Pellegrini da derby a derby

Il derby di sabato sera non ha fatto altro che gettare ulteriore benzina su quell’incendio che è la Roma versione 2018/19, per l’ennesima volta in questa stagione Di Francesco si trova messo in discussione e la sua squadra pare totalmente sperduta in un oblio totale.
L’aspetto veramente incredibile di questa imprevedibile annata giallorossa è che, anche in periodi bui, la squadra ha messo in mostra un paio di spunti interessanti e importanti per il futuro della società e, più in generale, del calcio italiano: Zaniolo è l’assoluta rivelazione, ma è Lorenzo Pellegrini a rappresentare l’ultimo appiglio di speranza per la panchina di Di Francesco e per gli obiettivi romanisti.

La trasformazione e la conseguente evoluzione del centrocampista romano sono iniziate con il derby d’andata e sono state la vera forza motrice di tutta la squadra, quel 3-1 ha permesso di svoltare almeno parzialmente e ha senza dubbio allungato il tempo vitale del progetto iniziato dalla Roma la scorsa estate.
In mezzo a mille difficoltà Pellegrini sta giocando il miglior calcio della sua carriera, risultando un centrocampista universale e costantemente in controllo di quello che accade sul campo di gioco: un vero e proprio faro momenti di confusione, che si erge infondendo sicurezza e stabilità anche a tutti i suoi compagni.

L’intuizione

Questo cambiamento improvviso di Lorenzo Pellegrini è in gran parte dovuto alla conoscenza calcistica di Di Francesco: l’allenatore di Pescara si è per la prima volta distaccato in maniera stabile dal suo zemaniano 4-3-3, accorgendosi come un giocatore con le qualità del suo numero 6 potesse rendere al meglio svincolandosi dal ruolo di mezzala e potendo partecipare in maniera più centrale alla manovra offensiva dei suoi.

Pellegrini si è sempre distinto per l’ottima combinazione tra qualità e quantità, rappresentando fin dai tempi di Sassuolo il più classico dei centrocampisti moderni. Il derby d’andata ha però aperto un nuovo universo per quanto riguarda il suo gioco: da allora non ha più compiti in fase d’impostazione ma è diventato a tutti gli effetti uno dei terminali offensivi dei suoi o, all’evenienza, anche un regista offensivo, l’uomo da cui passare per innescare esterni e punte.

Quanto accadde in quella partita non è un’eccezione, ma diventa invece la regola: Lorenzo si è costruito un nuovo ruolo che risulta incredibilmente stabile. Dà l’impressione di aver sempre giocato dietro le punte, agisce con una sicurezza nei suoi mezzi che, fino a quel momento della sua carriera, ancora non aveva mostrato.

Per certi versi il suo è un cambiamento simile a quello subito da Nainggolan nell’ultimo anno di gestione Spalletti nella capitale: un ottimo centrocampista in grado di reinventarsi come un trequartista inusuale ma perfettamente funzionale al resto dell’attacco. L’attacco della Roma non aveva bisogno infatti del classico, statico numero 10 – ogni riferimento a Pastore è voluto -, ma di un giocatore in grado di dare energia alla manovra offensiva e che sapesse sposarsi al meglio con la capacità di Džeko smistare ogni pallone ricevuto.

Se la Roma è in grado, almeno a tratti, di esprimere un buon calcio è soprattutto merito della nuova vita calcistica di Pellegrini nel nuovo ruolo è il primo aiuto al suo centravanti ma anche un altro sbocco per le soluzioni dei centrocampisti, è diventato così la chiave tattica della sua squadra: permette a suoi di non avere un modulo fisso e con il suo grande dinamismo può garantire superiorità numerica in entrambe le fasi di gioco.
È un trequartista moderno, universale sul fronte offensivo: in grado di inventare con la palla tra i piedi ma soprattutto di creare spazi con i suoi movimenti lontano dalla sfera di gioco.

