L’isola che non c’è (più)

Programmazione: questa la costante che ha accompagnato due società come Chievo Verona e Sassuolo nella loro esperienza in Serie A. Non potendo contare su grandi bacini di utenza (circa 13mila i tifosi mediamente presenti nei due stadi durante la scorsa stagione), gialloblu e neroverdi si sono da sempre adoperati per dare continuità ai rispettivi progetti tattici valorizzando il materiale umano a disposizione percorrendo strade parzialmente diverse.

Il Chievo si è infatti sempre più spesso affidato al cosiddetto “usato sicuro”: una serie di giocatori esperti (30,4 la media dei giocatori scesi in campo in questa stagione, la più alta del campionato) abituati a giocare insieme e guidati dal 2014 da Rolando Maran. Un tecnico capace di far giocare un buon calcio ai suoi uomini grazie ad un’ottima organizzazione tattica incentrata sul rombo a centrocampo.

Il Sassuolo, al contrario, nella sua giovane esperienza in Serie A ha lanciato diversi giovani provenienti da diversi settori giovanili, valorizzandoli sotto la guida di Eusebio Di Francesco e decidendo in seguito il destino dei loro cartellini. Una linea verde che, fino alla scorsa stagione, ha pagato i suoi dividendi.

I due modelli teorizzati sopra vivono un momento di crisi in questo inizio 2018 e due squadre costruite per guadagnarsi un comodo piazzamento a metà classifica potrebbero ritrovarsi inghiottite dalla lotta per non retrocedere. Proviamo a scoprire il perché.

Non ho l’età

La stagione 2017/18 è la sedicesima della storia del Chievo Verona in Serie A: partendo dalla stagione 2001/2002 (Chievo dei miracoli), l’unica parentesi in serie cadetta risale all’annata 2007/08. Un risultato prestigioso per una piazza davvero piccola, abituata a trascorrere annate tranquille soprattutto grazie a gironi d’andata sprint per poi abbassare il ritmo nella seconda parte di stagione.

Anche quest’anno l’avvio degli uomini di Maran è stato discreto nonostante il mercato reciti un saldo vicino allo zero. Ai nastri di partenza il Chievo aveva infatti (come detto) l’età media più alta della Serie A, con il reparto arretrato affidato all’esperienza di Gobbi (37), Gamberini (36), Dainelli (38), Cacciatore (31) e Sorrentino (38). Il rombo di centrocampo con Birsa vertice alto è rimasto un dogma, mentre in attacco il solo arrivo di Pucciarelli avrebbe dovuto rivitalizzare un attacco da 43 reti in 38 partite. L’ex Empoli portava in dote certamente la sua abilità di pressare i primi portatori di palla avversari, ma con sole 14 reti segnate in tre stagioni in Serie A difficilmente avrebbe potuto rappresentare un valore aggiunto in tal senso. Sulla testa del bomber Inglese pendeva inoltre la spada di Damocle di un possibile trasferimento al Napoli nella sessione invernale, visto il prestito concesso ai gialloblu dopo l’acquisto estivo. Una possibilità, per loro fortuna, non avveratasi.

Nonostante le diverse incognite prospettate, Maran era comunque riuscito (come ogni anno dal suo arrivo a Verona nel 2014) a trovare la quadratura del cerchio anche grazie al dinamismo offerto dalle due mezz’ali Castro ed Hetamaj. In particolare l’argentino stava vivendo la sua migliore stagione dal suo arrivo in Italia. La sua presenza in campo permetteva infatti di avere due giocatori di qualità in mezzo al campo e quindi di alleggerire il peso della produzione offensiva dalle spalle di Valter Birsa, unico regista avanzato della squadra. Basta confrontare il numero di passaggi chiave del Pata Castro rispetto al resto della rosa: 1,6 la media a partita, inferiore soltanto a quella del trequartista sloveno; il doppio rispetto al terzo centrocampista in rosa (Hetemaj con 0,8). I due goal contro la Fiorentina testimoniano anche la sua propensione all’inserimento e al gioco in verticale.

Descrizione: Povero Biraghi.

Alla giornata numero tredici i punti in classifica sono 15, in linea con le aspettative di inizio stagione.

