Che cos’è poesia? Una forma d’arte, sostanzialmente. Allargando i nostri orizzonti – come piace fare a noi – simboleggia ogni cosa. Il sorriso di un bambino, le sue prime parole, il canto di un usignolo che risuona in una soleggiata giornata primaverile, il connubio birra-Champions League e via discorrendo.
Poesia è libertà, capacità di esprimere le proprie emozioni, trasmettere un messaggio. Quando vogliamo trasmettere qualcosa, impugniamo la penna e ci spogliamo di ogni sentimento imprigionato: ci sentiamo vivi, liberi, pieni di vita.
Così fa Özil.
Özil è poesia. Un talento imprigionato dalla sua pigrizia tattica, da un carattere non proprio delizioso: provate ad allenarlo. Il tedesco è il tipico poeta a cui non puoi imporre schemi ritmici, non puoi: solo quando sarà realmente pronto, estrapolerà una poesia degna del miglior Hemingway. Ma se gli metti pressione, non ne trai vantaggio. E’ un poeta silenzioso, che parlerà in campo: quando vuole, però.
Del resto la poesia non va sforzata, ma aspettata. E’ un sentimento naturale e trasparente, profondo come il distacco che separa Liverpool e Sunderland, che regala emozioni: Özil deve essere lasciato libero di esprimersi, redimersi, impugnare la penna. E quando la impugna, beh, è libidine pura: difficile fermarlo.
La poesia di Özil si rivelerà bellissima, limpida, libera dalle catene, che ha conosciuto tanti giorni di prigionia: Mesut non ha mai espresso la sua poesia in maniera totalizzante e continua. Wenger lo rimprovera come un figlio, consapevole della dose di talento con cui lavora quotidianamente: il talento va coltivato, lo diceva Hernan Crespo, disperderlo sarebbe un peccato capitale per il calcio.
E nel calcio moderno, uno come Özil serve come il pane.
Ravviva un gioco immerso nei complessi tatticismi – nonostante la Premier non abbondi di componenti tattiche – e nella spropositata fisicità che danneggia talvolta lo spettacolo. Certo, proprio lo spettacolo non manca nel campionato inglese, ma un giocatore come Özil spacca le partite, delizia la platea e non solo: è come quella poesia che rifiuta le leggi metriche e ragiona in una concezione oziliana sorretta dal motto “non mettetemi fretta, vi sorprenderò quando meno ve l’aspettate“.
Allora andiamo a scrutare questa filosofia oziliana e i suoi capisaldi.
1. VELOCITA’
Velocità di pensiero: pensare la giocata in una frazione di secondo. Pochi giocatori dispongono di una dote così preziosa, una pepita da far brillare. Guardare con la coda dell‘occhio il possibile varco e, tac, realizzare la giocata: Özil rende il gesto così semplice e poetico, naturale come accendere la luce. Lui la accende in ogni calciofilo e amante del romantico, del poetico, del brivido.
2. TECNICA
Premessa: puoi essere poetico sino al midollo, ma senza la tecnica necessaria non raggiungi lo scopo. Serve la giusta dose di qualità e Özil non può certo lamentarsi: chiaro, la tecnica non è da tutti. E’ come una penna: tutti possono averla, pochi possono scrivere in maniera indelebile.
La calligrafia è una dote per un numero esiguo di scrittori, tra cui Mesut, che trova nel suo sinistro una penna dalla cartuccia inesauribile con cui dipingere e scrivere giocate impresse nella storia del football.
3. THINK DIFFERENT
Pensare differente. Questo il diktat del poeta oziliano, mai banale e originale: un no-look o colpo di tacco per Özil ha la stessa valenza del cucchiaio per Francesco Totti. E’ una tentazione troppo forte, un qualcosa di differente, che trascende il semplice assist per il compagno.
E’ difficile da spiegare, più semplice da capire. Allora vi mostriamo il tipico esempio di poesia oziliana: think different. Basta una giocata semplice, ma diversa.
4. SENTIMENTO
Pensi alla giocata, magari diversa dal solito, intuisci lo spazio e poi? Beh, ci vuole sentimento. Quella giocata la devi sentire profondamente, ne devi essere totalmente convinto: sarà l’animo a spingere il pallone nei piedi o nella testa di un compagno, non il piede.
Anzi, si formerà un panismo dannunziano tra l’intelletto, il piede e l’anima: il poeta deve percepire una vibrazione che lo spinga a slanciarsi.
Velocità, tecnica, pensiero fuori dagli schemi, sentimento: come sarebbe la versione definitiva della giocata oziliana? L’abbiamo vista recentemente, contro il Ludogorets.
I commenti sono superflui: una poesia va vissuta, permeata nella propria pelle, goduta.
Signore e signori, siamo giunti alla fine di questa immersione poetica nell’universo di Mesut Özil dominato da libertà, incostanza, bellezza, trasparenza. Tutte caratteristiche di un poeta eccezionale e silenzioso, come una fiamma che non arde mai abbastanza.
Özil è così: prendere o lasciare. Potrà sparire dalla partita per 70 minuti e al 71′ ti inventa la giocata illuminante.
Poesia sua, regole sue: basta che non smetta di farla e il calcio ringrazierà.