Riscatto cercasi

Ricordo bene il giorno in cui Cristian Tello fece capolino all’aeroporto di Peretola, dal volo diretto Oporto-Firenze. Era un ventisei gennaio decisamente freddo: probabilmente deve essersene accorto lui stesso, lui che è nativo della secca Catalogna costiera. Era, più precisamente, il ventisei gennaio di una decina di mesi fa, e la sessione invernale di calciomercato si avviava verso una blanda chiusura dei battenti. Blanda nel senso che non c’era bisogno di affrettarla poi più di tanto: tra le squadre che lottavano per un posto in cima alla classifica, infatti, l’unica apparsa intenzionata ad inserire qualche tassello in grado di alzare qualitativamente il livello della rosa era stata la Roma di Perotti ed El Sharaawy.

La Fiorentina stessa – rievoco con una certa amarezza tale periodo – aveva portato a termine una sola operazione. Che, con il senno di poi (ma anche con quello di prima), sarebbe forse stato meglio non concludere. Era il ventisei gennaio del 2016, e l’unico predecessore di Cristian Tello in chiave mercato era nientemeno che Tino Costa, rinominato nel giro di pochissime settimane “CostaPoco” dalla sprezzante ironia fiorentina per merito (o a causa?) delle sue (scarse) competenze in mezzo al campo. Credo che ciò possa essere sufficiente per comprendere quanto l’umore dalle parti del Franchi, in quel periodo, non fosse propriamente dei migliori.

È anche per questo motivo, a mio parere, che l’arrivo di Cristian Tello (dal Porto via Barcellona, mica noccioline) non destò poi questo grande entusiasmo. Firenze aspettava un difensore da mesi, e quel 26 gennaio non era altro che il ventiseiesimo giorno di immobilità sul mercato dei difensori: non c’era tempo, per il fiorentino medio, di concentrarsi sull’arrivo dell’ennesimo giocatore offensivo. Ed effettivamente, a pensarci bene, io stesso me ne fregai altamente.

Tello Statistiche
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Allo stesso modo credo che l’operazione Tello sia stata, in queste tre sessioni di mercato vissute sotto la guida tecnica di Sousa, la più condivisa a livello societario. Sia tra Sousa e Pradè, sia tra Sousa, Corvino e Freitas. Nessuno, tra i giocatori portati a Firenze di comune accordo, ha mai goduto di tanta considerazione (tranne Kalinic forse, ma si tratta di un caso troppo diverso per essere paragonato) da parte del tecnico portoghese in quanto a minuti giocati.

Dopo un paio di settimane di naturale ambientamento, Tello fu impiegato per ben sette gare consecutive da titolare. Sette gare in cui, oltre al discreto bottino dello spagnolo, pari ad una rete e quattro assist serviti, la Fiorentina subì una sola sconfitta (Roma 4-1 Fiorentina). Dopodiché un finale di stagione a rilento, mai (tranne che in occasione dell’ultima di campionato, un gol e un assist contro la Lazio in una delle gare più inutili della stagione) protagonista del tabellino di fine gara ed incredibilmente discontinuo.

Ricordo bene quel periodo grazie ad un ripetitivo aneddoto che – l’ho sempre pensato – mi sarebbe rimasto impresso in mente fino all’infinito. Mentre guardavamo la partita, mio padre non perdeva occasione per criticarlo. Era convinto che giocasse soltanto il quarto d’ora iniziale, che si limitasse ad un paio di accelerazioni e che, come per magia, la sua gara finisse lì. Lo vedeva poco dedito alla causa, non propenso al sacrificio ed estremamente inconcludente. Io non osavo ribattere poi più di tanto, sia perché sotto sotto non aveva poi tutti i torti, sia perché spesso e volentieri il momento in cui impazzavano le critiche coincideva spesso e volentieri con il momento in cui la squadra si trovava maggiormente in difficoltà. Però non condividevo pienamente le sue osservazioni, provavo a farglielo capire (invano, credo).

