I campionati mondiali di calcio sono inevitabilmente un contenitore di storie che mischiano differenti aspetti della società, racchiusi in un mese di passione e di adrenalina collettiva. Quando a parteciparvi è una nazione come l’Iran, queste storie incrociano sovrastrutture politiche. Un incontro inevitabile, quando uno dei paesi più intolleranti al mondo nei confronti della globalizzazione, ne viene a contatto, allo scontro culturale, in uno degli eventi più globali del pianeta.
La nazionale iraniana del 2006, non verrà ricordata a livello calcistico come una squadra memorabile, non sarà neanche oggetto di citazioni canore come lo è stata la nostra in quell’edizione, ma ha partecipato a quel Mondiale nel mezzo di un caso diplomatico creatosi con la Germania. L’Iran, nonchè il vecchio regno di Persia, è una Repubblica islamica con un governo esecutivo, il quale deve rispondere agli ordini supremi del Rahbar, una guida religiosa non eleggibile che giudica l’operato del governo in base al rispetto dei principi del Corano. Il che, una volta varcati i confini europei a diretto contatto con la civiltà occidentale, genera più di qualche problema politico e di controllo sociale, che la nazione iraniana adopera abitualmente nei confronti del suo popolo da secoli.
Offside
L’Iran fa la sua ricomparsa ai Mondiali nel 2006 dopo la migliore apparizione del ’98. Edizione dove i persiani si ritrovarono nel girone gli Stati Uniti, in una delle contrapposizioni politiche più significative mai manifestate in un campo di calcio. L’Iran vinse quella partita, per la gioia incontenibile di un popolo. Incontenibile anche per l’Ayatollah Khomeini, la figura religiosa che ha il potere governativo del paese, che fu costretto a placare gli animi bollenti e particolarmente trasgressivi secondo quelle che sono le rigide regole islamiche. Colui che nel ’79 fu a capo della rivoluzione islamica che coinvolse il paese, convertendo l’Iran da uno degli stati più aperti del Medio Oriente ad uno dei più conservatori al mondo.
Lo stesso riaccadde nell’anno precedente la Coppa del Mondo in Germania, dove l’Iran è la prima squadra delle 32 ad ottenere il pass per il Mondiale. Disordini sociali e repressione della polizia nazionale accompagnano il Tim Mellì, il soprannome ufficiale della selezione, verso la terza partecipazione della storia. Ad essere grandi protagoniste di questa presa di coscienza civile sono le donne, che in Iran non possono partecipare ad eventi sportivi. Proprio nel 2005 viene girato il film Offside di Jafar Pasahi, che fa grande scalpore in patria e per il quale verrà condannato dal governo iraniano. La pellicola racconta di sei donne che per assistere alla partita tra Iran e Bahrein, valida per le qualificazioni al Mondiale, si travestono da uomo.
Un film simbolo di un movimento civile, quello delle donne iraniane, che causerà non poco fastidio all’Hezbolllah, il così chiamato Partito di Dio che regna autoritario nei territori persiani. La potenza mediatica di questa pellicola ottiene un risultato insperato: Ahmadinejad apre alle donne nelle manifestazioni sportive, ancora da definirne modalità e frequenza, ma è un fatto epocale dopo quasi 30 anni di assoluto divieto. L’Iran si presenta dunque in Germania, con più di qualche ostacolo interno, con una fetta di nazione in viaggio verso l’Occidente, libera di esprimersi e di esprimere la sua voglia di calcio, indipendentemente dal sesso e da fattori culturali insormontabili in patria.
Presenza scomoda
Il governo farebbe bene ad attivare i suoi canali diplomatici con l’Iran e comunicare che la presenza di Ahmadinejad in Germania durante la Coppa del Mondo è indesiderata.
Le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel accolgono così la nazionale iraniana ai Mondiali. Nel 2006 l’Iran è in pieno conflitto bellico con Israele sui territori del Libano. L’allora presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad dichiarò di voler seguire la squadra da vicino durante la competizione. La sua presenza è sgradita dal governo tedesco, verso il quale vi è in atto un caso diplomatico piuttosto acceso in virtù degli avvenimenti bellici in svolgimento. Ahmadinejad ha espresso in passato il suo disappunto verso Israele e il suo diritto a esistere come Stato Nazione. Il clima si fa ancora più pesante quando si esprimerà nei confronti dell’Olocausto, definendolo mito, negando di fatto la tragedia. Una presa di posizione che in Germania è considerata reato, pena 5 anni di carcere. Le parole di Ahmadinejad fomenteranno l’odio alcuni gruppi neo-nazisti tedeschi, generando un’atmosfera ad alta tensione attorno alla presenza dell’Iran per la gravità di tale messaggio veicolato dal suo capo di Stato. Wolfgang Overath, ai tempi presidente della federcalcio tedesca, si è dichiarato fortemente contrariato da quello che è diventato un imbarazzo mediatico oltre che diplomatico, rispondendo duramente e minacciando provvedimenti seri.
Così, a pochi mesi dall’inizio del Mondiale, l’Iran, la prima squadra ad essersi qualificata, rischia seriamente di essere esclusa. I Mondiali di calcio sono un’occasione unica per il popolo di origine persiana, vivere un’esperienza differente, una decina di giorni a contatto con il mondo esterno, globalizzato e tollerante. A convincere la Merkel e i vertici della Fifa sono i giocatori, alcuni dei quali provenienti proprio dalla Bundesliga. L’atteggiamento dei giocatori è di totale isolamento e distacco. Sono venuti per giocarsi le loro chance, e per regalare una soddisfazione ai loro supporters: tanto basta per non arrivare ad una decisione clamorosa nel calcio moderno.
