Pietro Nicolodi: Fußball

Sono nato a Bolzano, da piccolo mio papà mi faceva stare in piedi solo il sabato sera e le televisioni tedesche trasmettevano Sabato Sport con tutte le partite e i serviziio li guardavo con una tensione pazzesca, il risultato veniva svelato solamente alla fine e all’epoca non c’erano i mezzi necessari per informarsi in diretta”.

Una questione di cuore portata avanti sin dall’infanzia, il calcio tedesco d’altronde ci sta appassionando sempre più e la crescita degli ultimi anni è solamente la conseguenza di un movimento in continuo divenire. Stasera inizierà la Bundesliga, quale miglior maniera, dunque, per presentare la stagione che sarà – ma non solo – se non quella di dare voce ad uno dei massimi esperti assoluti in materia, Pietro Nicolodi.

 Die gelbe Mauer – Il muro giallo

Consiglio di vivere questo campionato, la Bundes, perchè è divertente, non troppo legato agli schemi, sebbene negli ultimi anni il massimo torneo teutonico abbia perso leggermente quel suo voler segnare ad ogni costo, prediligendo spesso l’aspetto tattico, soprattutto dopo l’arrivo di Guardiola, personaggio che ha influito sia sul Bayern che sul panorama nazionale“. Un campionato vivibile, ammette l’esperto, con un’atmosfera abbastanza tranquilla e contornato da stadi fantastici, ma d’altronde i tedeschi ci hanno ormai superato calcisticamente, grazie soprattutto ad una restaurazione del sistema che pone le basi proprio nell’anno del nostro ultimo trionfo mondiale: “Il vero momento di svolta fu in occasione dell’Europeo del 2004, quando toccarono il fondo, dando vita ad una rinascita basata su un grande lavoro, alimentato proprio dall’esperienza del 2006, anno in cui l’ammodernamento degli stadi riportò la gente a popolare gli impianti. Sul campo, vennero create scuole per allenatori stimolando la loro crescita, focalizzando l’attenzione, in maniera massiccia, sui giovani, creando i presupposti per tornare a competere piuttosto rapidamente. E’ una caratteristica dei tedeschi, partire con zero e produrre molto“.

 Ripartiremo: Schurrle e Goetze.

Li ammiriamo anche per questo, nonostante sia evidente come ci sia stato un radicale cambio di cultura: “La loro scuola ha prodotto recentemente un numero spropositato di trequartisti, e ora manca un vero centravanti, sebbene abbiano sempre avuto giocatori importanti in questo ruolo ( basti pensare a Gerd Muller).  Avrebbero Thomas Muller… ma agli Europei non riesce a segnare; sono andati avanti con Klose per quindici anni, senza produrre nient’altro; ci sarebbe Alexander Meier, non pronto però per un palcoscenico internazionale. Pensare che nel 2006 schieravano Odonkor e Neuville!

Spazio ai ricordi, come quelli che riaffiorano quando la mente torna a quella sera di Dortmund, dove prima Grosso e poi Del Piero lo fecero emozionare: “Una serata che non dimenticherò mai, una delle cose più belle che abbia mai visto, con l’Italia che chiude con cinque attaccanti, non entrava mai quella maledetta palla“. “Sono due Nazionali lontane – se analizziamo quella sconfitta dall’ Italia e quella che invece gli Azzurri li ha recentemente eliminati – con una differenza abissale; quella odierna ha una quantità di giocatori incredibile, la panchina della Germania è superiore a tante altre squadre titolari in giro per l’Europa, hanno tantissima qualità anche se spesso in ruoli comuni“.

Wir sind Weltmeister!

Giusto il tempo di rimembrare momenti così idilliaci, calcisticamente parlando, che subito l’analessi lascia il posto ad una fermentante attualità: il Borussia Dortmund è chiamato ogni anno a riordinare i pezzi per creare una squadra all’altezza. Starà a Tuchel plasmare una formazione vincente? “Non è un compito facile, sono arrivati tanti giocatori, alcuni dei quali da ricostruire, come Goetze e Schurrle, ci sono tanti volti nuovi: lui è bravo, la squadra ha fatto bene anche nella Supercoppa dove ha dominato il primo tempo, ma alla fine, come sempre, hanno vinto gli altri. E’ un interrogativo, hanno molto talento e tanti giocatori, hanno vari  impegni ma non è una sfida semplice, l’ambiente è quello giusto ed è veramente stimolante“.

 E ora, cosa ci faccio con tutti questi trequartisti?

