente indomita, ribelle e calda. Fu fondata circa 2.500 anni fa dagli abitanti della vicina Marsiglia, e da allora è sempre stata oggetto di interesse politico e strategico in tutto il mediterraneo. Dalla sua fondazione sino alla fine del XVII secolo, ha sempre svolto un ruolo importante nelle battaglie italiane fino alla sua annessione al Regno di Francia col Trattato di Torino del 1860 firmato da Napoleone III e Camillo Benso Conte di Cavour. Il suo ruolo da protagonista per una distinta lotta antinazista durante la IIª guerra mondiale è la conferma che, nonostante lo scorrere degli anni, il nizzardo (così noi italiani identifichiamo l’abitante di Nizza, niçois in francese) si è sempre mostrato uomo valoroso e coraggioso. E non è un caso che l’etimologia di Nice (Nizza), sia da ritrovare nell’antico sostantivo greco antico Nìkaia, derivato di «Nike» che, tradotto in italiano, significa vittoria.
Altalenante è anche la storia della Nizza del calcio. La sua unica squadra ufficiale è l’Olympique Gimnaste Club de Nice, nato nel 1904, ma ufficialmente squadra professionistica solo dal 1932, quando esordì prima in coppa di Francia, poi nella Division 1, dove restò solo due anni, prima di retrocedere e passare un triste quindicennio (compresa la pausa durante la guerra mondiale) nella serie cadetta. Ciò che gli avrebbe riservato il futuro prossimo era un decennio magico, la chiamano anche loro età d’oro, quella che va dal 1948 al 1959, il periodo in cui sono stati vinti tutti i trofei della squadra rossonera, le aquile (il loro stemma): quattro scudetti, tre coppe nazionali e due eccellenti percorsi nella neonata Coppa dei Campioni, che li vide bloccati, in entrambi i casi, da quei fenomeni vestiti di bianco provenienti da Madrid che in quegli anni non lasciavano libertà a nessuno. Ma dall’inizio degli anni ’60 il club cadde nel basso ventre della classifica del massimo campionato di calcio francese, senza esaltare quasi mai, se non in una breve parentesi negli anni ’70. Dal 1959 nessun titolo è tornato a Nizza: campionati mediocri, retrocessioni, promozioni e crisi finanziarie, nient’altro da aggiungere.
Ma ricordiamoci dell’etimologia di Nice: la squadra di calcio, lo sport più seguito al mondo, di una città che nel suo nome porta con sé il concetto di vittoria, non può avere un destino anonimo. E il vento sembra che stia iniziando a cambiare le cose in positivo. I tifosi rossoneri possono guardare al futuro con sorriso e ottimismo: una nuova era, magari simile a quella degli anni ’50, sembra poter tornare.
Cosa sta cambiando?
Il primo vero passo importante è stato fatto nel 2011, quando l’O.G.C. Nice è passato nelle mani di Jean-Pierre Rivère, imprenditore francese che con la cifra di 12 milioni di euro si è impossessato del 51% delle azioni della squadra delle aquile rossonere. Dopo un primo anno di transizione concluso al 13º, per la stagione successiva furono effettuati i primi cambiamenti importanti, che fruttarono immediatamente: Claude Puel fu convinto a diventare nuovo allenatore, dopo un passato importante in Francia e al Lione. La squadra era promettente: Ospina in porta, difesa rocciosissima con Kolodziejczak e Genevois laterali, i muri Civelli-Pejcinovic centrali, Digard e Abriel a fare le lavatrici davanti alla difesa, la linea della trequarti talentuosissima composta da Bauthéac, Eysseric e Pied, a supporto dell’argentino Darìo Cvitanich, autore quell’anno di ben 22 reti tra Ligue 1 (19) e coppe nazionali. Il quarto posto finale fu la giusta ricompensa: il Nizza tornava in Europa dopo anni di sofferenze e delusioni, ma era ancora troppo presto per fare il salto di qualità.
L’anno successivo arrivarono il giovane scarto del Monaco Nampalys Mendy a costo zero e Mathieu Bodmer dal PSG. In uscita Civelli. L’Europa League finì prima di cominciare: ai Play-Off l’Apollon Limassol vietò ai nizzardi l’ingresso alle fasi finali.
