Le quattro giornate dell’Arechi

Quest’anno a Salerno e allo stadio Arechi sembra esser tornata febbre di calcio.

La squadra è a 4 a punti dalla vetta in una classifica di Serie B cortissima. La società è di proprietà del duo Mezzaroma-Lotito, il che ne ha fatto della Salernitana una sorta di squadra satellite della Lazio, in cui i giocatori della Primavera biancoceleste sono passati da Salerno per fare esperienza nel calcio professionistico. Nei sei anni di gestione oltre venti giocatori della Lazio hanno vestito la maglia granata, tra i degni di nota: Strakosha, Minala, Luiz Felipe, Tounkara e il nuovo talento, passato da Formello sotto la benedizione di Simone Inzaghi, Alessandro Rossi.

All’Arechi ci suona anche Ligabue e i ragazzi di Bollini sono imbattuti, lo stadio torna a far registrare numeri all’altezza della piazza e spinge società e squadra per portare l’ippocampo granata alla terza apparizione in Serie A. Quattro pareggi e due vittorie interne per una squadra afflitta da pareggite rappresentano una media punti incoraggiante, in una classifica di Serie B che vede undici squadre racchiuse in soli sei punti. Un campionato avulso da qualsiasi pronostico, elettrizzante, praticamente da psicanalisi.

Qui Arechi

Dal 1990 lo stadio Arechi viene definito il “Principe degli Stadi”, un po’ per la sua efficienza architettonica ai tempi all’avanguardia, un po’ per le sue radici di stampo ducale. Quando il duca Longobardo Arechi II si stabilì a Salerno, mai avrebbe potuto immaginare che la sua dimora potesse dare il nome alla casa calcistica della città. Questo perchè correva l’anno 774 D.C. e la cosa più simile al calcio come lo conosciamo oggi era praticato dai cosiddetti “calcianti” del calcio storico fiorentino. Senza contare il fatto che Arechi II fosse anche il duca di Benevento, difficile adesso da spiegare, dopo anni di colorita rivalità nelle serie minori del nostro calcio.

Ci sono contesti in cui la simbologia supera l’immaginario collettivo e il rapporto tra Salerno e il calcio sembra viaggiare su questo preciso, quanto astratto, filo conduttore. Il castello di Arechi è una fortezza medievale sorta sulle cime del monte Bonadies, divenuta un fortino inespugnabile durante la civiltà longobarda e impressa nella memoria cittadina come luogo storicamente e culturalmente rappresentativo. Da qui si può ammirare il golfo di Salerno e godere di un panorama mediterraneo che sovrasta l’intera città. Proprio come lo stadio Arechi, con vista dalla Curva Sud, in cui si può godere della passione calcistica di una piazza del Sud Italia che meriterebbe un palcoscenico più prestigioso. Palcoscenico, come quello della Serie A, che la Salernitata ha calcato per la seconda volta nella sua storia in una memorabile stagione ’98/’99.

Castello Arechi a Salerno | numerosette.eu
Vedi Salerno e poi muori.

Bonadies cavalluccio

Dicevamo del monte Bonadies, dal latino “buongiorno”, il punto più alto della città, dove l’alba è al suo massimo bagliore. Per ogni tifoso salernitano, il decennio degli anni novanta ha rappresentato l’apice calcistico. Cominciato con l’inaugurazione del nuovo Arechi, in un periodo architettonicamente florido per gli stadi italiani, in occasione del Mondiale (parola che ricorda un dolore ancora troppo “vivo”) giocato in casa nel 1990. Culminato con una promozione storica nel 1998: per la prima volta a Salerno, il cavalluccio granata affronta Juventus, Milan, Inter, Roma e tutte le grandi del calcio italiano. Tutte tranne una, il Napoli, che ironia della sorte è retrocesso proprio in quella stagione in Serie B, con una società in pieno declino sportivo. La Salernitana si è così ritrovata ad essere l’unica compagine campana a rappresentare la massima serie, lo farà soltanto per un anno, ma regalando ai propri tifosi alcune partite indimenticabili allo stadio Arechi.

Salernitana-Lazio 1-0

1 novembre 1998

I trentamila dell’Arechi devono aspettare il giorno dei Santi per ottenere il primo successo in Campionato e abbandonare l’ultimo posto in classifica. Mai attesa fu più lieve se di fronte hai un’avversaria di primissimo livello come la Lazio di Sven Goran Eriksson, quella squadra formidabile dell’era Cragnotti che soltanto un anno dopo vinse il tricolore a ventisei anni di distanza dal primo trionfo. Sulla panchina della Salernitana, affacciatosi da poco al grande calcio, c’è Delio Rossi in uno dei flashback della sua carriera prima di approdare egli stesso dalle parti di Formello.

I granata, nonostante un cammino deficitario sono espressione del calcio offensivo pensato dal suo allenatore e il tridente Giampaolo-Belmonte-Di Vaio finalmente dà i frutti sperati con un secondo tempo straripante. Di quel tridente spicca sicuramente l’ultimo nome: classe ’76, giovanili della Lazio, 142 gol in Serie A, di nome si chiama Marco ed avrà un discreto futuro dinnanzi a sé. La partita termina 1-0 e segnerà Giacomo Tedesco, una vita in provincia galleggiando fra A e B. Per un po’ di giorni il suo nome verrà decantato in ogni bar o piazza di Salerno.

