Ha abbattuto muri pesanti, ha restituito all’Italia l’amore per la pallavolo. Paola Egonu è il nostro personaggio sportivo dell’anno: si impone sul Pallone d’Oro Luka Modric, e sul cinque volte campione del mondo di Formula 1 Lewis Hamilton. In una classifica che vede anche Kylian Mbappé con cui condivide l’età (sono nati a pochi giorni di distanza) e un impatto nel mondo dello sport da teenager piuttosto imbarazzante; precedendo inoltre Novak Djokovic, Simona Quadarella, Sofia Goggia, e altri campionissimi del 2018.
Le Ragazze Terribili
Il 29 settembre, appunto, inizia il Mondiale Femminile di pallavolo in Giappone.
L’Italia nel gruppo B sconfigge con un netto 3-0 la Bulgaria all’Hokkaido Prefectural Sports Center di Sapporo. Ci sono 620 spettatori, e sono i primi che assisteranno a una serie di 13 partite mostruose dell’Italia e in particolare di Paola Egonu. È un inizio in sordina, tuttavia, soprattutto a livello mediatico: le azzurre stravincono e convincono in tutte le partite, ma gli appassionati del volley hanno ancora gli occhi puntati in Italia dove si sta svolgendo la Final Four del Mondiale Maschile: non ci sono i nostri ragazzi. I gabbiani, guidati dallo zar Ivan Zaytsev, sono infatti usciti a Torino nella Terza Fase per mano della Serbia e della Polonia, dopo aver stupito nella prima metà del torneo. I giorni immediatamente successivi, con i consanguinei polacchi vincitori dell’iride, sono destinati a momenti di amara riflessione.
L’11 ottobre, tuttavia, la Nazionale Italiana Femminile ottiene la nona vittoria su nove, imponendosi per 3-1 sugli Stati Uniti. A quel punto è l’unico team imbattuto della competizione, e i fusi orari non fanno più paura. Migliaia di italiani si collegano dinanzi alla tv di mattina, le voci su Rai 2 di Andrea “Lucky” Lucchetta e Maurizio Colantoni risuonano ormai familiari. Mentre l’ex pallavolista di quell’Italia indimenticabile degli anni ’90 continua a sfornare neologismi e appassionare spettatori via via più eterogenei con frasi tipo Paola Egonu scarica uno scaldabagno infuocando il campo difeso dalle giapponesi, una delle voci più importanti del nostro sport recente conia una di quelle espressioni che entra nelle nostre menti e risuona forte come il rumore della palla quando batte il parquet, sotto la schicchera di Paola Egonu. Sono Le Ragazze Terribili.

A parte le veterane Serena Ortolani, Monica De Gennaro e Lucia Bosetti, sono tutte ragazze nate negli anni ’90. Elena Pietrini e Marina Lubian sono nate nel 2000, Sarah Farh addirittura nel 2001 e ha appena compiuto 17 anni. Non solo. Otto giocatrici (su 14, più della metà) provengono o hanno militato nel Club Italia, la squadra creata dalla FIPAV (Federazione Italiana Pallavolo) nel 1998 per volere di Julio Velasco che, dopo aver vinto tutto e incantato sulla panchina della generazione di fenomeni di Bovolenta, Giani, Lucchetta e Zorzi, provò a ripetere i successi con la Femminile, arenandosi dopo un anno per la pochezza del movimento d’allora. Ecco, dunque, la nascita del Club Italia per selezionare le migliori talenti della Penisola. È un progetto che 20 anni dopo si può dire perfettamente riuscito, considerando che tra le otto della selezione ci sono il capitano Chirichella, le giovanissime già citate, e soprattutto Paola Egonu. Rileggete, a questo punto, alcuni cognomi: Malinov, Nwakalor, Fahr, Lubian, Sylla, Egonu. È lo specchio dell’Italia del 2018, l’Italia degli immigrati di seconda generazione. Provengono dalla Bulgaria, dalla Germania, dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria.
