Si è presentato in sala stampa di venerdì, giornata inusuale per questo tipo di appuntamento se la gara di campionato è in programma la domenica. Tutti sapevano lo scopo di questo incontro pubblico: sancire, per la prima volta e in prima persona, l’addio con Firenze. Un momento triste, un epilogo che sarebbe potuto essere evitato se le intenzioni di società e calciatore fossero combaciate: o meglio, se l’accordo economico fosse stato trovato. “Loro hanno offerto il 25 per cento in meno ma non mi cambiava la vita, è stato il modo. Prima viene la persona. C’è stato un anno di tempo e nessuno mi ha chiamato. Io ringrazio Andrea Della Valle ma ci sono rimasto male“: non è una questione pecuniaria, bensì di atteggiamento e stile.
La sala stampa all’interno della pancia del Franchi si riempie, avvenimento non da poco viste le recenti morie durante le conferenze di Sousa, prive di contenuti e piene di tensioni: a sedere, in ultima fila, si mettono anche Borja Valero (“Sarà lui il futuro capitano, è il Sindaco“), Tello, Cristoforo, Maxi Olivera e Vecino. Arriveranno anche l’allenatore portoghese ed il suo staff, tra cui il vice Victor Sanchez ed il collaboratore Nacho Torreño. E nel brusio che anticipa l’intervista entra Gonzalo, vestito di quel viola che ormai porta sulla pelle ancor più dei tatuaggi che ricoprono il suo corpo. “Vuoi iniziare te?“, gli sussurra l’ufficio stampa. L’argentino si sistema, guarda tutti negli occhi, con lo sguardo sincero ed il cuore in frammenti, emozioni rare visti gli ultimi mesi non certamente facili attraversati dalla Fiorentina.
“È un momento difficile, domenica sarà l’ultima mia partita in viola e devo ringraziare tutti per questi 5 anni. Grazie a Pradè e Macia che mi hanno portato a Firenze, in una grande squadra e città, ai compagni, a Montella e a tutta la gente che lavora dentro la Fiorentina, sempre disponibili e col sorriso. Grazie a Paulo che è grande allenatore che mi ha dato la fascia. È stato un orgoglio e ringrazio tutti i compagni, è stato un piacere giocare con voi (dice rivolto ai compagni presenti, ndr), grandi persone e gruppo. Vi auguro il meglio perché lo meritate. Grazie a tutta la città che mi ha aperto le porte e dispensato amore, mi ha dato la possibilità di avere una famiglia e un figlio – nato qui – e che sempre qui ha imparato a rispettarmi e a donarmi affetto, dentro e fuori dal campo. Grazie mille, tiferò Fiorentina per sempre e non mi voglio dimenticare nessuno, staff medico e magazzinieri che voi non vedete ma lavorano tantissimo”
Mentre parla si ferma, forse ripensando a quello che ha trascorso in quella città e con quella maglia, prima di interrompersi a metà, quando si parla di affetti, contenere le lacrime e accennare qualche altra parola. Poi il silenzio, la commozione e le parole strozzate in gola da un puro pianto d’addio.
Uno dei momenti che professionalmente e umanamente parlando è difficile dimenticare.
Non capita tutti i giorni. Specialmente al giorno d’oggi, tempo in cui i calciatori sono divinizzati, elevati ad esseri intoccabili separati dalla realtà da un velo di onnipotenza. Un muro sgretolatosi in pochi secondi, quelli in cui Gonzalo si prende l’applauso dei presenti mentre riprende le forze per proseguire nel suo discorso.
“Ai tifosi mando un saluto, mi hanno dato sempre rispetto, hanno cantato il mio nome, e quello è bello per un calciatore. Quando sono arrivato non pensavo fosse così bello… e mi hanno messo nell’undici di sempre“
Risponde a tutti, su tutto. Qualche sassolino da togliersi ma anche ricordi e rimpianti. Il capitano rock ha posato la chitarra e ha iniziato a cantare: anzi, a parlare. “La porti un bacione a Firenze”, dirà già dal prossimo anno. La città in cui ha conosciuto la propria fidanzata, quella che ha dato i natali a suo figlio, quella in cui si era fatto ben volere in campo e fuori, quella in cui aveva trovato spazio per dedicarsi alla sua seconda passione, la musica, suonando insieme ad alcuni membri dello staff viola e partecipando anche ad alcuni eventi di beneficenza. Tutto il resto sono oltre duecento presenze, venticinque reti ed asado cucinato a più riprese per i compagni.
Infine dal fondo della sala si alza una voce, quella di un giornalista speciale: prende la parola Borja Valero.
“Hai dimostrato sempre, dall’inizio, dentro lo spogliatoio e fuori, di essere un grande uomo e capitano. In bocca al lupo per tutto, ti vogliamo un sacco di bene“.
Seguono applausi, applausi ed ancora applausi. Poi Gonzalo si alza, saluta ad uno ad uno i presenti, prima di lasciare per la penultima volta la pancia del Franchi. Domenica contro il Pescara il capolinea.
Buena suerte, Capítan.