Cosa è andato storto

L’infortunio al legamento collaterale subito dall’argentino il 19 novembre dall’argentino ha privato Maran del secondo miglior giocatore in rosa, uno dei pochi in grado di garantire quantità e qualità. Diverse le soluzioni provate dal tecnico italiano, pur scegliendo comunque il rombo a centrocampo per non snaturare troppo i meccanismi di pressing della squadra. Il Chievo infatti non è mai stato spettacolare nel senso estetico del termine, ma la sua organizzazione gli permetteva di controllare gli spazi più che il pallone, costringendo gli avversari a giocare delle partite oggettivamente brutte.

Nelle 10 partite successive all’infortunio, il Chievo ha ottenuto cinque punti e l’ultima vittoria risale al 25 novembre in casa contro la Spal. Il numero di goal segnati è crollato da 15 a 6, mentre i goal subiti sono rimasti costanti (20). La sensazione è che gli uomini di Maran non riescano a chiudere efficientemente le linee di passaggio come in passato, unito alla cronica difficoltà nel trovare la via della rete. Impossibile snaturare la natura difensiva della squadra.

Da dove ripartire

La prestazione contro la Juventus, conclusa in nove uomini, ha mostrato sprazzi del vecchio Chievo: chiusura degli spazi tra centrocampo e difesa e transizioni veloci per provare a sorprendere l’avversario. Operazione fallita a causa dello sciagurato intervento di Bastien (altro sostituto di Castro) che ha costretto i gialloblu ad abbassare ulteriormente il proprio baricentro. Il match contro l’Atalanta ha certificato una ritrovata solidità difensiva, interrotto solo sugli sviluppi di una palla inattiva.

Dal punto di vista offensivo, l’innesto di Giaccherini potrebbe portare i suoi frutti. Il centrocampista italiano è infatti bravo a creare superiorità numerica e ad inserirsi, andando a coprire il vuoto lasciato da Castro.

La salvezza potrebbe non essere in discussione, ma appare ormai evidente come la rosa necessiti di una decisa rivoluzione in estate. Trovare nuove motivazioni senza alzare realmente l’asticella delle ambizioni non è facile per un gruppo unito da ormai molti anni e composto da giocatori molto esperti.

Rivoluzione fallita

Da premesse diametralmente opposte partiva la stagione del Sassuolo. Costretto a salutare l’unico tecnico capace di condurli con successo nella massima serie fino alla qualificazione in Europa League, il patron Squinzi aveva individuato in Cristian Bucchi il successore di Eusebio Di Francesco grazie al suo buon lavoro in Serie B. La proposta di gioco del nuovo allenatore sembrava porsi in continuità rispetto al lavoro dell’attuale tecnico della Roma: un calcio propositivo per valorizzare i giovani in rosa. A cominciare dal modulo 4-3-3 con Politano e Falcinelli a completare il tridente con Berardi.

Nonostante le possibilità economiche del suo presidente, il mercato ha sostanzialmente indebolito la rosa a disposizione del tecnico. A fronte delle partente di Gregoire Defrel e Lorenzo Pellegrini in direzione Roma non sono state adeguatamente sostituite. In particolare l’innesto di Falcinelli non ha portato i risultati sperati: l’attaccante ex Crotone si è infatti dimostrato incapace di trovarsi a suo agio in un sistema maggiormente associativo rispetto a quello dei calabresi, costringendo la società a cederlo l’ultimo giorno di mercato in uno scambio alla pari con Babacar (altro oggetto misterioso). A centrocampo i titolari rimangono Magnanelli e Missiroli mentre Stefano Sensi non ha messo in mostra tutto il suo potenziale, non riuscendo a guadagnarsi stabilmente una maglia da titolare.

Proprio lui

La disperazione di Berardi, gioia e dolori per il Sassuolo | numerosette.eu

Le speranze di successo del Sassuolo passano inevitabilmente dai piedi di Domenico Berardi, talento di proprietà dei neroverdi e chiamato a farci capire che tipo di giocatore diventerà da grande. 

