Conosciamo tutti la storia della pecora nera, quella che si vuole distinguere dal branco, che si sente diversa. La pecora nera è la voglia di emanciparsi, anche a costo di tradire le proprie origini: proprio per questo ha sempre un’accezione negativa, non è vista di buon occhio dalle indistinte pecore bianche a cui apparteneva.
Ieri sera, nella prima giornata di Champions, si è consumata una delle più classiche vendette calcistiche, quegli episodi che confermano l’esistenza di un dio del calcio estremamente sarcastico e pieno di senso dell’umorismo. Un dio burattinaio, che si diverte a maneggiare le pecore nere a proprio piacimento.
Ieri sera però non si parlava di pecore ma di aquile; quelle dorate del Benfica sono state riacciuffate da quelle nere, tremende, nemiche di Beşiktaş. A dir la verità è stata un’aquila più nera delle altre a farsi vendetta da sola: Anderson Souza Conceição, in arte Talisca, ha inflitto un colpo d’artigli last minute alla sua ex squadra, sigillando l’1-1 finale. E i giornali portoghesi non l’hanno presa benissimo: traição, tradimento.
Talisca, talento 22enne cresciuto nel Bahia, era stato acquistato dal Benfica per 4mln di euro. Alle sue prime esperienze con le Águias Talisca si era fatto notare subito per la capacità di ricoprire il campo in zona offensiva: il brasiliano è un giocatore che può alternare tranquillamente posizione, passando da trequartista a regista arretrato. L’estrema duttilità è frutto del suo gran sinistro, una macchina sforna assist e gol – e, a dirla tutta, ottimo produttore di punizioni al veleno -.
Talisca è sempre stato un giovane da tenere sott’occhio, da non lasciarsi scappare, da rivendere al miglior acquirente dopo la prima stagione da fenomeno, in pieno stile Benfica. Il brasiliano però ha tardato troppo la sua consacrazione, ha passato due stagioni al limite tra l’esplosione e il letargo, un limbo che non è piaciuto ai dirigenti lusitani che lo hanno messo sul mercato quest’estate.
Talisca, ben contento di iniziare una nuova avventura viste le poche possibilità in Portogallo, avrebbe accettato di buon grado qualsiasi destinazione, figuriamoci il Beşiktaş: la squadra turca, oltre che dargli più chances, prende il soprannome di Kara Kartallar, aquile nere, che ben si oppongo alle aquile dorate del Benfica. Talisca già assaporava desiderio di vendetta solo sentendo pronunciare la parola Beşiktaş.
Al resto ci ha pensato il dio simpatico di cui parlavamo prima.
Prima si è impadronito dei bossoli delle urne di Champions ed ha tirato fuori l’accoppiamento sperato dal brasiliano: Benfica e Beşiktaş nello stesso girone, il B.
Successivamente ha fatto scontrare le due squadre nella prima giornata al da Luz, quello che è stato il suo stadio.
Infine, il dio simpatico ma beffardo, ha fatto andare in svantaggio i turchi costringendo l’allenatore ad inserire Talisca, giocatore offensivo indispensabile per poter rimontare. Non contento, come se tutto fosse stato scritto tempo addietro, il dio si è trasfigurato nell’arbitro ed ha assegnato la punizione della disperazione, al ’94. E chi è andato sulla palla? Talisca, ovviamente.
Prima della battuta la sensazione è stata che doveva accadere qualcosa, che quell’occasione doveva essere per forza un segno del destino. La sensazione, poi, si è rivelata realtà.
Talisca si è preso la classica rivincita dell’ex, tipica dei giocatori che si vendicano nei confronti di chi non ha creduto in loro.
Il brasiliano si era sbilanciato appena arrivato a Istanbul, aveva dichiarato di essere felice e di desiderare il riscatto da parte del suo nuovo club. Talisca non aveva preso affatto bene il rifiuto del suo amato Benfica e il destino gli ha dato la possibilità di restituire la pugnalata che aveva subito.
Talisca ci ha messo mezz’ora per veder avverato il suo desiderio. Talisca ha esultato, tanto, ma nelle interviste post-partita ha fatto trasparire un pizzico di nostalgia, quasi si sentisse in colpa per ciò che aveva fatto.
Forse Talisca vuole tornare presto dalla parte delle Águias dorate e per farlo sa che deve dimostrare il meglio da aquila nera.
Sperando che, il giorno in cui tornerà, i tifosi gli perdonino il tradimento, la vendetta.