Premessa.
L’edizione 2004/05 della Serie A fu senza dubbio storica.
Dopo 52 anni, si tornò al campionato a 20 squadre, situazione scaturita dall’effetto domino generato dal cosiddetto caso Catania, e la novità inizialmente parve pure essere ottima, visto che quel torneo si concluse all’insegna di un incredibile equilibrio nella medio-bassa classifica, con solo 3 punti a separare la Roma, ottava, dal Parma, diciottesimo e prima formazione retrocessa.
A livello simbolico, si assisté, sul campo, alla posa della pietra tombale su quel periodo – scintillante e farlocco allo stesso tempo – conosciuto come “Epoca delle Sette Sorelle“.
Benché l’epilogo su quella stagione lo sancirono più che altro i tribunali e che già dal fallimento della Fiorentina di Cecchi Gori nel 2002 e dai processi degli anni seguenti a Tanzi e Cragnotti si era capito di essere arrivati ai titoli di coda, mancava un risultato sul campo che lo dimostrasse. E no, la retrocessione del 2002 della derelitta Viola dell’ex signore del cinema italiano non poteva bastare.
La sentenza arrivò proprio al termine della stagione di cui vi stiamo parlando.
Sì, perché da quando l’UEFA, nel 96/97, aveva deciso di non riservare l’accesso alla Champions League solo alle campioni nazionali, in Italia nessuna formazione, al di fuori delle 7 big, era ancora riuscita a qualificarsi alla Coppa dalle grandi orecchie.
A riuscire nell’impresa fu l’Udinese, guidata da un giovane – e ancora lontano dalle luci della ribalta – Luciano Spalletti.
Inizio turbolento
Un’esplosione della squadra friulana, a onor del vero, non era del tutto inaspettata.
I bianconeri, sotto la guida dell’allenatore di Certaldo, arrivavano da due piazzamenti UEFA consecutivi ed erano considerati in grande crescita, rigenerati dopo un un breve periodo di difficoltà, successivo al tramonto del ciclo iniziato da Zaccheroni e concluso con la fine della prima esperienza in Friuli di Francesco Guidolin.
Si presentavano dunque ai nastri di partenza della serie A 2004/05 come una buona formazione, strutturata attorno ad una difesa a 3 solida – stabilmente tra le prime 4 del campionato – un centrocampo talentuoso e un attacco ben più che discreto.
Il mercato non aveva portato a grossi stravolgimenti, con un’unica cessione dolorosa, quella di Martin Jørgensen passato alla Fiorentina, a fronte di diversi acquisti importanti.
Cribari e Belleri andavano infatti a rinforzare il reparto difensivo, mentre davanti erano arrivati un giovane Stefano Mauri dal Modena, David Di Michele, di ritorno dal prestito alla Reggina, e Totò Di Natale dall’Empoli, fin lì seconda punta di medio livello, con 26 anni e appena 18 gol in serie A.
Oltre a loro, la solita sfilza di giovani più o meno conosciuti in pieno stile Pozzo, tra cui un giovanissimo Samir Handanovič.
Poste questi antefatti, come nelle migliori storie, l’inizio di stagione dell’Udinese è abbastanza faticoso.
Spalletti fatica a trovare il sistema ideale e il gioco latita, tant’è che dopo 7 giornate la squadra naviga vicino alla zona retrocessione, sui giornali si parla già di un nuovo allenatore e la Coppa UEFA è già finita, con l’uscita al primo turno contro il modesto Panionios. Debacle maturata con una sconfitta per 3-1 in Grecia, in cui emergono tutti i problemi dei friulani, soprattutto in difesa, come evidenziato da questo video, in cui si nota chiaramente la difficoltà in marcatura sui calci da fermo. Anche se la parte più bella restano i commenti di gente esaltata per il gol anni e anni dopo.
Al di là della figuraccia, vedremo poi come anche questa gara risulterà utile, facendo capire, dopo alcuni esperimenti mal riusciti, a Spalletti che non si poteva fare a meno della difesa a 3, che infatti da lì in poi verrà usata per tutta la stagione; anche se i risultati non arriveranno subito, e i gol subiti fioccheranno pure nei successivi incontri con Juventus, Inter e Fiorentina.
Una leggerezza che verrà risolta, ma che nel frattempo era già entrata nella storia dalla porta sbagliata, infelice sparring partner di un leggendario gol dell’Imperatore Adriano nella sconfitta contro i nerazzurri a San Siro.
Il sole dopo la tempesta e il temporale
Ci prendiamo una sorta di licenza poetica per raccontare la seconda parte del girone d’andata di quell’Udinese. Un’allegoria che, ne siamo sicuri, farebbe felice anche Spalletti, riportandogli alla mente dolci ricordi.
Dal mare in tempesta infatti il buon Luciano trascina fuori i suoi, inanellando una serie di 8 vittorie in 9 partite, tra cui un clamoroso 0-3 all’Olimpico contro la Roma.
È una sfida che certifica le ambizioni di questa Udinese, che passeggia su una squadra che pochi mesi prima era arrivata seconda. E sì, i giallorossi erano prossimi all’implosione, ma la prestazione dei friulani non va denigrata.
