Il percorso del Benevento e dei suoi tifosi, passati dal sentirsi colpiti da una maledizione a vivere un sogno quasi irreale. In mezzo una piazza che si veste di giallorosso. Una storia di sofferenza, memoria collettiva, catarsi e liberazione.
Memoria collettiva e Serie C
Ci sono eventi che nel loro essere straordinari costringono a una riflessione tutti quelli che li attraversano. Questo successe ad esempio dopo la Prima Guerra Mondiale, primo conflitto realmente di massa. Ed è proprio in questo mare di domande che è il primo dopoguerra, Maurice Halbwachs, sociologo francese che poi morirà a Buchenwald, tirerà fuori nel 1925, come salvagente a forma di risposta, l’opera I quadri sociali della memoria. È qui che teorizza quella che chiama memoria collettiva. Secondo il francese, infatti, il ricordo non è mai individuale, ma rientra sempre in una dimensione più ampia, è rievocato nella collettività. Ci sono eventi che diventano ricordi che non possono essere ripercorsi singolarmente. Sono memoria di tutti.
È il 21 giugno 2009, lo stadio si chiama Santa Colomba (oggi, Ciro Vigorito) e si gioca la partita di ritorno della finale play-off di Serie C1 (non ancora Lega Pro) tra Benevento e Crotone. L’andata è finita 1-1, ai padroni di casa basta un pareggio, la città è tutta addobbata di giallorosso e, scaramanzia a parte, ci si attende una festa. Ma l’abbiamo scritto, alcuni eventi sono destinati a entrare nella memoria collettiva e, a volte, lo fanno dalla porta sbagliata. In questo caso la porta è quella di Ghigo Gori, la partita la vince uno a zero il Crotone e gli stregoni rimangono nel calvario della Serie C. In città si sente il peso di una vera e propria maledizione e anche chi tenta di ripetere profetico la formula del quest’anno è l’anno buono! non ci crede più di tanto.
Il clima di quel giorno. Il titolo del video recita “bellissima coreografia da Serie A”. Otto anni dopo, al Vigorito, Benevento e Crotone si ritroveranno realmente in Serie A.
La fine della maledizione
Nella tragedia greca il momento più importante era quello della catarsi, letteralmente purificazione, che coincideva con il momento più drammatico della vicenda, con il pubblico che poteva elevarsi moralmente vedendo quello che veniva proposto sulla scena. Nel nostro caso, se di maledizione si tratta, la catarsi è l’unico modo per allontanarla. Anche questa, come la memoria, è collettiva.
Ed è proprio in questa atmosfera che il 30 aprile 2016 le gradinate stracolme del Vigorito assistono all’impensabile. È Godot di Beckett che alla fine arriva; Zenigata che finalmente arresta Lupin; Willy il coyote che acchiappa quell’insopportabile struzzo. Il Benevento, per la prima volta nella sua storia, è in Serie B. La città si lascia andare ai festeggiamenti per giorni, come se solo ora avesse potuto riprendere fiato. Addirittura le foto dei giocatori vengono appese per la città e un tifoso cambia i nomi delle strade con quelli dei calciatori, beccandosi pure una multa. La maledizione è rotta, senza passare per i play-off che tanto avevano fatto penare i tifosi giallorossi.
La serie B e il miracolo
In filologia, la disciplina che studia i testi, con il termine hapax ci si riferisce a quelle forme linguistiche che si ritrovano solo una volta in un determinato ambito, potremmo dire che sono parole rare. L’approccio alla prima stagione in B inizialmente era accompagnato da questa consapevolezza. Ci si rendeva conto di assistere a un qualcosa che generazioni di beneventani avevano aspettato senza mai vedere, qualcosa di unico. Ma la campagna acquisti e, soprattutto, le prime vittorie hanno dato immediatamente una dimensione diversa alla stagione. Si è visto subito che la salvezza era un obiettivo che stava stretto, ma anche per eventuali playoff ci si manteneva cauti.
C’è però un momento preciso che fa da chiave di volta della stagione. Il Benevento, dopo una lunga striscia di risultati negativi, il primo maggio vince in casa il derby con l’Avellino e mister Baroni fa il solito discorso post-partita alla squadra non negli spogliatoi, ma ancora in campo, proprio lì sotto la curva che canta. È la scintilla che fa compattare il gruppo, che fa sì che nonostante le assenze l’8 giugno succeda l’impensabile. Questa volta la catarsi è completa. Non solo per la Serie A, non solo per il risultato storico, ma per esserci arrivati tramite la strada dei playoff, che per qualsiasi abitante della città in passato aveva condotto solo a grosse delusioni. Alla fine dell’incontro, nei primi istanti, è quasi difficile festeggiare tanto è inatteso il risultato: c’è più incredulità che gioia. È un nuovo, enorme, e indelebile tassello nella memoria collettiva di una città.
