Ma sono Takashi Inui!

Immaginiamo il Giappone come un universo lontano anni luce dal nostro, sotto molti punti di vista: da quello culturale a quello sociale, da quello gastronomico a quello sportivo. Analizzando l’ultimo punto, tuttavia, è possibile accorgersi che nello stato nipponico non si praticano solo judo e karate; anche il gioco del calcio ha piano piano assunto un ruolo importante nella mentalità giapponese, dimostrato dal fatto che molti calciatori provenienti dal Paese del Sol Levante abbiano trovato la propria America sui campi da calcio del vecchio continente.

Per questo ora troviamo un piccolo uomo, proveniente dal Giappone, con un borsone da calcio e un biglietto aereo per la Spagna, visibilmente spaesato. La sua destinazione? Estadio Municipal de Ipurua, Eibar. Che ci fa un giapponese originario della regione del Kansei nell’Euskal Herria?

Non è un giapponese qualunque: si chiama Takashi Inui, e milita nella Sociedad Deportiva Eibar; è venuto in Spagna per dimostrare che in Giappone non sono bravi solo a cucinare sushi e programmare videogiochi, ma sono capaci anche di incantare gli spalti con un pallone tra i piedi. Facciamo le dovute presentazioni.

Takashi, adesso però posa quello smartphone. 

 Ma quello è Charmender?

La carriera calcistica di Inui inizia dove sono iniziate le avventure della maggior parte di noi, quando da piccoli passavamo intere giornate a giocare a Pokémon – Rosso Fuoco ovviamente –  su un GameBoy Advance sp: Inui muove i primi passi sui campi in erba (bassa) di Kanto, la stessa regione dove si svolge la storia del videogioco più popolare di tutti. Entrato nei grandi del pallone con la maglia degli Yokohama Marinos, prosegue la sua crescita professionistica in patria con il Cerezo Osaka, dove incontra altri due talenti nipponici come Shinji Kagawa e Hiroshi Kiyotake, amici e avversari nei successivi anni in Bundesliga.

È proprio in Germania che i tre giocatori giapponesi danno il meglio di sé: mentre Shinji e Hiroshi passano direttamente in Bundes 1 con le maglie rispettivamente di Borussia Dortmund e Norimberga, Takashi passa dal Bochum, in seconda divisione tedesca, fino al Eintracht Frankfurt, promosso l’anno prima in 1. Fußball-Bundesliga. Con le aquile rosse di Francoforte Inui compie il definitivo exploit, con 7 gol e numerosi assist nei tre anni tedeschi.

Mentre per l’ex compagno di squadra il futuro si tinge del rosso acceso del Manchester United, Inui attira su di sé le attenzioni di una squadra assai meno blasonata e conosciuta, che ha appena centrato per la prima volta nella sua storia la promozione in Primera Division, in Spagna: l’Eibar di José Mendilibar, ripescato nella massima serie dopo il fallimento dell’Elche, che lo tessera nel 2015.

 Nemici-amici

Ma cosa ha convinto la società basca ad investire 3 milioni di euro – non pochi per le casse degli Armeros – su Takashi Inui? Sarà per la sua propensione all’attacco, cosa che gli conferisce di poter ricoprire più ruoli, dall’esterno di attacco all’ala sinistra – ma anche destra all’occorrenza – al ruolo sempre più nostalgico di trequartista – fantasista dietro le punte; sarà per l’elevata capacità di dribblare l’avversario, con quel fisico tutt’altro che statuario – 66 kg per 170 cm – ma agile e sfuggente; sarà che in fase di non possesso palla dedica anima e corpo al pressing offensivo, mentre quando il pallone ce l’ha lui si trasforma in una fabbrica di assist per i compagni; oppure, semplicemente, sarà per il primo gol siglato con la maglia rosso blu dell’Eibar, contro l’Espanyol, con cui ha ringraziato chi ha puntato su di lui.

Inui è giunto con un inchino rispettoso nel calcio che conta, quello composto ancora di passione, talento e voglia di vincere, partendo da un paese che sta aprendo la propria mente ad una visione più ambiziosa di questo sport, sognando un giorno di poter competere qualitativamente ed emozionalmente. Influenza cinese? Molto probabilmente si.

Ripercorrendo i passi di chi, prima di lui, ha colto al volo l’occasione di una carriera calcistica al di là dell’Oceano Pacifico, Takashi può rappresentare l’ennesimo tassello di un ponte di collegamento fra due realtà sportive e culturali così diverse; non il primo, non l’ultimo, ma l’ennesimo. I più “anziani ricorderanno Kazuyoshi Miura, il primo calciatore giapponese atterrato in Serie A, con la maglia del Genoa, rimasto nei cuori rosso-blu per la rete segnata in un derby, ed ancora attivo in patria; più recente l’esperienza al Catania di Takayuki Morimoto, 14 gol con la maglia dei rosso-azzurri; senza tralasciare Hidetoshi Nakata, con un passato glorioso nella Roma del 2001, anno dell’ultimo scudetto giallo-rosso.

Prendendo qualcosa da ognuno dei citati e aggiungendo un cucchiaio di fiducia, ecco che possiamo ottenere un profilo completo di Takashi Inui: veloce, prolifico in zona gol, detentore di un’ottima visione di gioco e ambizioso al punto giusto. Tutte doti di cui sta beneficiando al meglio l’Eibar di Mendilibar – 9° posto al giro di boa – i cui tifosi ogni domenica pomeriggio rimangono deliziati di fronte al giapponese che disegna traiettorie in mezzo al prato verde dell’Ipurua. Per cui faranno meglio a tenerselo stretto.

E se mai volesse cambiare casacca, basterà chiedere a San Gennaro di essere assunto. Oppure a San Sebastiàn?

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