Cittadella Calcio: una società modello

Forse non tutti sanno che la piccola e fiera Cittadella, protagonista di antiche battaglie ed eroici cavalieri, annovera una menzione storica nella Divina Commedia di Dante.

Nei pressi di Porta Padova, rivolta verso l’omonima città, incontriamo la Torre di Malta, fatta costruire nel 1251 dal tiranno Ezzelino. Si diffondono vere e proprie dicerie e leggende riguardo alle torture immani e sevizie di ogni tipo inflitte ai prigionieri. Gli episodi di cruda violenza sono così efferati da portare Dante a collocare Ezzelino da Romano nel Primo Girone del Settimo cerchio (Inferno), tra i violenti contro il prossimo. Sarà condannato dal Poeta fiorentino a vedere il proprio corpo immerso nel sangue bollente per l’eternità.

Così il Poeta fiorentino:

Piangerà Feltro ancora la difalta

de l’empio suo pastor, che sarà sconcia

sì, che per simili non s’entrò in malta…

Cittadella dall'alto |numerosette.eu
Veduta aerea del borgo medievale di Cittadella

No, non il discorso motivazionale che mister Venturato recita ai suoi giocatori nel tunnel che, dallo spogliatoio, conduce al manto erboso del Tombolato.

Se pensate che quella descritta sopra possa essere la giusta penitenza per un giocatore indisciplinato siete fuori strada. C’è di molto peggio. Per esempio il proibizionismo per Nainggolan…

Ad ogni modo, a proposito di poeti; ritornando al presente c’è qualcuno che, dalle parti di Sitadèa, è, a tutti gli effetti, considerato come tale: Roberto Venturato. L’uomo dal carattere mite ma plasmato dalle sferzate del vento australiano è il principale artefice della rinascita sportiva del Cittadella Calcio. Tra sogni proibiti, schemi di gioco machiavellici e moduli appassionati, proveremo a delineare il profilo di uno degli allenatori più interessanti del panorama cadetto. Allenatore di una società dalla storia bizzarra che, a detta sua, è diventato tecnico per caso.

Una nuova squadra di calcio per Cittadella

Una mondo piccolo quello di Cittadella. Abitata da 20.000 persone, risulta essere la realtà calcistica più piccola della serie B. Ma qui, in quella che per tutti è la Città Murata – il centro storico presenta un camminamento di ronda tra i più conservati d’Europa – a contrapposizione tra comunisti e cattolici è stata la base da cui partire per la costruzione di quello che oggi conosciamo come Cittadella Calcio.

Angelo Gabrielli presidente del Cittadella |numerosette.eu
Il compianto presidente del Cittadella Angelo Gabrielli

Il Cittadella calcio nacque nel 1973 dalla fusione di due squadre locali, l’Unione Sportiva Cittadellese e l’Olimpia Cittadella. La fusione si dimostrò essere l’unico modo per evitare il fallimento economico di entrambe le società e fu voluta dall’allora presidente dell’Olimpia Angelo Gabrielli. Al momento della fusione la Cittadellese militava in Prima Categoria e l’Olimpia in Promozione. L’accordo fu siglato il 21 giugno 1973 e inizialmente la convivenza unificata fra i due ambienti non fu facile, a causa della natura dei due sodalizi. La Cittadellese infatti era la squadra dei comunisti, l’Olimpia invece di ispirazione cattolica. Non a caso fu molto accesa la rivalità fra le due compagini e i loro rappresentanti.

L’abilità manageriale prestata al mondo calcistico

Se i tifosi del Cittadella posso vantarsi di vedere la squadra della propria città giocare da anni e stabilmente nel campionato cadetto, il merito è di Angelo Gabrielli.

