Somos un equipo, somos nuestra afición, somos albiazules, somos el Glorioso, somos el Deportivo Alavés
Se mai un giorno vi dovesse capitare di un fare un giro negli Euskadi e da insaziabili appassionati di fútbol finiste all’Estadio Mendizorroza di Vitoria-Gasteiz, al minuto 21 di ogni partita, avrete l’occasione di sentir riecheggiare per tutto lo stadio queste parole. Sono un inno all’appartenenza di un popolo, quello basco, che vede il calcio come un mezzo di espressione straordinario per dimostrare un attaccamento viscerale alle proprie origini, radicato profondamente nel proprio territorio.
Loro sono ‘El glorioso’ Deportivo Alavés, le cui ragioni d’esserlo sono appartenere per esistere, e resistere. Resistenza che in questo caso non ha un’accezione politica, bensì legata all’orgoglio di far parte di una comunità che si nutre della passione per la propria cultura, e per quella sportiva del club della propria città.
Questo legame si è dimostrato indissolubile fin dalle origini, fin dal 1921 per l’appunto, quando la squadra si chiamava inizialmente Sport Friends e che nel giro di un paio d’anni fu subito modificata con il nome attuale. Alavés, come il nome degli abitanti dell’Álava, la provincia di cui Vitoria ne è il capoluogo, e lo è di tutto il territorio dei Paesi Baschi.
238.000 anime che vivono in simbiosi con il proprio equipo, all’ombra della fama artistica e calcistica di Bilbao, l’altra grande città degli Euskadi. Nonostante lo sport più seguito sia il basket, rappresentato dal Baskonia, società con un’ottima nomea a livello europeo per risultati conseguiti, a differenza di altre realtà i due sport riescono a convivere con lo stesso ardore. Il collante di questo puzzle sportivo ha un nome, quello di Josean Querejeta, presidente del Baskonia dal 1988 che dal 2011 ha acquistato anche il Deportivo Alavés, riportando El Glorioso nella massima serie dopo dieci anni di sofferenze e militanza nelle serie minori spagnole.
L’obiettivo primario del Patron di Lozcano, città basca della Biscaglia, è quello di calcare la tradizione popolare sui campi da gioco, in tutte le sue forme e colori. La seconda maglia dell’Alavés infatti è un omaggio a la Rioja Alavesa, il vino pregiato locale prodotto nella piana dell’Álava, terra che si estende lungo la depressione dell’Ebro, fiume che attraversa e segna il confine della regione dei Paesi Baschi. Depressione solamente di natura paesologica, che non ha niente a che vedere con il fuoco vivo degli alavesi e con la loro memoria storica, ridondante ma mai ostentata.
Dicevamo appartenere per resistere. I tifosi lo hanno fatto a lungo, dopo anni tribolati di guai finanziari e una lenta regressione fino alla Segunda Division B nel 2007, la terza serie spagnola, quando l’ex presidente ucraino Pitterman fu coinvolto in frodi fiscali lasciando il club sull’orlo della bancarotta.
Il passato del Glorioso è sempre stato questo, non perdere mai la speranza, attraverso la forza alchemica che si crea con la propria terra e con i suoi conterranei, sempre calorosi sostenitori anche nei momenti più bui. I Babazorros (i mangiatori di fave) ci hanno messo ben 42 anni a risalire in Primera nel 1998, una lunga attesa che solamente tre anni dopo li ha visti compiere una strepitosa cavalcata in Coppa Uefa, culminata con la finale di Dortmund contro il Liverpool, persa in un incredibile 5-4 colmo di pathos. Era l’Alaves del figlio d’arte Jordi Cruijff e delle due meteore milaniste Cosmin Contra e Javi Moreno.
Il presente, dopo anni sconcertanti, è luminoso: Querejeta sembra avere le idee chiare per una squadra che non vuole essere solamente una semplice comparsa della Liga, con lo scopo di costruire anno dopo anno una società forte e stabile grazie anche all’aiuto dell’ambiente. La promozione in Primera conquistata ormai un anno fa, non è bastata al tecnico Jose Balados per la riconferma; la squadra è stata affidata al Flaco Mauricio Pellegrino, allenatore in cerca di ribalta personale ed ex bandiera del Valencia di Rafa Benitez con cui vinse una Liga nel 2004 e di cui ne è allievo applicato nel suo 4-2-3-1 più accorto e meno spregiudicato. Querejeta dimostra di essere attento ai dettagli ed il nome di Pellegrino non è nuovo dalle parti di Vitoria, dato che l’Alavés è stata la squadra con cui el Flaco ha di fatto chiuso la sua ottima carriera da difensore centrale proprio nell’ultima apparizione in Primera degli Albiazules.
