L’Andalusia è per semplice logica geografica la regione più calda della Spagna, vista la vicinanza con il Marocco e dunque con l’Africa, ed il suo capoluogo Siviglia è addirittura una delle città più calde ed afose del nostro continente; com’è giusto che sia, per rimanere in linea con il proprio clima, Siviglia ospita anche una delle rivalità più sentite di Spagna e non solo: il derbi sevillano tra Siviglia e Betis.


Le due compagini si trovano agli opposti in tutti i sensi, sia geograficamente essendo il Sanchez Pizjuan nel barrío Nervion (poco distante dal centro storico) ed il Benito Villamarin nell’Heliopolis, sia storicamente: dobbiamo andare all’inizio del XX secolo per risalire alle origini di queste due squadre, precisamente nel 1907. Il Sevilla F.C. fin dal 1890 era la squadra aristocratica della città, la massima espressione sportiva della nobiltà, mentre la seconda squadra della città nacque proprio nel 1907 con il nome Sevilla Balompié (termine coniato al fine di “tradurre” il football inglese). Pochi anni più tardi arriva l’evento storico che sancisce la netta divisione tra le due squadre, infatti nel 1914 il Siviglia scova un talento mai visto prima in città, ma il ragazzo ha un grosso difetto che la dirigenza non può non notare: è figlio di un operaio; la scissione all’interno della società è netta, non è accettabile un operaio in un club così elitario, ed una volta negato il tesseramento al ragazzo tanto talentuoso quanto povero un membro della dirigenza, Eladio Garcia de la Borbolla, decide di fondare una squadra che si unirà alla già presente Sevilla Balompié: nasce dunque il Betis Sevilla Balompié (Betis era il nome latino del fiume che scorre in città, il Guadalquivir), che poi cambierà nuovamente nome diventando definitivamente Real Betis Balompié dopo l’ottenimento del titolo onorifico offertogli da re Alfonso XIII.
Da qui, più di un secolo di odio e di scontri in campo e fuori, l’ardore di una città diviso tra il rosso sevillista ed il verde betico, talmente nemici da preferire una società sull’orlo del fallimento al passaggio di un giocatore da una parte all’altra di Siviglia, come nel 1946 quando si scatenò quasi una rivoluzione a causa della voce che dava per fatto il trasferimento di Anunenz dal Betis al Siviglia al fine di risanare i debiti accumulati dalla società biancoverde. Meglio avere l’acqua alla gola che regalare un gioiello ai nemici. Il Siviglia come detto è la squadra ricca e nobile della città, quella ritenuta più arrogante ed altezzosa, mentre il Betis è la squadra umile, lottatrice, che si conquista a fatica i risultati rimanendo quasi sempre all’ombra dei rivali più abituati ai trionfi e alla gloria: non è un caso che col tempo sia nato il celebre ¡Viva er Beti manque pierda! (Viva il Betis nonostante perda). Qualcuno paragona la storia del Betis a quella del Grande Torino, visto che negli anni 30 i biancoverdi di Siviglia erano una delle compagini più forti della penisola spagnola – furono i primi in Andalusia ad ottenere la promozione in Primera Division e vinsero l’unico campionato della loro storia nel 1935 – ma in seguito ai danni dovuti alla guerra civile non è mai più riuscita a ritrovare la gloria ed i fasti di quell’epoca. Il Siviglia invece, nonostante sia nato precedentemente, ha ottenuto la maggior parte dei suoi successi nell’ultimo ventennio – soprattutto quelli europei – ma come il Betis ha nel suo palmarès un solo campionato spagnolo, quello del 1945/46.


Ai giorni d’oggi il derby sembra essere a senso unico, vista la potenza del Siviglia che trionfa da tre anni consecutivi in Europa League e sforna o acquista talenti in gran quantità grazie alla scaltrezza e alla conoscenza calcistica del DS Monchi – nonché ex portiere della squadra negli anni ’90 – mentre il Betis è risalito da soli due anni in Primera Division dopo un anno di purgatorio in Segunda, e non è più quella squadra che nello scorso decennio conquistava annualmente una qualificazione europea e giocava un calcio spumeggiante e fulmineo grazie alle fiammate di Joaquin (tuttora capitano e leader dei beticos) e Denilson ed ai gol della meteora milanista Ricardo Oliveira – non ci crederete ma è ancora nel giro della nazionale carioca. I loro avversari in quegli anni erano giocatori del calibro di Reyes, Daniel Alves, Luis Fabiano ed il compianto Antonio Puerta.


Lo spettacolo ovviamente è anche sugli spalti, dove meravigliose coreografie fanno da contorno all’entrata dei 22 protagonisti che si scontrano e si menano in campo, ma anche qualche episodio meno gradito come quando nel 2007 i tifosi del Betis giocarono al tiro a bersaglio con il mister del Siviglia Juande Ramos costringendo l’arbitro a sospendere la partita, o con le svariate invasioni di campo talvolta sventate dagli stessi avversari. La forte rivalità non ha soltanto ragioni campanilistiche, visto che è risaputo che le due tifoserie sono divise anche dal punto di vista politico, quella del Siviglia è di sinistra mentre quella del Betis è notoriamente di estrema destra, il che aggiunge un pizzico (per usare un eufemismo) di pepe in più alla sfida.


L’andata è stata l’ennesima dimostrazione di superiorità tecnica del Siviglia, che grazie al gol di Mercado si portò a casa l’intera posta in palio. Adesso il ritorno, al Villamarin: sarà un catino infuocato, più di quanto lo sia normalmente. E menomale che siamo ancora a febbraio: le temperature saranno clementi, non serve aggiungere calor.
Bellissimo articolo.
Articolo bassato sulla stessa e vittimista mitologia betica di sempre stavolta in italino. Ancora col’operación comunque nessuno lo conosca neanche per il nome ( operaio inventato dalla mafiosa familiglia Borbolla sempre atacata al potere della oligarchia spagnola).Amici della nostra Italia… Un pò di serietá non ci verrá mica male invece scrivere le stesse cavolate di sempre in unaltra lingua.