Di professione faceva l’industriale, nel 1954 ha fondato un’azienda siderurgica che oggi è la seconda in Italia, con 1.300 dipendenti e un fatturato di 800 milioni. L’imprenditore gentile, così veniva chiamato Gabrielli, è sempre stato descritto come un uomo mite e generoso, ben voluto da tutti, sia nell’ambito sportivo che in quello imprenditoriale. Nonostante le avversità e le critiche nel porsi al di sopra delle fazioni politiche, specialmente negli anni 70, gli va dato merito di aver sempre creduto nella realizzazione del Progetto Cittadella, dimostrando una perseveranza e un’abilità manageriale invidiabili.

Ma forse la più grande abilità dell’industriale nato a Covolo di Pederobba è sempre stata la visione a lungo termine e il senso del rispetto verso gli altri. Impossibile dimenticare, da quelle parti, come sia riuscito nell’intento di applicare al calcio le linee guida proprie del suo lavoro: chiarezza nella scala di comando e senso di appartenenza. Chiamato affettuosamente Signor Angelo dai suoi compaesani venne così descritto, dall’ex allenatore Ezio Glerean (due storiche promozioni dalla C2 alla B con il Cittadella), il giorno della sua scomparsa nel 2009:

Un educatore. Voleva arrivare a primeggiare, ma soprattutto teneva ai comportamenti. Per lui vincere la Coppa Disciplina o conquistare il campionato o la salvezza aveva lo stesso valore. Noi spesso riuscivamo a mettere insieme tutto.

Ezio Glerean Cittadella | Numerosette Magazine
Ezio Glerean e il suo innovativo 3-3-4

Dalla nascita a oggi (con due sole eccezioni) la presidenza è sempre stata in mano a un Gabrielli. Passata da Angelo ai due figli Piergiorgio e Andrea, che nel 2009 ha preso l’eredità del padre, che nel frattempo era tornato alla guida della società nel 2002, riportandola in Serie B.

L’uomo mite venuto dall’Australia: Roberto Venturato 

Sembra il segno del destino che a prendere le redini del Cittadella sia stato proprio un tecnico come Venturato. Nato ad Atherton (Australia) nel 1963, figlio di emigranti veneti, torna in Italia e inizia la sua carriera da calciatore. Appese le scarpe al chiodo a 31 anni, dopo una carriera passata nelle categorie inferiori, finalmente abbraccia la sua grande passione: fare l’allenatore.

La gavetta sarà lunghissima. Le prime esperienze da allenatore non gli permettono di portare il pane a casa. Decide quindi di affiancare al suo lavoro una seconda occupazione, più precisamente da promotore finanziario. Quando farà il grande salto dalla Lega Pro alla Serie B nell’annata 2015-2016, col Cittadella, smetterà di dedicarsi al doppio lavoro per affrontare con tutte le sue energie l’esperienza coi granata.

Col senno di poi, e senza necessariamente essere tacciato di sensazionalismo, non credo di poter essere condannato per eresia se paragono Venturato a Sarri.

Entrambi forgiati da anni di esperienza nei più dimenticati spogliatoi di periferia, dimostrano quel senso di umiltà e studio spasmodico delle tattiche più astruse che hanno un non so che di nostalgico. Un sapore di calcio antico, fatto di lavoro, sacrificio, gioco di squadra. Aspetti che sempre più faticosamente riescono a ritagliarsi il loro spazio nel calcio moderno.

Venturato e il Cittadella: un binomio inscindibile |nuumerosette.eu
Tutta la concetrazione dell’allenatore del Cittadella Venturato

La differenza principale forse sta proprio nel carattere. Focoso, passionale, estremamente vivo e sincero quello di Sarri. Mite, riflessivo e pacato quello di Venturato. In comune l’idea che la parte sana del calcio nulla abbia a che vedere con Social Network, televisione o sceneggiate in campo.

