Nicolò Barella, su piccioccheddu de Casteddu

L’entroterra cagliaritano è un posto nel quale è facile perdersi, specialmente se sei forestiero, vieni dal continente e stai facendo pratica con s’isula, l’isola che più di tutte corrisponde alla voce del verbo “splendere” sia nei pregi che nei difetti.

Perso tra i comuni che circondano Cagliari, quasi a formare uno scudo protettivo sulla città del Sole, lasciando alla sella del Diavolo il compito di osservare il mare, si trova Sestu. Qui inizia la storia del piccioccheddu, il ragazzino simbolo del futuro e sempre più certezza del presente: Nicolò Barella. Nato, cresciuto e innamorato di Casteddu e della sua Sardegna, che difficilmente lascia e della quale difficilmente sa fare a meno.

Lui è cagliaritano dentro, non tanto per esserci nato venti anni fa, quanto per aver tatuato sul cuore fin da otto anni il simbolo della società che fu di Gigi Riva. Proprio Rombo di Tuono, capitano di quel Cagliari che, con il Tricolore sul petto, fece integrare ancor di più la Sardegna nel contesto italiano, dà il nome alla scuola calcio in cui Barella ha mosso i primi passi. Ed è andata bene…

Figurarsi che in famiglia spingevano affinché diventasse un giocatore di basket, passione non rinnegata visto il nome del suo cane, LeBron. Ma non fatevi ingannare, nella mente di Nicolò c’è sempre stato il pallone da calcio, quello con cui si divertiva a palleggiare fin da piccolo, dimostrando che tra il Poetto ed Elmas sarebbe potuta nascere una nuova stella.

Ho incontrato Daniele Cortis, direttore generale della scuola calcio “Gigi Riva”, la più antica d’Italia, all’epoca istruttore nella stessa. E ricorda…

Era piccolino, me lo ricordo bene, era biondo e innamorato del pallone, sempre a calciarlo. Aveva caratteristiche diverse da quelle con le quali si è affermato.

Il talento, si sa, non basta, ma questo non sembra essere stato un problema nel suo processo di crescita.

Uno dei punti di forza è stata la famiglia che lo ha sempre aiutato senza essere invadente: anche Nicolò è sempre disponibile, passa spesso a salutarci e si intrattiene con i bambini. Il suo cuginetto giocava qui fino allo scorso anno, adesso è andato al Cagliari, e lui veniva spesso a vederlo allenare. Ci parlo spesso, mi auguro che la società costruisca un progetto serio, lui è legato al Cagliari.

Umiltà e professionalità, riesce a spiccare in qualunque palcoscenico: dal Sant’Elia – quella che ormai è casa sua – fino a San Siro, Barella non si farà trovare impreparato. Volete dargli la fascia di capitano della Nazionale – under per adesso, naturalmente – e lui sarà pronto. Come quando, dopo aver fatto tutta la trafila delle giovanili, il 14 gennaio 2015, Gianfranco Zola – profeta in patria e mai dimenticato da quelle parti – lo schiera titolare nel giorno del suo esordio, in Coppa Italia contro il Parma. Emozione doppia, perché accanto a lui gioca il capitano, Daniele Conti: il modello da seguire per chi è cresciuto nel Cagliari degli ultimi anni.

Una vita, calcistica e umana, legata ai simboli di Cagliari: Riva, Zola, Conti. Gente che è saputa entrare nel cuore dei cagliaritani come vorrebbe fare Nicolò, per il quale è arrivato anche un rinnovo fino al 2021, con la speranza di farne una bandiera che possa sventolare con l’arrivo del Maestrale.

Il suo idolo è Del Piero, il suo modello è Stankovic, il suo presente è un posto da titolare nella società che lo sta valorizzando, dandogli fiducia, ripagata con prestazioni da incorniciare. Sarà perché odia perdere, ma Barella è intenzionato a far suo il ruolo che si è conquistato nel centrocampo di Rastelli.

