La partita tra Roma e Napoli ha messo in evidenza tutti i limiti difensivi dei giallorossi. Con l’arrivo di Ranieri, i piccoli progressi del reparto arretrato (ottenuti contro Empoli e, nonostante la sconfitta, SPAL) sono stati spazzati via dalla prestazione eccellente degli attaccanti di Ancelotti.
Ora la Roma assiste all’ultima chiamata per agguantare la qualificazione in Champions League.
I vecchi problemi della Roma
L’esonero di un allenatore deve essere interpretato sempre come un sintomo, mai come una malattia. A meno che quel presidente non si chiami Moratti, Zamparini o Cellino. Ma sembra superata la stagione dei mangia-allenatori. Quando Di Francesco si è separato dalla Roma, era infatti ormai lampante che gli equilibri della squadra si fossero rotti. L’addio di Monchi, quasi una superflua conferma.
La principale lacuna della Roma versione 2018/19 è sempre stata la penetrabilità difensiva. Certo, la cessione di Alisson e lo smantellamento di una mediana eterogenea di funzioni hanno contribuito a mettere in evidenza i limiti strutturali del reparto difensivo; ci si aspettava, tuttavia, molto di più dai rimpiazzi arrivati in estate, incapaci di essere all’altezza delle aspettative. In questa stagione la Roma subisce in media 1,6 gol a partita e soprattutto non riesce a fare filtro a centrocampo. Prima del match contro il Napoli, a fronte di 1078 palle perse, i giallorossi ne hanno recuperate 752, producendo un deficit che espone pericolosamente il reparto difensivo.
I dati diventano allarmanti se aggiungiamo il coefficiente degli Expected Goals, che da oltre un anno è diventato un punto di riferimento nell’analisi tattica. In Champions League, ad esempio, la Roma ha concesso una media di 2,4 xG a partita. Al ritorno contro il Porto – la partita che è costata carissimo a Di Francesco – si è avuta l’impennata stagionale, con un record di 3,8 xG (e 32 tiri in porta) concessi, che si sono tramutati nell’eliminazione dalla competizione nonostante un buon risultato nella gara d’andata.

Il pragmatismo di Ranieri
Il ritorno di Ranieri ha destato non poca sorpresa. L’eroe di Leicester appariva ormai come un allenatore internazionale, che sembrava aver trovato la propria dimensione in Premier League. Eppure, dopo l’esonero con il Fulham, eccolo a traghettare una squadra alla disperata ricerca di conferme.
C’è una costante tattica in tutte le squadre di Ranieri: il pragmatismo. Ancor prima che le sue Foxes vincessero clamorosamente il campionato inglese, l’allenatore ha sempre fatto ricorso alla solidità difensiva prima di costruire un complesso progetto offensivo. E persino nelle prime due partite sulla panchina dei giallorossi si era già vista una sostanziale differenza tra la sua gestione e quella di Di Francesco.
Contro l’Empoli, la Roma ha concesso soltanto 5 tiri verso lo specchio, generando un xG bassissimo: 0,14. Risultati straordinari, se pensiamo che poco più di un mese fa la Roma concedeva un tiro in porta praticamente a ogni azione avversaria. Ovviamente, questa rinnovata attenzione difensiva si riflette in una minore pericolosità in fase d’attacco, testimoniata dall’abbassamento sostanziale dei tiri in porta (solo 3) e degli xG generati (1,14). Il tonfo contro in Napoli, però, sembra aver riportato indietro le lancette. E non è una questione di ora solare.
In fase offensiva, invece, Ranieri sta provando a valorizzare Schick in un 4-4-2 al fianco di Dzeko. L’alternativa più probabile sembra, tuttavia, l’avanzamento di Zaniolo.
Il peso delle assenze
Come se non bastasse, al quadro fin qui illustrato, dobbiamo aggiungere l’altra costante di quest’anno: le assenze importanti che hanno inguaiato il lavoro di Eusebio Di Francesco, e già complicato il lavoro di Ranieri, sempre costretto a usare un 11 diverso e differentemente schierato nelle prime tre partite. Manolas, di gran lunga il giocatore più completo del pacchetto difensivo, è reduce da problemi muscolari al polpaccio e da una stagione piena di altalene; Fazio, orfano di un meccanismo ben oliato, ha subito un’evidente flessione di rendimento sia sul piano fisico che mentale, complice anche una lentezza di base, anacronistica al calcio di oggi; mentre Juan Jesus sta disputando tutto sommato una buona stagione, ma non possiede quello plus tale da renderlo una garanzia al centro del reparto, come non lo è mai stata fin qui Marcano. Di fatto, a esclusione di Kolarov relegato a sinistra, manca un vero punto di riferimento centrale quando la squadra deve subire l’iniziativa avversaria. E contro un collettivo organizzato come il Napoli, i limiti della Roma sono stati messi sotto i riflettori dell’Olimpico, davanti a un pubblico che di certo non ha gradito.
