Una mano aperta e l’altra a pugno chiuso.
Mauro Icardi è appena atterrato dopo un imperioso stacco di testa. Non uno di quelli che servono a dar noia al difensore, a giocar di sponda con Brozovic, a deviare i corner avversari. Stavolta Maurito ha attaccato il pallone a tutta velocità per fare goal, e ha deciso di indirizzare la sfera lì dove nessuno avrebbe potuto intercettare un destino segnato. Rete.
Una mano aperta e l’altra a pugno chiuso. Sono 50, in neroazzurro.
Cinquanta in 100 partite: andatelo a dire ad un attaccante che i numeri nel calcio non sono importanti. Per i numeri 9 come Icardi questo significa 1 gol ogni 2 partite, tradotto in termini più semplici una tassa da pagare troppo spesso per le squadre avversarie.
Il gol, quella sfumatura che spesso conta più di ogni altra cosa nel calcio, Maurito ce lo ha nel sangue, e lo si è capito ben presto. Perché se la tua prima rete in serie A la realizzi a 19 anni contro il Genoa e indossi la maglia blucerchiata, allora molto probabilmente la “Dea bendata” ti ha già baciato in fronte, lasciando il segno.
Più che un segno, la pesante etichetta di “bomber”, quella che tanto esalta e tanto spaventa i numeri 9 come Mauro Icardi. Il ruolo dell’attaccante è davvero infame, perché se segni fai il tuo lavoro mentre se non lo fai, meglio che cambi mestiere. Per adesso Icardi non ha avuto di questi problemi: 10 gol l’anno del debutto nella massima serie, 9 il primo anno all’Inter, capocannoniere con 22 reti la stagione passata e 14 cartellini timbrati fino ad oggi. Eppure ci hanno provato a togliergli, o perlomeno a fargli sbiadire quella maledetta etichetta. “Icardi irriconoscibile”, “Maurito si è fermato”, “Dov’è finito Icardi?”, questi erano i titoli più gettonati ad inizio stagione. Ma Maurito a 23 anni è già capitano dell’Inter, sa cosa significa metterci la faccia e fa la voce grossa: “Se mi arrivano i palloni segno…” dichiara ai microfoni dopo la solita sfumatura decisiva dipinta contro il Bologna. Le scuse sono per i pivelli, per coloro che non sanno prendersi le proprie responsabilità. Andate a dirglielo voi.
I numeri, quei numeri di cui parlavamo prima, confermano che quella dell’attaccante argentino non è di certo un’attenuante, ma un dato di fatto: i 14 gol della stagione corrente arrivano da 25 tiri in porta, troppo pochi per un attaccante. Queste cifre parlano chiaro e gli rendono giustizia, perché parafrasandole ci fanno capire che Icardi gonfia la rete ogni 1,7 tiri. Una media mostruosa. Pensate ad un difensore che si trova davanti Mauro vestito di neroazzurro. Non puoi concedergli nulla, o quasi. Perché se sei fortunato la prima gli va male, ma sappi che la seconda, invece, sarà sempre quella buona.
Cinquanta volte le mani alle orecchie, ad ascoltare l’urlo di una Nord che prova a criticarlo ma che viene smentita ogni due partite. Una Nord estasiata sin dalla sua prima sfumatura in maglia Inter, contro la sua vittima preferita che guarda caso coincide con i rivali più odiati dal suo nuovo club: la Juventus. Una Nord infastidita dalla sua vita troppo “social”, dal triangolo con Wanda Nara e Maxi Lopez, passando per il matrimonio con la showgirl e arrivando alla nascita di Francesca, la sfumatura più importante della sua vita. Tutto questo a 23 anni, troppo pochi per un ragazzo che dovrebbe pensare solo a giocare e segnare. Andatelo a dire a Mauro Icardi.
Maurito con questo traguardo ha sorpassato leggende del calibro di Mazzola e del più recente e indimenticabile Diego Alberto Milito, argentino come lui. Allora forse c’è poco da criticare, soprattutto se all’Inter stai facendo bene tanto da essere capitano, soprattutto se una volta su due fai esultare i tuoi tifosi, soprattutto se fai tutto ciò e ancora hai un’intera carriera davanti.
E’ingenuo, forse ancora bambino, ed in effetti nessuno lo vedrebbe a fare il padre e il capitano dell’Inter se non lo conoscesse. Ingenuo, bambino, come quegli amici che tutti abbiamo avuto, che al campetto del tuo paese stavano in disparte e ogni tanto chiedevano “Me la passate la palla, per favore?”. Non gliela davano quasi mai, ma quando succedeva quel bambino puntualmente segnava. Così Icardi. Ha dimostrato a tutti che la palla è meglio che arrivi a lui.
Tanto una volta su due la mette dentro. Anzi, ad essere più precisi, 50 volte su 100.