È un’Italia vincente, giovane, forte, multietnica, cresciuta con un progetto sportivo ventennale. È un corto circuito all’interno del nostro paese regressista che si riempie di odio sociale senza spirito di programmazione.
Il 29 ottobre, quindi, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella le invita al Quirinale: l’evento viene trasmesso in diretta nazionale. Poco importa se dal Giappone sono tornate a casa con l’argento mondiale, sconfitte per la seconda volta nel torneo dalla Serbia di Tijana Bošković e Milena Rašić. La loro capacità di incollare milioni di italiani davanti agli schermi è un’impronta da perseguire non solo nell’ambito sportivo, allungando l’alone di metafore che ogni giorno intreccia sport e società.
A proposito di circuiti. Miriam Sylla, di origine ivoriana, una delle giocatrici più carismatiche sul parquet, eletta miglior schiacciatrice del Mondiale, ci lascerà in dote un’altra di quelle frasi che fanno rumore e un giorno ripeteremo in silenzio, magari sottovoce, estraniandola dal suo contesto perché è una frase soprattutto d’amore.
Noi siamo un circuito. Ci alimentiamo a vicenda. E il mondo intero, che sta dall’altra parte della rete, lo deve sapere!
È l’amore, infatti, che ha guidato Le Ragazze Terribili ad arrivare sul secondo gradino più alto del podio con la rosa più giovane del Mondiale. L’amore per il gioco. E se tutto questo è stato possibile, è senz’altro merito del gruppo-circuito, e del suo allenatore Davide Mazzanti. Un commissario tecnico capace di non creare dissapori interni (lasciando in panchina la veterana, e moglie, Serena Ortolani) e non far saltare la spina a ragazze dall’innata capacità di ruotare su un filo elettrico. Se si dovesse cercare un paragone calcistico, la figura più vicina a Mazzanti è senz’altro quella di Carlo Ancelotti. Un gestore, un alimentatore di leggerezza, un motivatore che non disdegna il sorriso, ma pronto a bacchettare quando serve.
Sarebbe, tuttavia, ingiusto non dedicare qualche parola in più alla stella di questo Mondiale, anche se più volte nelle interviste post gara si è mostrata restia a ogni forma di protagonismo. Un atteggiamento realmente sincero, che ritroveremo più volte in queste righe dedicate al numero 18.
Il Mondiale di Paola
In Giappone, Paola Egonu ha messo a terra 324 punti in 13 partite (media impressionante di 24.9 a partita) frutto di 275 schiacciate, 26 muri e 23 ace. La seconda realizzatrice del Mondiale è stata l’olandese Lonneke Slöetjes a quota 276. Una cifra da capogiro che significa record di sempre della competizione. Di questi 324, poi, ben 45 (con 5 ace) sono arrivati contro la favorita Cina in Semifinale. È il record di punti in una gare del Mondiale. Un match epico vinto 3-2 – seguito da oltre 1 milione di spettatori in Italia – in cui Paola Egonu è prevalsa sulla Zhu Ting, la giocatrice più forte al mondo dell’ultimo quadriennio, catalizzando l’attacco azzurro con il 39% dei punti, sbagliando molto ma rimediando sempre con un sorriso fatale e spiazzante che l’ha contraddistinta nell’intera competizione, specchio di una tranquillità che solo certi predestinati posseggono e hanno la facoltà di mostrare così puramente.
Contro la Cina, infatti, Paola Egonu ha messo in scena tutto il suo bagaglio offensivo attuale con salti futuristici che superavano i 3 metri abbondanti d’altezza, perfetti per le illustrazioni di un manga; attacchi dalla prima e dalla seconda linea, con pipe dall’altro mondo, oltrepassando il muro cinese innumerevole volte, senza rinunciare al mani e fuori – quasi una noia per una giocatrice del genere – indovinando diagonali impossibili da escogitare per chiunque, osando con spregiudicata sfrontatezza. 45 palle a terra che le valgono il record di punti in una singola partita del Mondiale, e che si aggiungono alle prestazioni monstre contro le padrone di casa nella Terza Fase (36 punti) e contro la Serbia in Finale, dove è apparsa sottotono soprattutto nella fase difensiva (suo punto debole, necessariamente da migliorare) riuscendo tuttavia a realizzare 33 punti, la migliore della partita. Match su match, punti su punti, schiacciate su schiacciate, voli su voli. Muri che venivano scardinati e che le sono valsi l’elezione a miglior opposto del Mondiale. Con la medaglia d’oro al collo, avremmo parlato della MVP a mani basse. A 19 anni.