L’Alavés si è presentato nella Liga 2016/2017 seguendo le orme di San Prudencio, Patrono di Vitoria, la cui ricorrenza ricadeva proprio lo scorso 28 aprile. Una neopromossa prudente, con l’intento di restare ancorata alla salvezza possibilmente senza troppi affanni. Prudenza che è stata subito accantonata al 94′ della prima giornata, quando un destro da fuori area del capitano Manu Garcia, ha mandato in delirio gli aficionados dei Babazorros giunti in trasferta al Vicente Calderon, strappando un inaspettato pareggio all’Atletico Madrid.
Il Vicente Calderon si rivelerà poi il luogo emblematico del cammino dell’Alavés, dove tutto è cominciato e dove tutto verrà consegnato alla storia. Il 27 maggio lo stadio dei Colchoneros ospiterà la sua ultima partita prima di diventare polvere, quella partita sarà la finale di Copa del Rey che vedrà opporsi Barcelona e Deportivo Alavés, la prima storica finale raggiunta nella competizione dal Glorioso.
L’impresa appare ardua nell’ultima di Luis Enrique sulla panchina dei blaugrana, ma non sarebbe una novità stagionale perché alla trasferta di Madrid di inizio stagione seguì una clamorosa vittoria al Camp Nou per 2-1, portando sotto i riflettori l’equipo di Mauricio Pellegrino. Etichettato come la rivelazione dell’anno, l’Alaves si è confermato per tutto il resto della temporada, con il decimo posto attuale in classifica che rappresenta un traguardo insperato alla vigilia.
La rosa attuale è un cocktail di giocatori alla ricerca del riscatto individuale e giovani promettenti alle prime esperienze fra i grandi, oltre alla storica spina dorsale capeggiata da Manu Garcia, che ha passato ogni domenica della sua vita da adolescente in curva ed ha coltivato il sogno di calpestare il manto erboso del Mendizorroza portando con fierezza la fascia da capitano.
Fra i protagonisti di questa prodigiosa annata due ex Athletic Bilbao dediti alla causa basca come Gaizka Toquero e Ibai Gómez. Il primo già presente in Segunda la passata stagione, uno che ogni tifoso bilbaino ricorderà come quel ragazzo col numero 2 che giocava in attacco e che metteva il sudore dinnanzi alla gloria personale, un inesauribile scudiero che in campo getta i polmoni oltre l’ostacolo che Madre Natura gli ha imposto, ossia quello di non fare della tecnica personale un elemento di rilievo del suo repertorio; Il secondo, un talento inesploso che solo a tratti, con el Loco Bielsa in panchina, ha lasciato intravedere colpi che avrebbero meritato ben altri palcoscenici ma che a Vitoria-Gasteiz ha trovato il teatro ideale in cui esprimersi.
Dalle parti dell’Álava sta cercando di rilanciarsi anche Rodrigo Ely: dopo la parentesi milanese sponda rossonera non proprio felicissima, il giovane centrale brasiliano è arrivato a gennaio trovando la titolarità accanto al marocchino Feddal, che qualcuno ricorderà a stento nel Palermo di Paulo Dybala.
Come in ogni squadra costruita per esaltare le logiche del gruppo, c’è bisogno di qualcuno apparentemente fuori dall’ordine comune delle cose. L’identikit perfetto nell’organico di Pellegrino corrisponde al brasiliano Deyverson, attaccante dallo spiccato carisma, con giocate sopraffini e spesso evanescenti ai fini del gioco (e dalle esultanze piuttosto singolari, va detto).
Poi ci sono i talenti puri dal futuro roseo: il canterano del Madrid Marcos Llorente a centrocampo, autore di una stagione sopra le righe, e l’oggetto del desiderio di Real e Barça Theo Hernandez, terzino sinistro dal passo devastante che si è messo in luce come miglior giovane del campionato spagnolo, di proprietà dell’Atletico Madrid e per il quale si potrebbe rompere uno storico patto di non belligeranza sul mercato tra le due squadre madrilene.
Fino ad arrivare ad Edgar Mendez, entrato nella storia del club per il gol qualificazione in semifinale di Copa Del Rey contro il Celta Vigo.
Trepidazione e fiducia attorno all’ambiente in vista del 27 maggio, tutta l’Álava e gli interi Paesi Baschi si stringeranno attorno ai ragazzi di Pellegrino. Un intero popolo scenderà in campo a Madrid per un’impresa titanica in una partita dai contorni romantici: dal congedo di Luis Enrique in terra catalana, all’ultimo sipario del Vicente Calderon.
Nel frattempo, provvediamo all’attesa ordinando una buona bottiglia di Rioja Alavesa.
Aspettando che l’Alavés torni davvero El Glorioso.