Una nuova mentalità

Pellegrini rappresenta in tutto e per tutto una delle pochissime note positive di una Roma troppo altalenante, mai stabile in questa stagione e spesso sottomessa da avversari che, almeno sulla carta, sembravano assolutamente al livello dei giallorossi.

Solo uno di tanti tonfi stagionali

Sono però periodi come questo, nel calcio ma anche nella storia dell’uomo, a forgiare menti e caratteri forti e sembra essere ciò che sta succedendo al fantasista romano: è come se da settembre in poi avesse cambiato totalmente rotta, uscendo dalla sua infanzia calcistica per entrare nella strada che porta ad un definitiva maturità.
Lorenzo è fiore sbocciato tra le macerie, la principale prova a favore del suo allenatore e del progetto giallorosso che, anche in momenti del genere, riesce comunque ad offrire al mondo del calcio alcuni dei migliori talenti nazionali della loro generazione.

Oltre alle giocate e all’apporto tattico è il suo atteggiamento e linguaggio del corpo a trasmettere un senso di sicurezza e maturità inedito, ha sempre la stessa espressione e lo stesso modo di approcciare la partita, che si tratti di una tranquilla vittoria o di una sonora disfatta.
A Pellegrini va riconosciuta quindi una particolare abilità veramente fuori dal comune: quella di non farsi condizionare da tutto ciò che accade attorno a lui, diventando così in grado di progredire nonostante tutto.

Diventare grandi giocatori significa esserlo soprattutto nell’atteggiamento e nella mentalità, cosa che a Pellegrini sta riuscendo alla perfezione.

Una base su cui costruire

Paradossalmente, i disastri della Roma hanno comunque prodotto un giocatore del quale si avvertiva il bisogno, sia per il futuro dei capitolini che in ottica nazionale.

Per quanto riguarda l’Italia, il nostro calcio non può che giovare dell’esplosione di un interprete che mancava quasi totalmente, un giocatore in grado di mixare alla perfezione fantasia, qualità e quantità, che si sposa alla perfezione con il progetto tecnico inseguito da Mancini. Nel nuovo centrocampo azzurro, basato sul palleggio e su giocatori brevilinei come Jorginho, Verratti e Barella, lui rappresenterebbe un complemento ideale: il collante tra centrocampo e attacco che mancava da troppe generazioni e che nel nostro calcio stava andando da troppo tempo in disuso.
Per certi versi, Pellegrini è uno dei pochi segnali di un calcio italiano che, seppur ancora troppo lentamente ed in ritardo, sta cambiando.

I giallorossi invece, nonostante tutto quello che è successo negli ultimi mesi, sono comunque in corsa su due fronti e si trovano in una situazione non distantissima da quella che ha portato all’entusiasmante epilogo dello scorso anno. Pellegrini da questo punto di vista può essere quella forza in più in grado di spingere i suoi oltre l’ostacolo, un giocatore il cui rendimento non è condizionato dalla baraonda attorno a lui può sicuramente risultare decisivo anche in Europa. Passare il turno in Champions sarebbe un’autentica svolta, l’antidepressivo che permetterebbe di mettere il sorriso ad un ambiente quanto mai demoralizzato.

Lorenzo è quindi il faro che può indicare la giusta via, fungere da esempio a chi gli sta attorno e salvare il salvabile in questa volata finale di stagione. I prossimi mesi saranno fondamentali, oltre che per il resto della squadra, anche per la sua carriera, o meglio per quello che potrà essere lo stadio successivo della sua evoluzione: riuscire a portare, o comunque contribuire in maniera tangibile, all’inseguimento della Roma verso gli obiettivi rimasti vorrebbe dire consacrarsi, raggiungere uno status che lo proietterebbe definitivamente verso la maturità calcistica.

Nell’arco di tempo di un girone di campionato – da derby a derby – Pellegrini ha saputo dimostrare come la qualità tenda sempre a risaltare, anche in quelle condizioni e anche in un campionato come il nostro. Solo il tempo saprà dirci se la sua esplosione è la prima di una moltitudine, o la più classica delle eccezioni.

 

 

 

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