Il duende non sta nella gola; il duende sale interiormente dalla pianta dei piedi
Secondo il sublime poeta Federico García Lorca il Duende costituiva una forza, un’energia speciale, il talento artistico che caratterizza i geni in qualsivoglia campo essi operino. Una sorta di fuoco interiore appartenente solo ai grandissimi. Probabilmente il soprannome Duende a Pablo Piatti è stato affibbiato per motivi più elementari (duende significa semplicemente folletto, e ben si addice ad un calciatore alto solo 1 metro e 63 centimentri), ma anche il concetto espresso dal sommo poeta andaluso si adatta alla perfezione al talentuoso fantasista argentino, che il duende ce l’ha eccome e che, salendo dai piedi deve essersi fermato lì, per la gioia dei tifosi dell’Espanyol e di chi sa apprezzare un talento vero su un campo da calcio.
L’esordio del Duende Piatti con la sua prima maglia, quella dell’ Estudiantes de La Plata, ci fa capire che siamo al cospetto di qualcuno baciato da un talento speciale: in un match che sarebbe risultato decisivo per la conquista del campionato di Apertura del 2006, Pablito segna di testa una rete pesantissima in casa del Newell’s Old Boys mandando letteralmente in estasi il suo allenatore, un certo Diego Pablo Simeone che da lì a poche settimane conquisterà il suo primo titolo da allenatore.
Le buone prestazioni con la maglia dei Pincharratas valgono una chiamata nel vecchio continente. Nonostante l’interessamento di club prestigiosi ad acquistare il Plumero (sì, ha un bel po’ di soprannomi, il plumero per la cronaca sarebbe il piumino per spolverare) è a sorpresa l’Almeria. L’aria andalusa e il profumo del mediterraneo evidentemente ispirano Pablito che incanta per ben tre stagioni il pubblico de La Unión, realizzando 20 reti in tre campionati e facendosi sicuramente apprezzare per qualità tecniche e fantasia.
È tempo però di crescere (calcisticamente parlando) e Pablo lo sa. È tempo di lasciare Almeria, che nel frattempo è diventata casa, il luogo dove il giovane Pablito ha anche conosciuto quella che da poco è diventata sua moglie, per provare a lasciare un segno più profondo nel calcio spagnolo ed europeo. Per questo alla chiamata del Valencia non si può dire di no, e Piatti prepara le sue valigie riempendole di speranza e buone intenzioni. Dopo una pretemporada promettente però Pablito non mantiene le attese e presto finisce per perdere il posto da titolare, mentre la stagione successiva va ancora peggio. Pablo gioca pochissimo, e male.
Tutto ciò contribuisce a farlo finire praticamente ai margini della prima squadra e il nuovo allenatore Djukic, all’inizio della terza stagione di Piatti in maglia Che, gli toglie la maglia numero 11 e gli assegna la numero 2: un modo gentile (ma non troppo) per far capire che era ora di togliere il disturbo. Quando sarà Djukic a togliere il disturbo, Piatti inizierà finalmente a prendersi il Valencia, e un gol di testa al Real Madrid beffando Sergio Ramos lo fa entrare definitivamente nelle grazie del pubblico del Mestalla e diventa titolare sotto la guida del Macanudo Pizzi.
Nel 2014/2015 arriva in panchina Nuno Espírito Santo, e finalmente, dopo tanta attesa, il Mestalla può gustarsi il vero Duende Piatti: sette reti, sei assist e un quarto posto finale che lascia presagire un 2015/2016 tutto da gustare per il Valencia e per Piatti stesso. Le cose andranno diversamente: l’annata del Valencia sarà fallimentare e anche Piatti sembra aver perso la magia che lo aveva contraddistinto nella stagione precedente, condizionato anche dal clima di depressione che circonda la squadra.
Il nuovo Espanyol made in China decide di puntare su di lui, l’uomo perfetto da contrapporre all’idolo della Barcellona più celebre e vincente, Leo Messi. Entrambi argentini, entrambi fantasisti, entrambi bassi ma dotati di duende, per tornare all’iniziale concetto lorquiano. Certo, paragonare Pablito all’alieno Leo è eccessivo, ma anche lui ha messo insieme statistiche interessanti: sono già cinque le reti per Piatti, accompagnate da sette assist e da un atteggiamento da leader, da chi vuole portare l’Espanyol nella parte alta della classifica.
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Si vocifera di un forte interessamento dello Sporting Lisbona, ma Piatti non sembra intenzionato a cambiare aria: a Barcellona si sente a casa e il suo duende calcistico è ispirato forse come non mai. Il sogno, difficile ma non impossibile, è quello di tornare a vestire la camiseta della Selección argentina, dopo l’unica apparizione contro la Polonia nel 2011.
Dopo un inizio di carriera tra troppi alti e bassi, che sia arrivata l’ora della maturità per El Duende Piatti? Noi ce lo auguriamo perché lo spreco di talento ci infastidisce e perché, da eterni simpatizzanti per i più deboli, non possiamo che tifare per un giocatore che dal basso della sua statura non ha paura a sfidare i giganti come un moderno Don Chisciotte. Il duende, Pablo ce l’ha eccome: se continua ad esaltarlo come nell’ultimo periodo a noi non rimane che goderci lo spettacolo e a lui non rimarrà che godere dei frutti del suo talento.
Finalmente, aggiungiamo noi.