Me lo dijo una gitana

Mano, tocco, suono: la murga è appena iniziata ed Avenida Boedo è piena di colori. Si è messa il vestito elegante – a suo modo – Buenos Aires, ospitando eclettici personaggi che sfilano sopra la pelle cittadina. Provo a farmi largo tra coloro che sono lì solamente per osservare, magari danzando, trascinato dai movimenti all’unisono dei ballerini all’interno del corteo. Intorno, la città sta in silenzio, anch’essa intenta a godersi lo spettacolo: i negozi sono chiusi e solamente le insegne rimangono illuminate, così come le strade, pullulanti di vitalità in una tipica serata argentina. A lato c’è una zingara, con le carte in mano e gli amuleti a fianco, pronta per predire il futuro ed appoggiata con i gomiti su tre assi di legno, intrecciati con della corda per formare un approssimativo tavolino. Mi ritrovo davanti a lei, insieme ad altre due persone: una vestita di azzurro, l’altra di granata.

Me lo dijo una gitana, me lo dijo con fervor, me lo disse una zingara, me lo disse con fervore. Glielo disse una zingara. Insistendo animatamente. Quello sarebbe stato il loro credo, coltivato da quando stipularono un accordo morale con El Ciclòn. Un matrimonio in cui nessuno chiede niente in cambio all’altro, dove ci si limita solamente a dare amore, come nelle relazioni più pure ed eque. La hinchada, la tifoseria, e gli undici giocatori con la camiseta azulgrana, uniti in un patto eterno, redatto nel fulcro del barrio de Boedo. Lì, dove padre Lorenzo improvvisamente diventò santo, almeno per loro.

Buenos Aires, barrio de Boedo: murales rappresentante “la murga y el carnaval”

Vengo dal barrio de Boedo, barrio de murga y carnaval, già nei loro storici canti resiste una congiunzione con il territorio: perché sostenere il San Lorenzo de Almagro non è ordinaria amministrazione, ma un vero e proprio genuino modo di esistere e vivere le avventure. E perché la tifoseria del San Lorenzo, la terza per numero di tifosi in Argentina, è sicuramente prima in tutti gli altri campi. A detta anche di chi, da quelle parti, viene considerato un Dio. El Dìos.

Essere del San Lorenzo è ritmo, prima di tutto. Poi anche spensieratezza, mischiata ai vizi più disparati dell’uomo. La Gloriosa Butteler, la curva che presiede El Nuevo Gasómetro, è una istituzione. Nel vero senso della parola. Perché quando promuovi una legge, lo sei.

Buenos Aires, barrio de Boedo: murales raffigurante Lorenzo Massa. Tenetevi ben a mente il suo nome.

Ma prima di passare alla politica, facciamo un salto in chiesa. O meglio, intanto camminiamo per le strade di quello che oggi è l’odierno barrio de Boedo: non ci sono macchine, neanche le insegne illuminate che anni dopo avrebbero osservato le murgas. C’erano sicuramente alcuni ragazzi di colore, uniti dalla passione per il pallone: si divertivano a giocare, sfidando gli altri quartieri. Loro erano Los Forzosos de Almagro, i forti di Almagro. Già, ma con il passare del tempo la carreggiata divenne un luogo ostico per farsi valere: aumentarono i tram ed i bus in circolazione, a tal punto che un giorno uno dei ragazzi venne investito. Fu allora che il prete di quella zona, Lorenzo Massa, offrì loro – che in cambio si impegnarono a seguire la messa ogni domenica – il cortile del suo oratorio in Calle México per disputare le partite. Nacque da questa opportunità il presupposto per la creazione del San Lorenzo de Almagro, che prese vita l’1 Aprile 1908: “San Lorenzo”, in onore del padre e del Santo, “De Almagro”, aggiunta voluta da Federico Monti – uno dei più talentuosi del gruppo – in virtù della zona nella quale si erano sviluppati.

Buenos Aires, barrio de Boedo: padre, figlio ed il “Gringo” Scotta

Tra i primi giocatori anche Luis Monti, fratello di Federico e successivamente calciatore della Juventus, convocato anche dall’Italia per i Mondiali del 1930: la loro famiglia aveva infatti origine italiane e possedeva una carboneria proprio vicino all’oratorio di Massa.

Da quell’Aprile ormai così remoto, gli argentini hanno conquistato quindici campionati, una coppa nazionale, una Copa Libertadores ed una Copa Sudamericana, oltre ad altri trofei, internazionali e non. Ci eravamo lasciati all’istituzione, La Gloriosa Butteler, ma più in generale ai tifosi de El Ciclón, soprannome coniato negli anni ’30 a causa del modo di attaccare della squadra, veemente e coinvolgente come un ciclone. Sostenere il San Lorenzo vuol dire prima di tutto essere creativi, farlo incondizionatamente e senza smettere mai: i cori, i colori e l’icona di questa tifoseria sono una pietra miliare del calcio. Una capacità di inventare riconducibile a quella di un bambino, puro e senza troppe sovrastrutture. A loro basta invece il loro amore, il loro Amore.