L’importanza della tradizione

Che Venturato non avesse il carattere di Mourinho si era capito immediatamente dopo il suo sbarco a Cittadella, nell’estate del 2015. Ma se da un lato il suo carattere presentava già il pregio della riflessione e della pacatezza, è indubbio che l’essersi rapportato ad un contesto familiare e di provincia, come quello di Cittadella, abbia contribuito a creare una simbiosi benefica per tutti. Al suo arrivo Venturato ha trovato due mentori come il direttore generale Marchetti e il figlio di Angelo Gabrielli Andrea, alla presidenza. Entrambi si sono fatti eredi della volontà del defunto patron del Cittadella di continuare ad amministrare la società nel solco tracciato precedente.

A Venturato non pareva vera la possibilità di applicare la propria idea di calcio ad una società che lo appoggiava in tutto e per tutto. Questa sua breve intervista, rilasciata a Repubblica l’anno scorso, penso sia emblematica dell’importanza del rispetto delle regole e della tradizione propria del contesto cittadella:

È il calcio di base, quello in cui devi far rendere al meglio ogni singolo giocatore guardandolo in allenamento, cercando di capire. Il nostro è un calcio votato al dominio del gioco, al controllo della partita, non a caso tiriamo in porta come nessuno in B. Giochiamo di squadra, collettivamente, difendiamo in undici, corriamo bene, sappiamo sempre cosa fare. Merito dei ragazzi che ho, molti dei quali mi conoscono dallo scorso anno e sanno cosa voglio”. “Vince la competenza ed è giusto che sia così, succede in tutti i campi ed è bello che accada anche nel calcio. Vincono le idee, le società solide, l’intelligenza di persone e ambienti come il nostro, in cui nessuno chiede la luna, ma solo un bel pomeriggio di caldo.

Il Cittadella e i suoi tifosi |numerosette.eu
Coreografia dei tifosi del Cittadella.

Il calcio è un gioco semplice

Squadra molto corta, dove imprescindibile è la difesa a 4. il Cittadella di Venturato si caratterizza per la volontà di imporre sempre il suo gioco. Indipendentemente dall’avversario da affrontare, la squadra impone il suo ritmo alla partita fatto di fraseggi brevi e incursioni dei terzini sulle corsie laterali. Venturato chiede a Benedetti e Ghiringhelli continue sovrapposizioni per arrivare il più spesso possibile sul fondo e crossare in area per la coppia Finotto-Scappini. La regia di centrocampo è affidata al veterano Iori. Capitano, giunto alla sua quinta stagione in Veneto è il leader di questa squadra nonché chioccia per i più giovani dall’alto delle sue 36 primavere.

La giovane età della squadra fa si che Venturato possa applicare un calcio estremamente offensivo supportato da un’ottima tenuta atletica dei suoi giocatori.

Cittadella 2018 2019 | Numerosette Magazine

La parola d’ordine dell’allenatore del Cittadella è giocare semplice. Una frase che ricordo ripetuta all’infinito dal mio allenatore quando anche io calcavo i capi di periferia. Il gioco del calcio ha una miriade di varianti tecnico-tattiche ma le soluzioni vincenti sono sempre le più classiche. E così il suo Cittadella, da quando è tornato in cadetteria nel 2016, esprime un calcio semplice ma dannatamente pragmatico. Sono banditi il concetto di catenaccio e contropiede. Il condottiero Venturato pretende di veder i suoi uomini giocare a calcio divertendosi e mantenendo intatto il sistema di riferimento valoriale proprio della società granata.

Un’ultima riflessione

Il Cittadella è ancora prima di essere un club una grande famiglia. Perché ancora più della qualità tecniche o agonistiche, quello che conta, nel calcio così come nella vita, è il rispetto dell’avversario e l’umiltà. Nelle gesta di Venturato e i suoi ragazzi riecheggia così il desiderio di un grande Cittadella che era proprio dell’indimenticabile e indimenticato Angelo Gabrielli. Il suo spirito è vivo e continuerà a vivere in tutti coloro che, con orgoglio e passione, decideranno di vestire la casacca amaranto, rendendo la figura del Signor Angelo ineluttabile anche all’inesorabilità del tempo.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.