…la rinascita passa dalla Champions.
(20/05/2019, finale articolo “Una poltrona per due“)
Rieccoci. Come ve la passate?
Sono passati più di 6 mesi dall’ultima volta che ci siamo fatti sentire e abbiamo ritenuto che fosse giunto il tempo di rifarci vivi, sia mai che qualcuno iniziasse a pensare che avessimo deciso di mollare la presa.
Abbiamo letto diversi vostri messaggi e ci è dispiaciuto non poter rispondere a tutti.
Ci scuserete, non era strafottenza, semplicemente in mancanza di certezze per il futuro abbiamo preferito attendere.
Il momento di ricominciare è però arrivato e quindi possiamo, finalmente, spiegarvi tutto quello che è accaduto e ciò che abbiamo in mente per la nostra nuova vita (o nuovo ciclo, scegliete voi il termine che preferite).
Cos’è successo a Numerosette?
Cominciamo dalla parte più difficile.
Dovete sapere innanzitutto – nel caso in cui non conosceste il mondo delle redazioni online – che, nella maggioranza dei casi, i blog/riviste/magazine come il nostro, sono mossi principalmente – e quasi esclusivamente – dalla passione e dagli interessi nutriti verso la materia trattata. Data questa natura, è facile intuire che si tratti di contesti mutevoli, considerati giustamente hobby da chi nella vita fa comunque altro.
Un po’ triste? Forse, ma, fino ad un certo livello, questo tipo di lavoro non ripaga, ed è sempre meglio chiarirlo prima che qualcuno si faccia strane idee.
I ragazzi più coinvolti in questo progetto si sono ritrovati spesso a fare tarda notte dopo lunghe giornate al lavoro o in università, solo per poter permettere le nostre 2/3 pubblicazioni quotidiane.
Il tutto senza che ci fosse la possibilità di riconoscimenti al di fuori del vostro apprezzamento, era fatto tutto “for the love of the Game”.
Questo, unito alla desolazione di un settore in cui quasi tutti finivano per scimmiottare quei pochi che hanno ottenuto successo, dando una percezione di saturazione incredibile, ha contribuito a colmare il livello di sopportazione di un universo letterario che diventava sempre più meccanico e scontato.
Lungi da noi sottrarci dalle nostre colpe, sia chiaro, ma dopo che ogni lunedì post – campionato, scrollando i feed trovavamo n articoli di n testate diverse simili tra loro, abbiamo iniziato a porci più di qualche domanda.
Fondamentalmente, avevamo cominciato con l’idea di essere unici e diversi, e ritrovarsi a capire di essere la copia sputata di altri è stato come prendere un pugno in faccia. Anche se, forse, la cosa peggiore è stata non riuscire a trovare una soluzione al riguardo.
Fermarsi è stato dunque obbligatorio, non ci piaceva più come facevamo le cose né cosa Numerosette era diventato.
Perché ripartiamo
Perché dunque abbiamo deciso di ripartire?
Anche qui, la risposta necessita di varie argomentazioni.
Innanzitutto siamo dei testardi e pensiamo di avere ancora qualcosa da dire o da raccontare.
Potrebbe apparire presuntuoso, o magari siamo noi troppo ottimisti, ma ci è davvero difficile pensare che il nostro contributo allo sport e al calcio abbia raggiunto il massimo con un articolo sulle qualità di Freuler o sulla grande stagione del Palermo 2009/2010.
Scusateci, ma pensiamo di essere molto di più.
Siamo ragazzi con delle teste pensanti, con delle idee sul complesso mondo che ci circonda.
E se lo sport è uno specchio fedele della società, beh, allora vogliamo utilizzarlo per raccontarla, raccontarci e, perdonate la megalomania, per lasciare un segno.
Esagerato? Sicuramente, ma se no tanto valeva rimanere dove eravamo e continuare a fare quello che facevamo.
Che poi, buoni propositi a parte, a muoverci è sempre quella sensazione di piacere nel vedere un foglio bianco riempirsi di parole, quell’ansia mista a speranza quando il proprio pezzo viene pubblicato. E qui chi ha mai scritto un articolo capirà.
Senza essere troppo sentimentali, questo è quello che ci piace fare e, nonostante tutto, non possiamo pensare di spegnere questa passione così, a comando.
Vogliamo raccontare lo sport, noi stessi e la nostra generazione liberamente, senza seguire strade già asfaltate in precedenza.
Cosa sarà Numerosette quindi?
Bella domanda. Beh, Numerosette sarà un mix di tutto quello che abbiamo detto finora.
Proveremo a raccontarvi la complessa realtà che ci circonda attraverso lo sport e, usando la scrittura come mezzo, vi renderemo partecipi della nostra visione del mondo.
L’idea è quella di fare in modo che, grazie ad una lingua universale come quella sportiva, sempre più giovani esprimano loro stessi e le loro idee. E ci sembra che in questo determinato periodo storico ce ne sia un gran bisogno.
In sostanza, Numerosette tenterà di essere portavoce di una generazione, uno schermo fedele sui giovani d’oggi.
Un’interfaccia complessa e complicata, proprio come i soggetti che la compongono e quelli che la creano.
Una finestra di una gioventù indefinita nel tempo e nello spazio, che fatica a realizzarsi nell’immediatezza ma, allo stesso tempo, è incapace di guardare al futuro con speranza. Il manifesto di quelli nati a cavallo tra l’era analogica e quella tecnologica e quindi inabili a definirsi pienamente in una delle due.
Una generazione incapace di trovare definizione in qualcosa senza essere definita inferiore o superficiale, perchè lontana da ideologie o sottoculture.
Una gioventù che ha nel calcio e nello sport due dei pochi punti di totale definizione, oltre che due dei pochi momenti di collettività in una società che ci porta sempre più alla polarizzazione e all’individualismo.
Il numero Sette, appunto: l’indefinito nel definito, ovvero, nel calcio, colui che non è un attaccante ma nemmeno un centrocampista, colui che si estranea sulla fascia, per poi ritornare nel vivo del gioco quando conta.
Il Sette, colui che esce dagli schemi, colui che è un misto, colui che spesso si perde, per poi ritrovarsi e riperdersi un’altra volta.
Colui che esplode giovane, longilineo, dribblomane e velocissimo, ma che non si vede da qui a 10 anni, perché “ehi lo scatto oltre i 30 è più lento”.
Colui che non trova riferimenti nel mondo, che si rispecchia nelle parole malinconiche di XXXTentacion ma anche nelle melodie allegre di Jovanotti.
Colui che sta in mezzo, indefinito tra l’euforia e la depressione, tra il baratro e il paradiso, tra un ”era meglio prima” e un ”avete rovinato questo Paese”, tra il tutto e il niente.
Il figlio di una generazione rappresentata benissimo dal numerosette per eccellenza, George Best, con l’unica differenza che lui l’indefinito l’ha scelto.
Noi ci siamo nati dentro e proveremo a raccontarvelo.
Ci vediamo il 2 dicembre.