Nella famosa Metamorfosi di Franz Kafka, si racconta di un uomo, Gregor Samsa, che una mattina si sveglia e scopre di aver assunto le fattezze di uno scarafaggio. Il racconto è un ottimo esempio della poetica e della visione del mondo di Kafka, in cui il destino dell’esistenza individuale è in mano a forze oscure e inconoscibili che operano in maniera assurda e imperscrutabile sulla vita degli uomini.
Molte persone, sportivi e non, nel corso della loro esistenza, possono subire delle metamorfosi: tutto, a un certo punto, può cambiare, e vi è il rischio che non ritorni più come prima.
Questo è successo, in parte, anche al giocatore che avrò modo di raccontarvi: Mattia De Sciglio.
Facciamo, però, un gradino per volta.
Mattia inizia all’oratorio di Santa Chiara e a San Francesco di Pontesesto, una frazione di Rozzano, nella periferia milanese, dove scopre una passione, il pallone che, da quel momento, non mollerà più. Le prime scivolate su un rettangolo verde le compie, nel 2001/2002, con la maglietta dei pulcini del Cimiano, squadra satellite del Milan e, nel giro di pochi mesi, fa intravedere le sue qualità.
Mattia ha un sogno, apparentemente gigante ma, perché no, realizzabile: vestire la maglia del Milan, squadra del cuore della mamma e del nonno, la stessa del suo idolo: Paolo Maldini.
Mattia ha ben in testa un obiettivo e, si sa, quando vuoi una determinata cosa, e inizi a combattere per vederla realizzata, prima o poi, ce la fai. Infatti, in pochissimi mesi, quello che solamente un anno prima poteva sembrare impossibile, inizia a tramutarsi, come una vera e propria metamorfosi, in realtà: i dirigenti del club rossonero, dopo averlo osservato in alcune partite, decidono di portarselo nel settore giovanile a soli 11 anni.
Nessuno regala nulla a nessuno, e questo De Sciglio lo sa bene perché, nella vita, si è dovuto, con tanto impegno e fatica, guadagnare ogni cosa. Tutto è capitato all’improvviso, in un battito di ciglia, così come la scalata dello stesso calciatore che, una volta arrivato nella primavera rossonera, dopo soli due anni, si è ritrovato in pianta stabile in prima squadra, alla corte di Massimiliano Allegri.
Il debutto nel calcio che conta arriva il 28 settembre del 2011, a soli 18 anni, contro il Viktoria Plzeň nei gironi di Champions League e, proprio in occasione del match di ritorno con la stessa squadra, scende in campo da titolare.
Dalla periferia milanese, alla Champions League. Tutto è possibile, basta volerlo. Almeno per De Sciglio è sembrato così…
Da questo momento inizia la vera favola per il giovanissimo terzino. E come ogni favola, ci sono degli imprevisti.

“Me la ricordo molto bene quella partita. Eravamo già qualificati, ma in una grande competizione come la Champions non bisogna mai fare brutte figure. Ero molto teso, era la mia prima partita dal primo minuto in prima squadra. Era un giorno che avevo sempre sognato. Ricordo che non avevamo fatto una grande partita, ci eravamo fatti rimontare due gol e infatti alla fine Allegri era molto arrabbiato. Nonostante questo, però, è stata una giornata molto bella”.A Milan Channel dopo il suo esordio.
In Nazionale, oltre a dimostrarsi molto solido in difesa, si mostra anche in versione assist-man.
Vero, Mario?
“È vero, all’inizio della carriera sembravo un predestinato. Ai giovani capitano spesso le difficoltà, anch’io ho vissuto un periodo no, per gli infortuni e per altri motivi poi ho lavorato con Stefano Tirelli, un preparatore che è anche mental coach. Ho ritrovato la felicità e la gioia di vivere fuori dal campo, così sono tornato a dare il meglio anche in partita. Non era una vera depressione, ma so che quel rischio esiste. Ora sono tornato”.
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