Di Vaio, bomber passato per l'Arechi | numerosette.eu
Overdose di Serie A anni ’90 in un solo scatto.

Salernitana-Roma 2-1

24 gennaio 1999

La Salernitana chiude il girone d’andata all’ultimo posto con sedici punti raccolti ma è ancora tutto in gioco per la permanenza in A. La vittoria contro la Lazio di novembre sembra però un episodio isolato innescato da dinamiche del tutto casuali. Il caso vuole che, l’altra squadra di Roma, allenata da Zdenek Zeman e priva di Francesco Totti, esca dall’Arechi con una clamorosa sconfitta.

Federico Giampaolo – fratello dell’attuale allenatore blucerchiato – scatta sul filo del fuorigioco e viene atterrato da Konsel in area di rigore su un pallone delizioso di Marco Rossi, che qualche anno dopo diverrà uno degli idoli del Grifone rossoblù. Micheal Konsel, invece, era un portiere austriaco che a Roma evoca brutti ricordi, alla pari di Goicochea dell’ultima Roma di Zeman, il quale con i portieri ha sempre avuto un rapporto controverso legato al suo credo calcistico.

Mentre divago in perfetto stile nostalgico Antonino Bernardini segna su calcio di rigore l’1-0. Giampaolo vivrà la sua giornata di gloria siglando il raddoppio inciampando sul pallone nel più classico dei “gollonzi”. Segnerà Di Biagio per la Roma, ma non basterà. All’Arechi nasce una sensazione nuova, mai provata fino ad ora, la percezione estasiante che questa squadra possegga l’istinto del giant killer.

Salernitana-Inter 2-0

11 aprile 1999

Primavera inoltrata e situazione di classifica quasi disperata: la Salernitana esonera Delio Rossi dopo 25 giornate e chiama Francesco Oddo, il cui figlio sarà uno dei 23 protagonisti della cavalcata Mondiale del 2006 in Germania. I tifosi del cavalluccio ricorderanno con poco affetto le prestazioni di Emilio Belmonte, attaccante rivelatosi tecnicamente inadeguato alla Serie A, che ebbe modo di sprecare tutte le chance a disposizione in quella sua unica apparizione nel massimo Campionato. Durata appena sei mesi prima della sua cessione a Treviso. A togliergli il posto è David Di Michele, che invece in Serie A ha fatto la sua dignitosa figura in squadre di seconda fascia. Nelle cartucce una doppia cifra facile.

L’Arechi freme e spera nel miracolo contro l’Inter dei vari Ronaldo, Djorkaeff e Zamorano. Dopo otto minuti Giacomo Tedesco inventa un passaggio fra le linee che manda in porta Di Michele: 1-0 sotto un boato di gioia mista a stupore generale. Quel pomeriggio, di ritorno dall’apprendistato con i Rangers Glasgow, un giovane Gennaro Gattuso si incollò ai piedi di Ronaldo assieme a Salvatore Fresi in doppia marcatura. Fu un pomeriggio fastidioso per il fenomeno. La Salernitana riuscirà anche a raddoppiare con Federico Giampaolo: palla sotto le gambe di Pagliuca e fischio finale dell’arbitro, Zamorano espulso. L’Arechi una bolgia infernale, si può ancora sperare nella salvezza.

Gattuso, in procinto di passare al Milan, descriverà in poche righe qualche anno più tardi il calore dei tifosi salernitani.

Ringrazio questa piazza che mi ha lanciato nel calcio italiano, ma l’affetto dimostratomi forse è eccessivo.

Salernitana-Juventus 1-0

2 maggio 1999

La Salernitana arriva alla quart’ultima di Campionato con concrete speranze di salvezza. Di fronte c’è la Juventus di Carlo Ancelotti in una stagione travagliata e piuttosto anonima a livello sportivo, ma in lotta per agguantare il quarto posto utile per la qualificazione in Champions League. L’Arechi è gremito ed è rovente, c’è la sensazione che questa squadra possa realmente farsi un altro giro di giostra in Serie A. Nel primo tempo una bordata di Zidane si stampa sulla traversa e ammutolisce i salernitani per qualche secondo, i quali si ricorderannno di quel momento per molto tempo ancora. Non tanto per lo spavento, ma perchè una traversa di Zidane all’Arechi vale il prezzo del biglietto di quella data storica.

Gattuso contro Davids è già nel nostro archivio nostalgia, così come il dribbling ubriacante di David Di Michele su Mark Iuliano che consente a Marco Di Vaio di segnare il suo dodicesimo gol stagionale. Dopo trent’otto minuti la Salernitana è in vantaggio. Ci resterà per tutto il match, raggiungendo il quart’ultimo posto occupato dal Piacenza.

Salernitana batte Juve all'Arechi | numerosette.eu

Dopo Lazio, Roma, Inter, anche la Juventus. In quello che fu un percorso folle e adrenalinico, ma che non è bastato al cavalluccio per salvarsi. Il pareggio all’ultima giornata nello scontro diretto contro il Piacenza assunse contorni tragici, con la morte di quattro tifosi salernitani, a seguito di un rogo sul treno speciale che dall’Emilia sarebbe dovuto arrivare fino alla provincia campana. In attesa di quei fasti, ai tifosi granata vengono consegnati i ricordi di un’annata surreale in cui l’Arechi sembrava un fortino inespugnabile.

Come quel castello, che dall’alto si erge fiero su Salerno.

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