Buenos Aires, Boedo: murales rappresentante il palmares del San Lorenzo de Almagro

Ma non è tutto oro quello che luccica e, negli anni della dittatura, l’oro esistente fa troppa gola a chi comanda: un qualcosa di prezioso divenuto forse scomodo. Fine anni ’80, epoca del Mondiale di Argentina: nel mezzo, Jorge Rafael Videla, colui che sarà incriminato per omicidio contro l’umanità per l’uccisione dei desaparecidos. E gli sconti non vengono fatti neanche alla storia del San Lorenzo, che in quegli anni versa in condizioni economiche critiche. Il terreno dove sorge El Viejo Gasómetro, l’impianto storico nato nella zona dell’oratorio di Lorenzo Massa, viene acquistato ad una cifra bassissima e rivenduto all’azienda Carrefour, che lo trasforma in un centro commerciale, nonostante i tentativi da parte degli azulgrana di evitare il misfatto e rimanere in quella che loro chiamano la terra santa.

Niente da fare, inizia un pellegrinaggio che porterà la dirigenza a costruire il Pedro Bidegain, ovvero El Nuevo Gasómetro, nel 1993, situato in un quartiere che non ha molte differenze con Boedo. Quindi, serve una svolta. I Cuervos – appellativo rivolto ai preti ed affibbiato anche al San Lorenzo a causa delle sue origini – non demordono: dopo essere usciti dalla crisi, finanziaria e sportiva, danno vita ad una simbolica rivolta. “Volvimos a Boedo“, chiedono nelle loro manifestazioni. Torniamo a Boedo, torniamo a casa.

Coreografia dei tifosi del San Lorenzo: l’immagine parla chiaro

Ne nascono coreografie, dibattiti e manifestazioni – come quella dell’8 Marzo 2012, quando in Plaza de Mayo scendono oltre centomila persone – che defluiscono nella decisione della giunta comunale: la Ley de Restitucion Historica, varata con cinquanta voti favorevoli e zero contrari. Perché si sa, El Ciclón, quando arriva, non ti avverte. Passa, prende e porta via. E a te non resta che rimanere lì, fermo, ad osservare una delle più autentiche ed elettrizzanti realtà calcistiche del fútbol argentino: quella di Boedo, quella del San Lorenzo de Almagro.

Il passaggio fondamentale è quello riguardante l’unione tra una persona e la propria passione: nel caso del calcio, inoltre, quest’ultima è mossa dalla fede, perché il lato appassionato osserva ed applaude il bel gioco, ma la differenza viene fatta da quel brivido che ci assale quando ad essere protagonisti sono i nostri colori. Soprattutto perché molto spesso esso equivale alla felicità, sebbene momentanea, poiché il calcio è uno di quei luoghi in cui, un secondo dopo, tutto appartiene al passato ma dove, ricordando il passato, si riesce talvolta ad essere più felici. Sensazione probabilmente tipica e comune questa se si passeggia a Boedo, il barrio in cui appena giri l’angolo puoi trovarti davanti una leggenda dei Cuervos. Non troverete la dicitura “olio su tela” con allegate le relative dimensioni, come sui libri scolastici, bensì un concentrato di arte e fantasia legate dal pennello alle emozioni grazie alla mano passata su un qualsiasi muro o bandone.

Buenos Aires, barrio de Boedo: guardate un po’ chi vi saluta

Luoghi in cui anche il socio numero 88235N-0 del club sarà passato: adesso, quando si affaccia alla finestra, dal suo Stato ne ammira un altro. Una vista che nella mente di Jorge Mario Bergoglio, qualche mattina, potrebbe suscitare alcune domande: quello là in fondo è il Colosseo o il Gasometro? Gladiatori o Cuervos, poca differenza.

Vai San Lorenzo, ora devi vincere, come ogni anno, io vengo per incoraggiarti. Siamo malati, cosa possiamo fare? Il mio unico rimedio è quello di rivederti. Molte parole, un unico concetto, ritmato dai tamburi con una melodia creata anche dalle voci. Impossibile non ballare, agitare la mano e sentirsi per un attimo uno di loro. “Da quando sono nato, insieme al Ciclón“, cantano sulle note di Despacito: ogni canzone, ogni suono è ottimo per ricamarci sopra un momento di amore per la propria squadra. Ed è forse questo il loro segreto, quella forza che li fa essere unici nel loro genere.

Me lo aveva detto quella vecchia gitana, la tua fede andrà oltre la normalità: d’altronde basta analizzare il motto della curva per comprendere il senso e la dietrologia che sorreggono il matrimonio ideale già citato. “Te alentaré cuando menos lo merezcas, porque será cuando más lo necesites“: ti incoraggerò quando meno te lo meriti, perché sarà quando ne avrai più bisogno.

Yo soy Cuervo hasta que me muera.

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