La Serie A
Ora viene la prova più difficile, quella di dover passare da sorpresa a realtà confermata.
La passione e l’entusiasmo, per quanto fondamentali, devono poggiare su basi solide per non spegnersi alle prime difficoltà. Riguardo ciò la società sannita sembra avere le idee chiare (oltre a più che discrete disponibilità economiche) e anche il mercato è condotto in maniera oculata.
I nuovi arrivi
Per capire assetti e ambizioni del nuovo Benevento in Serie A diamo un’occhiata agli innesti (di cui abbiamo parlato anche qui) tenendo conto della disposizione in campo più gradita a Baroni, che preferisce un 4-4-2 o un 4-2-3-1 (in realtà con poche differenze tra i due moduli).
Dietro sono arrivati, su tutti, Letizia e Di Chiara sugli esterni, e Belec in porta con l’arduo compito di sostituire Cragno. Se i due ex Carpi, chi per età chi perché ha già giocato in Serie A, portano decisamente esperienza, l’ex Perugia può rivelarsi una piacevole sorpresa. È molto maturato infatti in Umbria grazie al gioco di Bucchi che coinvolge molto gli esterni bassi, costringendoli a salire senza palla anche quando si ritrovano sul lato debole, in maniera atipica soprattutto per la serie cadetta.
A centrocampo importante, anche economicamente, l’arrivo di Cataldi, che aspetta ancora di esplodere definitivamente. Non rimane che vedere se Benevento sarà la piazza giusta per questo passaggio. Sulla sinistra, invece, D’Alessandro dall’Atalanta va a ricoprire un ruolo fondamentale nel gioco di Baroni che l’anno scorso si è ritrovato spesso sprovvisto di interpreti all’altezza. Davanti Coda dalla Salernitana andrà a far coppia con Ceravolo dopo una stagione incredibilmente prolifica in Serie B.
Riconferme
Oltre all’apporto dei nuovi arrivati si attendono segnali importanti da parte dei vecchi. In questo senso sono fondamentali le riconferme di alcuni dei protagonisti più importanti della frettolosa scalata verso la A. Se da una parte non si è riusciti a trattenere Cragno, l’ossatura della squadra con Lucioni, Chibsah, Viola, Ceravolo e Ciciretti è rimasta inalterata.
L’incognita maggiore è rappresentata proprio da Ciciretti. L’esterno ex Roma è sicuramente il più talentuoso della rosa, consacratosi proprio con la maglia del Benevento, ma deve cambiare il suo modo di giocare. Se in Serie B l’azione ricorrente partiva da una ricezione statica seguita da un uno contro uno, con la sovrapposizione del terzino o l’inserimento della punta o lo scarico, nella serie maggiore la situazione cambia. Il numero 10 dovrà imparare a muoversi di più senza palla, ricevendo nello spazio in movimento, visto il maggior numero di terzini avversari capaci di affrontarlo senza raddoppi o di anticiparlo. In questo sarà fondamentale il ruolo di Baroni, che sulla base di questi accorgimenti dovrà variare l’impostazione tattica di tutta la squadra, che l’anno scorso si basava molto sul vantaggio che i singoli riuscivano a creare.
Assaggio di Amato Ciciretti
La forza di una piazza
Prima ho usato il termine “piazza” come lo si usa spesso nel calcio, cioè per indicare una città e la sua tifoseria. Si parla di “piazze ambiziose” “piazze importanti” “piazze prestigiose” e in passato, in quella Lega Pro che ormai sembra distantissima, ma è di poco più di un anno fa, queste espressioni venivano usate anche per Benevento.
Negli ultimi diciotto mesi in città il legame tra significato letterale e traslato della parola si è rinsaldato moltissimo, trovando in Piazza Risorgimento il teatro di quei tanto catartici festeggiamenti dei quali abbiamo parlato. Ed è per la piazza e sulla piazza che il Benevento dovrà basare la propria forza o almeno la propria speranza. Ricordando da dove si è partiti, ripescando, ancora una volta, dalla memoria collettiva.