Il suo inizio di stagione è stato, per usare un eufemismo, disastroso. Dopo i problemi dello scorso campionato (legati anche ad un infortunio che gli ha impedito di giocare per oltre tre mesi) l’esterno italiano appare ancora più lontano dai fasti della stagione 2014/15 finita in doppia doppia (15 reti e 11 assist). Tripla doppia, considerando anche i cartellini gialli, suo eterno tallone d’Achille.

I numeri, anche senza considerare il numero di reti segnate (2, per la cronaca, con due rigori sbagliati) testimoniano la sua crisi esistenziale e la sua crescita interrotta proprio nel momento in cui sembrava pronto al grande salto. Rispetto alla sua migliore stagione, la sua precisione al tiro è calata di quasi 10 punti percentuali (51% di tiri nello specchio nell’annata 2014/15, 42% in quella attuale) nonostante il numero di tiri sia diminuito. A cambiare è soprattutto la percentuale di finalizzazione come dimostra il grafico qui sotto (fonte Squawka.com) prendendo in considerazione solo le prime 23 giornate.
Le difficoltà di Berardi e del Sassuolo | numerosette.eu

Anche la percentuale di duelli vinti (offensivi e difensivi) passa dal 47% al 39%: Berardi prova sempre meno l’uno contro uno e non riesce più a sorprendere i terzini avversari con i suoi tagli verso l’interno. Trovare un’alternativa per non diventare monotematici (vedi Milos Krasic) potrebbe essere fondamentale per rilanciare un giocatore considerato già vecchio a 24 anni.

Senza dubbio il momento vissuto dalla squadra non lo aiuta.

Cosa è andato storto

Il progetto Bucchi è deragliato alla quattordicesima giornata con soli 11 punti raccolti, non prima di aver cambiato diverse volte il sistema di gioco (compreso un tentativo con la difesa a tre). L’arrivo di Iachini, dopo tre illusorie vittorie consecutive, non ha comunque portato al cambio di rotta sperato ed il 7 a 0 subito contro la Juventus è tra i punti più bassi della storia del Sassuolo in Serie A. Una squadra incapace sia di difendere abbassando il proprio baricentro sia di accennare un pressing efficace in avanti. Anche Acerbi, a pieno titolo considerato uno dei difensori più costanti nel rendimento, si è ritrovato travolto dalla fragilità difensiva della squadra: averlo trattenuto a Sassuolo (forse controvoglia) non ha portato i risultati sperati.

Isoliamo alcune situazioni di gioco nella nefasta trasferta di Torino. Almeno fino a quando c’è stata una parvenza di equilibrio sul campo.

Contropiede sprecato dal Sassuolo | numerosette.eu

Una delle rare ripartenze concesse dalla Juventus, sprecata da Babacar che, dopo aver vinto il contrasto, conduce il pallone lentamente senza vedere l’inserimento di Politano. In generale l’esordio del senegalese con la maglia del Sassuolo è stato da dimenticare: lento e indolente, raramente capace di schermare il passaggio su Pjanic al punto da costringere Iachini ad invertire la sua posizione con quella di Berardi in fase di non possesso. Creando però i presupposti per la superiorità bianconera sulla fascia sinistra.

Difficoltà difensive del Sassuolo | numerosette.eu

Su palla (parzialmente) scoperta il Sassuolo prova a salire con la propria difesa ma Peluso lascia in gioco Khedira. In generale l’arrendevolezza è stata una costante nel match contro la Juventus.

Da dove ripartire

In una stagione che sembra ormai da cestinare, pochi sono i pilastri a cui il Sassuolo può affidarsi. Il recupero di Berardi dal punto di vista psicologico è un dovere: impossibile che si tratti dello stesso giocatore capace di segnare 31 reti nelle sue prime due stagioni in Serie A. Il reparto più in difficoltà sembra essere il centrocampo da cui consegue uno scarso movimento senza palla per aprire spazi agli attaccanti. Quattordici reti segnate finora pongono il Sassuolo al penultimo posto per goal segnati, senza poter altresì contare su una solidità difensiva degna di questo nome (come, ad esempio, fa il Genoa). La sensazione di una squadra a fine ciclo è presente: Squinzi si è forse stancato del suo giocattolo?

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