È il simbolo della rinascita Blues, l’amuleto di Conte. Insieme a Victor Moses rappresenta l’emblema della filosofia “contiana”, che da sempre predilige le prestazioni sul campo e l’abnegazione tattica rispetto a nomi di grido. Gioca chi ha gli occhi della tigre, chi ha fame di dimostrare il proprio valore e non ha paura di sacrificarsi per la squadra, chi non è nato imparato ma ha dovuto lavorare molto per arrivare in un top club. Non a caso il neo allenatore del Chelsea non si è fatto nessun problema a mandare in panchina gente come Fabregas, Willian e Oscar per lasciare spazio alla classe operaia, Alonso e Moses appunto, rischiando di attirare numerose critiche in caso di insuccessi.
L’allenatore italiano sembra però aver avuto ragione ancora una volta: da quando lo spagnolo è diventato titolare, il Chelsea ha vinto tutte le 7 partite, concedendo un solo gol e realizzandone 19. L’unica sconfitta è arrivata in Coppa di Lega contro il West Ham, guarda caso proprio quando il terzino spagnolo non era in campo. Finora Marcos Alonso si è dimostrato il miglior acquisto del mercato estivo.
Ho lavorato tanto per diventare un giocatore importante in un club come questo. Ora sono felice di poter dare una mano ai miei compagni e non vedo l’ora che arrivi la prossima partita. Se continueremo a giocare così, con questa intensità, con questa energia, sarà difficile batterci.”
Dopo un inizio con più ombre che luci, l’ambientamento dell’ex viola si è completato col passaggio al 3-4-3, modulo “gasperiniano” col quale riesce ad esprimere al meglio le sue potenzialità in qualità di esterno sinistro. Lo spagnolo è oramai un giocatore completo, grazie alle sue abilità di corsa partecipa attivamente sia alle manovre offensive che difensive, garantendo il giusto equilibrio alla squadra.
Il numero 3 è diventato indispensabile per il suo allenatore, che non lo sostituisce più, nemmeno a gara in corso. L’interpretazione del ruolo di esterno sinistro è fondamentale per il successo di questo sistema di gioco, ci vuole una grande intelligenza tattica per capire dove posizionarsi in ogni situazione, quando abbassarsi o quando alzarsi. Tutto ciò Marcos lo sa fare benissimo. Come da lui ammesso, ha frequentato una delle migliori scuole del mondo.
Quello italiano è un campionato molto competitivo, c’è un grande lavoro sull’aspetto fisico, l’attenzione alla posizione e la tattica. Penso sia grandioso per un difensore giocare in Italia. E’ come quando uno dopo l’Università va a fare un master. La Serie A è un master per i difensori. Ho fatto due grandi stagioni in Italia, sono diventato un giocatore migliore e più maturo mentalmente, mi sono dovuto abituare a fare l’esterno. La maggior parte delle volte sono stato utilizzato come tornante nel centrocampo a 5, ma a volte ho fatto anche il centrale sinistro di difesa.”
In fase offensiva lo spagnolo si propone continuamente, a differenza di Azipilicueta, allargando così le difese avversarie e liberando Hazard da un asfissiante raddoppio di marcatura. Ebbene sì, la rinascita del numero 10 è anche merito suo.
Avere la copertura di Alonso alle spalle mi permette di concentrarmi maggiormente sulla fase offensiva, ho più libertà con o senza palla e sono più pericoloso per le difese avversarie” ha riconosciuto il folletto belga.
La spinta continua di Marcos costringe le ali avversarie ad inseguirlo, per non lasciare la difesa in inferiorità numerica, così facendo si stancano molto e perdono parte della loro pericolosità offensiva. D’altronde è difficile seguire uno che corre più di 10 km ogni partita, senza fermarsi mai: gli avversari dovrebbero farsi prestare un motorino.
Inoltre fornisce una soluzione in più per lo sviluppo della manovra, è efficace sia nell’uno contro uno sia nei cross, difatti ha già contribuito con gol e assist ai successi dei Blues.
In fase difensiva Alonso rientra in modo da formare una difesa a 5, garantendo un’efficace copertura: ricordiamo, un solo gol nelle ultime 7 partite di Premier.
Eppure in molti avevano storto il naso al suo arrivo, 23 milioni di sterline erano sembrate francamente troppe per un calciatore che non aveva ancora dimostrato nulla. Cresciuto nelle giovanili del Real Madrid, dopo aver debuttato in prima squadra neanche ventenne, viene svenduto dalle Merengues, che non vedono in lui un futuro Galactico. Il ragazzino è quindi costretto a trovarsi una nuova squadra, ma non si perde d’animo, e nel 2010 si trasferisce al Bolton, dove rimarrà fino al 2013. Ancora una volta, come già successo in Spagna, anche oltremanica nessuno decide di puntare su di lui. L’ex canterano sceglie allora di tentare un’avventura italiana con la maglia della Fiorentina.
Now we are ready for Italy #puma http://t.co/Mmp9JtLbXg
— Marcos Alonso (@marcosalonso03) July 2, 2013
Inizialmente anche nel Bel Paese le cose non vanno troppo bene: Marcos non trova spazi e decide di tornare in Inghilterra, questa volta al Sunderland. Dopo un’ottima stagione i Black Cats vorrebbero trattenerlo, ma lo spagnolo non è uno che si arrende facilmente, non si accontenta del “posto fisso” e vuole dimostrare di potersi giocare le sue possibilità nella Fiorentina. Nel 2014 torna a Firenze deciso a convincere il tecnico Vincenzo Montella a dargli una chance. Missione compiuta, il tecnico napoletano gli affida una maglia da titolare per gran parte della stagione. L’ex Real diventa un punto fermo della squadra, tanto da far innamorare Antonio Conte, che fa di tutto per portarlo con sè a Stamford Bridge.
Il tecnico sa che per far ripartire il Chelsea dopo un’annata più che deludente, ha bisogno di gente come lui, tenace ed affamata. Oltre ai campioni per vincere c’è bisogno della classe operaia, c’è bisogno di gente come Marcos Alonso.