La parentesi, nella seconda metà della scorsa stagione, al Como, per andare a giocare con continuità, sarebbe potuto diventare il momento dell’affossamento, ma si è rivelato il giusto trampolino per prendersi la maglia numero 18: 1141 minuti in campo, l’orgoglio che ogni domenica mette in campo, e la stima dei compagni e dell’allenatore, dai quali è ben voluto e non si risparmiano mai quando c’è da cullare il piccioccheddu.

Ha sempre vissuto a Sestu, prima di trovare l’amore, trascorrendo il tempo libero nella città che si sta abituando a considerarlo in pianta stabile tra i titolari: ma da quelle parti nessuno aveva dubbi, Nicolò è sempre stato il vanto di casa.

La grande considerazione lo ha accompagnato nel suo processo di crescita, senza mai farlo scomporre, senza mai fargli perdere quei valori con i quali è cresciuto e nei quali si identifica.

Non è facile resistere alle tentazioni, alle chiamate delle grandi squadre ma d’altronde, un mare così perfetto, c’è solo a casa sua. Dobbiamo trovargli una pecca? Il gol, quello manca all’appello, ma non in Nazionale: e difficilmente si dimenticherà di quella gioia, arrivata in rovesciata, perché il 16 aprile 2013 se lo è tatuato sulla pelle, per non dimenticarsi mai una delle tappe fondamentali della sua carriera.

Non solo calcio, Nicolò Barella è implacabile anche a scalineddu, gioco di carte sardo: chiedere a Bruno Alves, che ne ha fatto le spese.

Ma torniamo al campo, quel rettangolo verde dentro al quale Nicolò ha costruito parte della sua vita. Le sue doti sono sotto gli occhi di tutti, così come la sua crescita che le ha messe in luce esaltando quelle caratteristiche talvolta acerbe ma solide. Il suo punto di forza è la duttilità, utile sia davanti alla difesa che sulla trequarti, completo da mezzala, ruolo nel quale si è affermato con Rastelli. Il fisico, certamente non imponente, ma in linea con le sue caratteristiche gli consente di far già la differenza in mezzo a giocatori formati, grazie a: tecnica, visione, ritmo e tempo d’inserimento.

Inizialmente schierato dietro alle punte, come nella prima giornata contro la Roma, dalla gara contro la Juventus, Barella è stato arretrato nei tre centrocampisti centrali, sul centro-sinistra, zona di campo in cui ha potuto mettere in mostra anche buone percentuali di passaggi riusciti, venendo meno in fase di conclusione, anche se le occasioni sono arrivate, come nella gara di San Siro contro il Milan, quando Donnarumma si è disteso evitandogli la gioia per la prima rete in Serie A.

Gif conclusione di Barella contro il Milan

Sempre a giro per il campo, sapendolo coprire con naturalezza e facendosi trovare pronto quando il pallone naviga dalle sue parti: destro, sinistro e 321 passaggi completati su 393, con una percentuale dell’ 81,6%, un dato già alto, ma migliorabile, analizzando i rischi delle giocate verticali, talvolta azzardate, simbolo di forte personalità, e delle costanti incursioni (con, e senza palla al piede). Deve ancora crescere, come scritto, dal punto di vista finalizzativo: undici conclusioni, solamente quattro in porta; e i dati riguardanti i contrasti, con soli ventinove su quarantadue completati, che calano vertiginosamente, per la sua propensione al movimento offensivo, a un 69% che perdoniamo a un talento di venti anni.

Sono solo numeri, come quel diciotto stampato sulla maglia del suo Cagliari: sopra, la scritta “Barella”; dietro, una crescita esponenziale e l’acerbità da lasciarsi alle spalle; davanti il futuro, i suoi sogni e il mare che, baciando la città del Sole, dove Nicolò cerca di splendere, indica l’orizzonte, colorato di verde con un puntino giallo, quel bambino biondo che insegue pallone e non vuol incontrare scogli. Solo onde, da sfruttare per andare avanti.

Per la sua gente, per la sua gloria.

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