Le prestazioni del centrale greco determinano tantissimo del rendimento difensivo della Roma. Quando è in forma i giallorossi non prendono gol, come spesso è capitato lo scorso anno.
Alla mancanza di punti di riferimento centrali, si è aggiunta l’alternanza sulla fascia destra tra Santon, Karsdorp che continua a non trovar pace fisicamente, e Florenzi. Il vice-capitano della Roma è il talismano tattico che qualsiasi allenatore vorrebbe nella propria rosa, ma proprio il suo essere disponibile in ogni zona del campo lo sta forse penalizzando. Florenzi è alla sua peggior stagione in carriera e stenta a mostrare reali miglioramenti in fase difensiva: ha sempre sofferto e soffre tremendamente l’uno contro uno, e spesso commette errori grossolani nelle scelte individuali, al di là del fattaccio di Porto – sarebbe ingiusto sottolinearlo. Nelle ultime gare, quindi, Di Francesco lo aveva spesso avanzato a centrocampo – o addirittura nella linea d’attacco – per trovare un equilibrio mai raggiunto, provando a sfruttare le incursioni e la maggior fisicità di Karsdorp che si stava ben inserendo prima del nuovo forfait. Il rientro di Florenzi è previsto per metà aprile e, aspettando il vero ritorno di Karsdorp, Ranieri potrebbe blindare definitivamente la catena di destra con fisicità, esperienza e incursioni.
Infine, non possiamo dimenticare che le prestazioni difensive sono influenzate dal pressing dei reparti più avanzati. Daniele De Rossi, nonostante le 36 primavere, continua a essere un jolly fondamentale per la tenuta tattica e mentale della squadra. Quest’anno, nelle partite in cui ha giocato, la Roma ricordava quella coraggiosa ed efficace dello scorso anno. I suoi sostituti, purtroppo, non si stanno rivelando all’altezza, e ci si aspettava di più da giocatori d’esperienza come Pastore e soprattutto N’Zonzi, fresco di un mondiale con la Francia ed evanescente rispetto alle spumeggianti prestazioni col Siviglia.
L’incubo
Il Napoli era sicuramente l’avversario più ostico per la Roma. La squadra di Ancelotti ha finalmente trovato continuità e il turnover (tallone d’Achille di Sarri) ha permesso di sopperire alle assenze per squalifica e per infortunio.
Al contrario della Roma, il Napoli può contare su una fase difensiva solida e qualitativa, con giocatori che si conoscono da anni e danno l’impressione di essere affiatati. I partenopei subiscono poco e soprattutto concedono pochissimo: prima della partita vinta a Roma, il Napoli ha regalato il minor numero di xG in tutto il campionato (24,16 – meglio anche della Juventus, con 24,93) e può contare sulla migliore stagione calcistica di Koulibaly, leader indiscusso della difesa. Il centrale belga ha di recente ricevuto le lodi appassionate del suo allenatore. E come biasimare Ancelotti? Le sue qualità sono note a tutti, ma quest’anno in particolare pare che Kalidou abbia acquisito una visione più corale del calcio. Le sue giocate non si limitano semplicemente alla protezione della porta, ma si proiettano in avanti, prevedendo i movimenti dei compagni, il posizionamento degli attaccanti e la presenza di spazi vuoti. Questa nuova mentalità adattiva aiuta a dimostrare le sue frequenti scorribande in attacco, che lo portano a gestire il pallone con qualità e a occupare zone ultra-offensive per il bene della squadra.
Come sempre, non potevamo farci mancare il video tamarro in stile “Goals and Skills” per dimostrare la “viralità” delle giocate di Koulibaly.
Roma e Napoli agli antipodi
In questo momento della stagione, Roma e Napoli sono agli antipodi. I giallorossi stanno vivendo un difficile terremoto societario, che ha portato alle dimissioni del DS e al naufragio di un progetto tecnico sul quale la dirigenza aveva investito corposamente; il Napoli, invece, sembra aver assorbito gli eccessi del sarrismo facendolo evolvere in una dimensione che sembra poter dare maggiore continuità europea.
Il rush finale per la Champions League si fa, ora, serrato. Se il Napoli si limiterà a confermare il secondo posto, la Roma dovrà necessariamente dare un colpo di reni per rientrare in una corsa agguerrita e spregiudicata a 5. Un’eventuale assenza dalla prossima Champions League si tradurrebbe in una cocente sconfitta per una Roma che, dopo una semifinale e un ottavo (buttato al vento), si stava abituando a una dimensione europea che da tempo, esclusa la Juventus, manca alle squadre italiane.