A destra, a sinistra, dietro la punta: a Tello non è mai cambiato più di tanto, perlomeno se presa in considerazione la fase difensiva. Anche per questo motivo, quando a fine maggio capimmo che non sarebbe stato riscattato, nessuno si strappò i capelli. Anzi, c’era addirittura chi ne gioiva. Dal mio punto di vista non era una grossa perdita: aveva dimostrato di avere le potenzialità per rendersi utile a Firenze, ma anche di non avere il carattere per metterle in pratica. Ci ponemmo diverse domande, in quel periodo. C’era chi, ad esempio, si chiedeva come fosse possibile che uno dei migliori talenti saltati fuori dalla Cantera del Barcellona negli ultimi anni potesse stentare a tal punto da non riuscire a trovare una collocazione fissa.

Così come c’era chi si chiedeva che cosa potesse aver visto, Paulo Sousa, in quell’ala destra tutta scatti ed apparenza che lui stesso aveva voluto portare a Firenze. Poi, come in ogni situazione, c’erano i maliziosi: quelli che teorizzavano un ipotetico scambio Bernardeschi-Tello con conguaglio a favore della Fiorentina. Ipotesi che tutt’ora mi strappa un sorriso non indifferente.

Ora, con tutte queste premesse, vorrei tanto sapere chi mai si sarebbe aspettato l’apertura di una nuova trattativa tra il Barcellona e la Fiorentina per lo stesso Cristian Telllo di pochi mesi prima. Nuova, lo ripeto. Che non ha mai avuto niente a che fare con la precedente, sfumata a giugno al momento in cui il club viola fece sapere di non essere ragionevolmente intenzionato a riscattare il giocatore.

Eppure, dopo oltre un mese (ad occhio e croce la negoziazione più lunga dell’estate fiorentina) e dopo miriadi di dichiarazioni d’amore alla città, Tello è tornato. Il che, dato lo stravolgimento della situazione generale, non può che essere paradossalmente visto come un bene. Ho provato a fare uso della logica per spiegare il mio punto di vista.

Se Tello è tornato lo ha fatto perché la società, di comune accordo con l’allenatore, ha voluto imbastire una nuova trattativa. Ergo, Sousa crede in lui. Ergo 2.0, se Firenze crede in Sousa, Firenze deve credere in ciò in cui crede Sousa. Ergo 3.0, per principio di non contraddizione, Firenze deve credere in Tello.

Che, dal canto suo, non potrà certo permettersi, nel corso dei prossimi mesi, di rintanarsi tra le braccia protettive di chi si è sacrificato per farlo tornare. Chi dice di volere Firenze deve dimostrarlo concretamente, così come chi dice di volere qualsiasi città deve dimostrare di meritarla. È naturale e scontato, o meglio, dovrebbe esserlo. Il vantaggio? Tello riparte da zero, sì, ma sei mesi in Italia li ha già passati. Dovrebbero, a rigore di logica, essergli serviti a qualcosa. Ed è proprio su questo aspetto, per come la vedo io, che Sousa ripone la propria fiducia.

Lo spazio, nel 3-4-2-1 della Fiorentina, fondamentalmente non gli è mai mancato, anche e soprattutto per merito di quella versatilità che ne costituisce indubbiamente uno dei maggiori punti di forza. L’impiego come esterno (prevalentemente destro) sulla linea dei centrocampisti è sempre sembrato limitante per uno con il suo estro e la sua rapidità negli ultimi trenta metri, eppure pare che proprio in quella zona di campo Sousa voglia indirizzarlo.

Tello Statistiche (HeatMap)
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Sicuramente sentiremo parlare di Tello durante l’anno, così come ancor più sicuramente sentiremo parlare di Tello a metà maggio, quando il suo futuro dovrà essere definito una volta per tutte. Futuro che potrebbe essere viola, simbolo di riscatto e di affermazione, ma che potrebbe anche mutare in un colore indefinito, simbolo di un’identità non ancora pescata nelle immense profondità del subconscio.

La sensazione è che, a meno di fragorosi colpi di scena, Tello farà di tutto per colorare di viola il proprio futuro. Riscatto cercasi, Cristian Tello. Conviene a tutti.

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