Lo scorso anno tutti ci siamo innamorati del Leicester: la crescita del movimento, gli introiti che aumentano, gli stadi pieni, idee fondate con progetti che funzionano veramente, fanno pensare che il Mainz della passata stagione non sia solamente un exploit destinato a non ripetersi. Probabilmente questi fattori stanno giovando, in proporzione, più alle piccole squadre che alle grandi di Germania, anche se ” è difficile che squadre del genere riescano a spingersi oltre al quinto posto, ma se consideriamo il Borussia Monchengladbach una realtà minore il discorso può allargarsi: non parliamo in effetti di un bacino d’utenza tra i più grandi e ricchi del mondo, ma di una società che con un’organizzazione e una cura dei dettagli straordinaria sta costruendo qualcosa di importante; hanno tre o quattro giocatori che potrebbero essere determinanti in tante squadre sebbene il problema è che a fine anno gli stessi vengano ceduti, come successo poi con Xhaka“. Non è, quello appena citato, un fuoco di paglia: “i tedeschi hanno occhio, vanno a prendere giocatori giovani, pagandoli poco e rivendendoli a peso d’oro, autofinanziandosi per ricostruire la squadra. In un periodo come questo, dove ci sono pochi club che fanno ciò che vogliono, tra cui metterei il Bayern, tutto questo può risultare vitale“. Già, i bavaresi, definiti con ironia da Nicolodi “un’associazione per distruggere le altre squadre“, nonostante “quest’anno abbiano acquistato solamente Hummels, oltre a Renato Sanches, tornato a casa dopo tanti anni, ricominciando la sua avventura nel club della giovinezza“.

 Ricominciare a vincere.

E poi una domanda, da sempre grosso punto interrogativo per molti: Berlino è uno dei centri culturali più importanti d’Europa: perché l’Hertha non è mai riuscito ad imporsi, essendo anche la società della capitale? La risposta è per Nicolodi semplice, almeno in parte: “Hanno un grande potenziale, ma paradossalmente sono l’unica squadra che non riesce a fare il tutto esaurito ogni settimana. La scorsa stagione sono stati protagonisti di un ottimo campionato, quest’anno senza ulteriori rinforzi rischiano di retrocedere – anzi, siamo realisti, ci sono squadre troppo scarse dietro di loro – li ho visti anche contro il Napoli e c’è molto da lavorare“. E perché allora non riescono ad affermarsi? “I loro insuccessi sono comprensibili fino alla caduta del muro – prima era una città depressa, anche la parte Ovest risultava come un mondo chiuso che aveva contatti con il resto del pianeta solo attraverso un’autostrada orrenda e collegamenti aerei – ma crollato l’inutile simbolo divisorio, è cambiato tutto: oggi è un posto meraviglioso, forse troppo bello e ricco di altre cose per occuparsi seriamente di calcio. Negli altri sport, infatti, la città riesce ad eccellere, basti pensare a basket e hockey. Ci sono tanti giocatori cresciuti nell’Hertha e nelle squadre berlinesi: da Boateng a Brooks, fino a Rudiger, ed è strano che siano tutti andati via. Una capitale solo politica, visto che ” le città del calcio tedesco sono ben altre.”

 Perdenti a chi?

Rimanendo sul tema under, lo Schalke 04 sembra aver intrapreso un’idea societaria in linea con la nostra teoria: giovani ed autofinanziamento, poiché dopo aver costruito una squadra con un’ età media decisamente poco alta, hanno venduto Sanè per sostituirlo con Embolo e Bentaleb. Scelte coraggiose ma interessanti, anche se sarà da valutare la resa. “Hanno tradizione e numeri per fare campionati ad alto livello, ma forse sono troppo giovani: prendendo in considerazione gli under-21, non c’è una squadra più forte al mondo, ma a calcio si gioca contro professionisti di tutte le età, con componenti che diventano essenziali come la malizia e la capacità di capire il momento giusto per agire. Hanno una quantità di talenti industriale anche se i risultati ultimamente scarseggiano: la colpa è stata data agli allenatori, ne hanno cambiati tanti, adesso è arrivato Weinzierl, lo scorso anno all’Augsburg dove ha fatto miracoli, riuscendo con quasi niente a giocarsi l’Europa League contro il Liverpool. E’ un tecnico capace, se fallisce anche lui – scherza Nicolodi – vuol dire che c’è qualcosa nell’aria a Gelsenkirchen: potrebbero essere rimasti scottati dai tanti titoli persi negli anni, la nomea di perdenti, ahiloro, c’è, come a Leverkusen d’altronde, un caso più unico che raro, un posto piccolo, abitato dai lavoratori della Bayer, definibile come un sobborgo di Colonia, dove tutti gli anni riescono a fare una squadra fortissima, che pur non vincendo niente, ha molto valore“.

 Bandiere e mascotte.

Ah, le bandiere. Nel calcio ormai tutti seguono la fama ma c’è chi ancora resiste: i tifosi ne vanno pazzi e Marco Reus è una di queste. Lui resiste, ma tanti altri sono andati lontano senza trovare fortuna, forse sta prendendo nota dei fallimenti altrui per non ripetere gli errori dei suoi colleghi? “E’ probabile, anche se Lewandowski segnava venticinque gol al Borussia Dortmund e adesso ne fa trenta al Bayern Monaco. Dipende dove capiti, lui rimane lì volentieri“.

 Shopping poco, ma di qualità.

E’ un campionato vinto in partenza dal Bayern? “Sicuramente sono la squadra più forte, non direi che l’abbiano già vinto in partenza, direi piuttosto che tutto dipenderà dalle prime giornate, dove si cercherà di capire cosa potremmo aspettarci da questo torneo“.

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