Anche perché, da lì in poi, quelle che, dopo il cambio di modulo, erano ipotesi, diventano delle certezze. Come la difesa formata da De Sanctis in porta dietro a Krøldrup, Bertotto e Sensini, un perfetto mix tra esperienza, leadership e fisicità, che peccava forse solo in velocità, in un epoca in cui però non era ancora fondamentale per i difensori centrali. O come anche l’attacco, dove Iaquinta e Di Michele formavano una coppia davvero valida, che nella partita di cui sopra fece impazzire i difensori giallorossi.
Il tutto era poi magistralmente guidato da chi dettava i tempi, David Pizarro, esploso dopo qualche anno complicato.
Tornando alla narrazione degli eventi, questa serie di risultati permette ai bianconeri di arrivare, all’ultima giornata prima delle vacanze di Natale, ad un terzo posto in solitaria con 31 punti, a +7 su Palermo, Inter e Sampdoria, che viaggiano appaiate a 24.
In quel momento, Bertotto e compagni sono più vicini al Milan secondo che al quarto posto, sui quotidiani si inizia a parlare del Sogno Udinese e si fanno speciali sul Friuli calcistico.
L’atmosfera di festa non è decisamente l’ideale per una formazione non abituata a certi livelli e che infatti ne risente prontamente.
Al rientro dalla sosta, prima della sfida con la Samp che potrebbe dare un vantaggio siderale all’Udinese sulle inseguitrici, il clima è di un’esaltazione tale che i giornalisti chiedono a Pizarro se andrà al Real Madrid e lui dichiara tranquillamente di star cercando un top club italiano per giugno.
Non la situazione migliore insomma per preparare una partita delicata, che infatti la Sampdoria vincerà grazie ad un gran gol di Flachi e ad un’autorete di De Sanctis.
Ne nasce un periodo negativo con 4 sconfitte in 5 gare, che porta i friulani ad essere superati dall’Inter e ad essere ripresi dalle altre contendenti per la Champions League.
Poche settimane più tardi, dopo un pareggio interno proprio contro l’Inter, i friulani escono dalla zona Champions per la prima volta da novembre.
Sembra la fine, e non solo perché con l’Inter ha trovato il gol un ventenne svedese di origini eritree che ha fatto gol nella prima – e unica – presenza in Serie A nella sua vita.
8 minuti giocati, un gol. È la media più alta di sempre.
Il cuore dell’Udinese
Sembra appunto, perché non andrà così.
Spalletti recupera i suoi e li ridisegna in un 3-4-3, aggiungendo Di Natale alla coppia Di Michele-Iaquinta e spostando Pinzi sull’esterno destro – bilanciato dall’altra parte da Jankulovski – lasciando il centro del campo al talento di Pizarro e ai muscoli e all’intensità di un giovane Sulley Muntari.
Il nuovo assetto paga e, dopo un periodo di leggera flessione, l’Udinese si riprende e si riavvicina al quarto posto, detenuto dalla Sampdoria, che però riesce ad agganciare grazie ad un colpo di testa di Iaquinta all’olimpico contro la Lazio alla quartultima giornata.
Come nel migliore dei finali possibili, la sfida tra Udinese e Sampdoria della terzultima di campionato sembra lo scenario perfetto per identificare la vincitrice di un duello avvincente.
Tuttavia, è bene ricordarsi che nella maggior parte delle storie in cui è protagonista Spalletti, la trama non può che essere contorta, basti vedere il finale dell’ultima Serie A.
Infatti lo spareggio finisce 1-1 e le due compagini proseguono appaiate. Finisse così, in Champions andrebbero i liguri.
Il sorpasso avviene però 7 giorni più tardi, perché i blucerchiati perdono in casa contro l’Inter e l’Udinese riesce a rosicchiare un punticino a Cagliari.
Il finale tuttavia appare ancora a favore dei genovesi, dato che l’ultima giornata prevede Bologna-Sampdoria e, soprattutto, Udinese-Milan.
Domenica 22 maggio 2005 alle ore 17 sono tutti concordi: alla Samp basta non perdere a Bologna.
La questione però si infittisce, perché, prima dell’ultima giornata, i rossoneri vivono lo psicodramma di Istanbul e, al di là dei moti d’orgoglio, dire che arrivano a Udine spompati è poco.
Infatti un gol Di Michele permette ai padroni di casa di strappare un punto ai vice campioni d’Europa, mentre a Bologna, in un dramma collettivo tra liguri ed emiliani, non si va oltre lo 0-0.
Finisce così dunque, con Udine in festa e Genova e Bologna a piangere, l’una per la Champions sfumata, l’altra per il dover disputare un play-out contro il Parma che verrà perso.
Raggiunto l’obiettivo, Spalletti inizierà la sua epopea romana.
Epilogo
Come tutti saprete, l’Udinese riuscirà a passare i preliminari di Champions, vincendo anche la prima storica sfida nella fase finale del torneo contro il Panathinaikos.
Un 4-1 leggendario che però entrerà nella storia soprattutto per via di questa assurda ed esilarante performance.