Nel frattempo il vecchio Stade du Ray fu sostituito con il bellissimo impianto nominato Allianz Riviera, in vista di Euro 2016, che lo vedrà teatro di quattro incontri. Un altro importante passo verso l’innalzamento di prestigio. Ma i risultati tardavano ad arrivare: dopo l’eliminazione in Europa, in campionato il Nizza concluse al 17º posto a soli due punti dal Sochaux retrocesso. Più che un passo indietro.
Ma dal 2014 al 2016 l’O.G.C. Nice ha cambiato marcia, con l’unico progetto vincente possibile con mezzi economici modesti: investire sui giovani, rilanciare vecchie stelle e sfruttare il mix tra talenti da far sbocciare e giocatori d’esperienza per ottenere risultati. Il 2015/16 è stato concluso al quarto posto, valevole per l’ accesso diretto all’Europa League anche grazie alle vittorie del PSG in entrambe le coppe nazionali contro Lille e OM: i protagonisti sono stati i più attesi: Hatem Ben Arfa, dato per disperso dopo le esperienze in Premier League al Newcastle e all’Hull City, acquistato a costo zero, ha ripagato la fiducia datagli dalla piazza nizzarda, rilanciandosi all’età di 29 anni siglando 17 gol in 31 partite, tornando a seminare il panico alle difese avversarie come ai tempi d’oro di Lione e Marsiglia: il PSG se lo è subito preso quest’estate, purtroppo per la società rossonera, a costo zero al termine del suo contratto annuale; Nampalys Mendy è sbocciato ufficialmente: autore di una stagione al top, in estate si è trasferito al Leicester da Claudio Ranieri per 15 milioni di euro (plusvalenza al 100% per un giocatore acquistato a costo zero dal Monaco qualche anno prima).
Nonostante le cessioni dei due pezzi pregiati, a Nizza si continua a pensare in grande: la stagione 2016/17 è iniziata al meglio con due vittorie e un pareggio, e con un mercato geniale: con i soldi incassati dalla cessione di Mendy, e con l’importante ingresso nelle azioni societarie da parte di un consorzio cinese-americano guidato da Chien Lee e Alex Zheng, i nizzardi si sono potuti permettere gli ambiziosi innesti di Dante per circa 2 milioni di euro dal Wolfsburg, Younès Belhanda dallo Schalke in prestito con riscatto fissato a 9 milioni, i giovani promettenti Cyprien dal Lens per 5 milioni, Souquet dal Digione per poco più di un milione, Lusamba dal Nancy per circa 2.5 milioni, per concludere con l’incredibile arrivo (a costo zero) di Mario Balotelli dal Liverpool. Esattamente come è stato per Hatem Ben Arfa, quella di Mario a Nizza può essere l’ultima occasione per rinascere e per ritirar fuori quell’enorme talento ancora non espresso del tutto. In panchina non c’è più Claude Puel, dimessosi a Giugno. Al suo posto, un altro nome importante: quello di Lucien Favre, ex condottiero del Borussia Moenchengladbach, uomo adatto per questo tipo di progetto. Ecco, quindi, la coerenza del piano lanciato qualche anno fa: investire sui giovani, affiancandoli con gente di spicco come Dante, Belhanda e Balotelli, tutti nomi che qualche mese prima sarebbe stato impossibile accostare a Nizza. Detto, fatto.
Con un mercato intelligente, mirato ed efficiente, con delle idee chiarissime, e soprattutto con quelli che sulla carta possono essere gli uomini giusti (in campo, in panchina e in società), l’O.G.C. Nice si appresta a fare un altro salto di qualità, forse il definitivo. E glielo auguriamo sinceramente, perché in un calcio dove sembra che l’unica cosa che possa valere per diventare grandi siano i miliardi o il petrolio, il Nizza sta dimostrando al mondo del pallone che i progetti vincenti possono essere anche altri, più onesti e sicuramente più soddisfacenti.
Domenica all’Allianz Riviera arriverà l’Olympique Marsiglia, e per i big nuovi arrivati potrebbe essere il giorno del debutto, per poter apportare la propria esperienza e il proprio aiuto al fine di riuscire, finalmente, a spiccare il volo, proprio come fanno le aquile.
Ricordiamolo: Nice, in fondo, significa vittoria.