Re di Persia
Tra i giocatori, ce n’è uno tra questi che è considerato il più grande calciatore iraniano della storia, e tra lui e il paese teutonico, vi è un fil rouge intenso. Ali Daei è a fine carriera, giocherà le sue ultime tre partite con la Nazionale nella terra a lui più cara calcisticamente parlando. 5 anni in Bundesliga, divisi tra Arminia Bielefeld, Bayern Monaco ed Hertha Berlino. 23 gol in totale, e la soddisfazione di essere il primo calciatore asiatico ad aver messo piede in Champions League, in un Bayern Monaco-Manchester United del ’99. Anno in cui è stato eletto miglior calcaitore asiatico della stagione. Ali Daei è anche il top scorer della selezione iraniana con 109 gol tra il 1993 e il 2006.
Il Mondiale tedesco è pronto a salutare una bandiera di un calcio secondario, ma che ha contribuito allo sviluppo sociale attraverso le sue gesta, sia atletiche che politiche nel paese. Laureato all’Università tecnologica di Sharif in ingegneria dei materiali, viene convocato a 37 anni per le ultime tre apparizioni con la maglia del Tim Mellì, non lasciando il segno, ma congedandosi davanti ai suoi tifosi e quelli che lo hanno potuto ammirare fuori dai suoi confini. Un atto simbolico, che anche il popolo tedesco condividerà, ponendo fine anche alle polemiche iniziali riguardanti il ruolo estremamente controverso che l’Iran aveva intrapreso alla vigilia.
Trova l’intruso
Nella rosa dei 23 di quella spedizione c’è altro un altro che passerà alla storia, per lo meno per quanto riguarda il calcio iraniano. La popolazione di etnia armena in Iran rappresenta una minoranza equivalente all’1% degli abitanti complessivi. Sono circa 80mila gli armeni, i quali hanno trovato rifugio nell’ex Persia a seguito della persecuzione turca. Tra questi 80mila c’è Andranik Teymourian, una delle stelle della Nazionale del 2006, che dopo quell’estate varcherà i confini europei approdando in Premier League con le maglie di Fulham e Bolton. A rendere davvera curiosa la sua storia, è il fatto che l’etnia armena sia di religione cristiana. Teymourian è il primo calciatore cristiano ad indossare la maglia dell’iran ai Mondiali. Un evento epocale da quelle parti, reso possibile dal fatto che il popolo armeno gode di concessioni sia religiose che culturali da parte del governo iraniano in virtù di una posizione anti-turca abbastanza netta dell’Hezbollah. Per i tifosi iraniani è un idolo, e religione o meno, è il talento di quella spedizione, di cui il popolo mussulmano vuole ammirarne le gesta.
Fu protagonista di un episodio spiacevole durante i Mondiali 2006. Durante il ritiro tedesco con la sua Nazionale venne fermato e bloccato nell’albergo dalla polizia locale. Teymourian era in procinto di recarsi alla Chiesa cristiana più vicina per partecipare alla Messa, un gesto che fu ritenuto insolito dalle forze dell’ordine. Un iraniano che entra in un Chiesa cristiana ha automaticamente messo in pre-allarme le autorità destando preoccupazione. Trattasi di malinteso, cosa che non fu gradita al calciatore, il quale si sfogò ai microfoni di una tv locale parlando apertamente di discriminazione. Nel 2014 Teymourian diverrà anche il capitano dell’Iran, cristiano, con la fascia al braccio, in uno dei paesi più integralisti del pianeta.
Generazione d’oro
Quella che viene etichettata come la generazione più forte di sempre di calciatori iraniani – tra gli altri, Rezaei con un breve soggiorno italiano fra Livorno e Messina – otterrà un solo punto contro l’Angola nella partita conclusiva del girone. Iran-Angola è quanto di più originale possa offrire un Mondiale di calcio, non certo dal punto di vista dello spettacolo. A livello di risultati c’è molta amarezza per quella spedizione, arrivata ultima nel Gruppo D preceduta dagli africani alla loro prima e unica partecipazione. Il ct croato Blanko Ivankovic si sbilanciò alla vigilia dichiarando di voler passare il turno, grazie al materiale a disposizione e un undici titolare che per la maggior parte gioca proprio in Germania nella Bundesliga, sperando in un fattore emotivo che non si rivelerà tale. Il che riverserà su di lui tutte le critiche dei quotidiani iraniani dopo le aspettative create.
Il ct croato, che da 4 anni allenava la Nazionale, annunciò però prima dell’inizio del Mondiale che avrebbe lasciato la squadra al termine del torneo, stufo delle pressioni mediatiche interne ed esterne. Pressioni derivate da questioni per lo più politiche e religiose, che poco o nulla avevano a che fare con il calcio.
La spedizione iraniana del 2006 non verrà ricordata certo per i meriti sportivi e legati prettamente al campo, eppure si ha la sensazione che il popolo iraniano abbia vissuto uno dei momenti più intensi della sua storia calcistica. Per il susseguirsi di eventi attorno all’intero movimento, contraddittori e destabilizzanti, che una Nazione controversa come l’Iran può scatenare quando incontra un mondo incompatibile con il suo.