L’argento mondiale è la coronazione del suo 2018 perfetto. Del primo anno solare interamente lontano dal Club Italia in cui è entrata appena tredicenne, impressionando fin da subito. Qui, occorre fare breve una digressione. Paola Egonu inizia a giocare a pallavolo a 12 anni quando la maggior parte delle ragazzine hanno 5 anni di esperienza e devono decidere se continuare o smettere dedicandosi solo allo studio. L’italo-nigeriana, nata a Cittadella, viene iscritta dal padre nella squadra locale perché passava il suo tempo stesa sul divano dopo aver fatto i compiti di scuola: dopo un paio d’anni è già professionista, in quattro stagioni passa dalla B1 alla A1, a 16 anni debutta in Nazionale. Al primo anno nella massima serie realizza 46 punti in una sola partita e 513 in 21 incontri. Ovviamente sono dei record, che si porta dietro da quando è minorenne. Nell’ultima stagione, all’AGIL di Novara si è aggiudicata Supercoppa Italiana e Coppa Italia, in cui è stata eletta MVP, perdendo invece la finale scudetto contro l’Imoco di Sylla, De Gennaro e Danesi.
Senza etichette
Paola Egonu in Giappone, tuttavia, è diventata altro. Forse con suo dispiacere.
Quando si parla di lei, infatti, non è possibile citare il suo solo talento supportato da un fisico (193cm) con pochi eguali. Quel colore nero della sua pelle possiede una tinta sostanziale nella nostra Italia che continua a manifestarsi bianca. Che stenta ad accettare l’evoluzione delle società, e a rispettare il diritto allo spostamento dell’essere umano. La sua pelle nera rappresenta ancora uno shock nell’Italia conservatrice e diventa ben presto la pelle nera di tutti coloro che combattono il razzismo quotidiano, che sia la triste pubblicità dell’Uliveto o la chiusura dei porti. Paola Egonu diventa il nuovo simbolo dell’integrazione, come se in Italia non fosse già esistita la plurimedagliata Fiona May. Ma pochi mesi dopo degli ululati fanno più male della schiacciata di Paola.
Per questo la Egonu rifiuterà qualsiasi etichetta, consapevole che il processo di cambiamento nel nostro paese è finalmente iniziato, ma ancora piuttosto lungo. Si dichiarerà, quindi, più volte afro-italiana, un sentimento duplice che coesiste in quanto inscindibile; ammetterà di essere stata discriminata da piccola a scuola; presterà il suo volto contro la violenza sulla donne; non reciterà mai il ruolo del modello da prendere come esempio. Nonostante abbia deciso di non seguire la famiglia a Manchester per rimanere in Italia a seguire il suo di sogno; nonostante speri, ancora oggi, di diventare avvocato per eliminare le ingiustizie. Non è il suo compito, non è nata per questo.
Paola Egonu è nata a Cittadella per abbattere i muri formati da braccia che si protendono verso un pallone. Per questo motivo al Corriere della Sera – una delle più insipide interviste che abbia mai letto – la sua semplicità nel dichiararsi pure omosessuale spiazza Candida Morvillo, incapace di ispezionarne il talento sublime e il sorriso incantevole. Il sorriso di una predestinata della pallavolo, simbolo di uno sport italiano capace di andare oltre il calcio e anticipare le dinamiche del paese.
Il sorriso di Paola Egonu, venuta al mondo per mostrarci i balzi di un altro pianeta.