Come dicono molti, non si vive solo di ricordi. Ma proprio il passato, proprio questi ricordi, ti permettono di comprendere il presente e ti dicono chi sarai in futuro, quindi a volte è giusto andarli a ripescare.
E allora: siete pronti a tornare nel passato?
È la primavera del 2004-2005, caratterizzata da un caldo infernale, e quattro ragazzi come potevamo essere anche noi si apprestano ad iniziare un viaggio di circa 6o km, un viaggio che porterà con sé il sapore di un sogno. Per Alessio Romagnoli tutto è partito da quel caldo pomeriggio.
Dal campo spelacchiato della Polisportiva San Giacomo, quartiere a nord di Nettuno, città anche di un grande campione giallorosso come Bruno Conti, Alessio e gli altri tre compagni di squadra si recano a Trigoria. Proprio MaraZico, come viene soprannominato il Campione del Mondo ’82, nota quel giovane ragazzino, talmente bravo che giocava ben quattro anni sotto leva.
Quel caldo pomeriggio primaverile, nei prati giallorossi, lasciò tutti a bocca aperta. “In quel primo allenamento tutti gli occhi sono andati subito su Alessio, aveva doti fuori dal comune e non solo calcistiche, ma anche di personalità e maturità. Sembrava di vedere in campo un ragazzo di 16 anni già formato e non un bambino di 9 anni“. Questo è quello che affermò l’allora direttore sportivo del San Giacomo, Giuseppe D’Agostino.
Ed ecco che, da queste parole, da quei primi calci sui campi di allenamento di Trigoria, per l’astro di Nettuno iniziò una favola strepitosa.
L’avventura nella Magica prende il via negli esordienti, per poi arrivare fino ai Giovanissimi Nazionali dove, sotto la guida dell’aereoplanino Montella, raggiunge la finale scudetto a Chianciano Terme, guardacaso contro il Milan che incrocerà un po’ di anni dopo nella sua strada.
Ma il giovane di Nettuno è forte, veramente forte, tanto da bruciare tutte le tappe; nel giro di pochi anni si ritrova in pianta stabile nella Primavera di Alberto De Rossi.
L’ascesa di Alessio prende un’importante accelerata nel 2012-2013, stagione in cui – sotto la guida del boemo Zeman – entra stabilemte in prima squadra. Per lui, allenarsi con campioni come Totti e De Rossi, che fino a qualche anno prima vedeva solo attraverso uno schermo, è già una grande conquista, è già un sogno. Sapendo però che, prima o poi, arriverà anche il suo turno.
Piano piano il suo talento cristallino conquista tutti e – così pare – anche il “freddo” Zdeněk. In allenamento mostra tutti i suoi punti di forza, tecnica in primis: il ragazzo classe ’95 è dotato di un ottimo mancino, con il quale è capace di effettuare precisi lanci verso i compagni; un altro punto di forza è il colpo di testa, caratteristica imprescindibile per un difensore. Tutti questi fattori non passano inosservati nemmeno quando, a pochi passi da lui, campioni già affermati, mostrano da anni la loro arte calcistica. Tant’è che molti addetti ai lavori lo paragonano a Marco Materazzi, proprio perché anche lui, come l’ex difensore interista, nei momenti di difficoltà si fa sentire. Forse meno di Matrix, certamente compensando con un piede sinistro più educato.
La favola di Alessio volta pagina pochi mesi dopo.
All’Olimpico, in Coppa Italia contro la Dea, inizia a svegliarsi da quel sogno, ma stavolta non è mamma Gianna che lo chiama: sono i cori della Curva Sud che incitano a gran voce i giocatori giallorossi, tra cui anche lui. Con il numero 46 sulle spalle, quello del pluri-campione di motociclismo Valentino Rossi, assoluto idolo di Alessio, ora ha una grande responsabilità: guidare e difendere la retroguardia della Roma.
Il ragazzo di Nettuno, legatissimo alla sua terra d’origine, ha spiccato il volo, impreziosito anche dal primo gol tra i professionisti contro il Genoa, in una partita di rara importanza per le sorti capitoline.
L’avventura a Roma, dopo soli due anni, sembra però essere giunta al capolinea. Alla uscio di casa si presenta la Sampdoria intenzionata, soprattutto in virtù dell’interesse di Siniša Mihajlović, a portarselo a ridosso delle montagne e del Mar Ligure.
Nella Superba esplode definitivamente, la sicurezza che garantisce nelle retrovie non è più una novità. Diventa così un leader assoluto della retroguardia blucerchiata e un punto fermo degli undici titolari, assolutamente inamovibile dalla testa di Siniša.
La stima di Mihajlović si rivelerà molto importante anche per il futuro prossimo. Infatti, è proprio ancora grazie al tecnico serbo – innamorato calcisticamente dal giocatore – che approda a Milano, sponda rossonera, la stessa in cui ha giocato un altro suo idolo: il grande Alessandro Nesta.
Le idee di Alessio Romagnoli sono state sempre molto chiare, come dimostrano anche le sue parole appena sbarcato a Linate: “Vale mi fa morire e sono un suo fan pazzesco, ma se potrò prenderò il 13 che aveva Nesta“.
Con l’ombra di Nesta alle spalle ed il numero che indossa tuttora sulle spalle, dà ogni volta che scende in campo sempre anima e corpo per i suoi compagni, per i tifosi e soprattutto per la storia che rappresenta indossando la pesantissima casacca rossonera.
Non è da tutti giocare nel Milan, e lui lo sta facendo nel migliore dei modi, nonostante le difficoltà che comportano piazze esigenti come Milano, nonostante la sua giovane età, perché è giusto ricordare che ‘l’astro di Nettuno’ ha solamente 21 anni ed è – anche all’ombra della Madonnina – uno degli indiscussi leader della difesa milanista.
“Questo ragazzo farà strada”
Pietro Salvini, allenatore ai tempi dei pulcini del San Giacomo
Credo proprio che a Nettuno, oltre agli astri nascenti, ci siano anche delle sfere di cristallo. O, forse, semplicemente delle persone che capiscano di calcio.
Alessio Romagnoli, è davvero lui il futuro del calcio italiano, tanto difensivo quanto bisognoso di nuove certezze?