Il calcio era il mio sogno. E i sogni si conquistano con i sacrifici.
Luca Toni è un ragazzo arrivato tardi nel grande calcio e, da quest’ultimo, sempre visto con diffidenza. Insieme ad un bagaglio statistico impressionante si è da sempre trascinato il disprezzo e l’incomprensione degli esteti calcistici, incapaci di cogliere le sue qualità preferendogli i classici funamboli “tutto fumo e niente arrosto”. Poco male, Luca ha sempre risposto sul campo, togliendosi praticamente ogni tipo di soddisfazione. Poco male se nella bacheca conta “soli” 5 trofei – tra cui un mondiale da protagonista, non proprio poco – . Poco male se la sua carriera si conclude con una retrocessione, quando ha seminato amore dovunque sia andato, o quasi.
Sul suo conto si è detto tutto e il contrario di tutto, croce e delizia di chi recita il ruolo del protagonista. Si è detto che chi apprezza Messi non può apprezzare Luca Toni, perché il primo è il calcio, il secondo un approfittatore.
Niente di più falso. Luca Toni, a modo suo, è un’ interpretazione del gioco del calcio, è l’infinita ripetizione del magico momento in cui si gonfia la rete e si esplode dentro. È la disperazione di chi si ritrova a marcarlo per 90 minuti e sa che non potrà rilassarsi un attimo. È la glacialità sotto porta che nemmeno le primavere sono riuscite a portargli via.
Luca non ha mai avuto paura di rimettersi in gioco, perché in area di rigore non si è mai sentito vecchio. Non ha avuto paura di scendere di categoria nel 2003, quando la sua carriera sembrava dover decollare. Non l’ha avuta 9 anni dopo, nel 2012, rimettendosi in discussione come comprimario nella sua Firenze, rinunciando ai milioni qatarioti.
Deve fare uno strano effetto tornare a casa e sentirsi trattare dall’opinione pubblica come un giocatore finito. Tanto strano quanto segnare davanti al pubblico che più di tutti lo ha amato e capire di avere ancora tanto da dare. Risvegliarsi da un sonno troppo lungo, a 35 anni, e riscoprirsi ragazzino.
La Fiorentina rimarrà sempre un suo grande amore, ma quella riscoperta sensazione di spensierata giovinezza lo costringe a lasciarla una seconda volta per volare, o meglio ricominciare a farlo, a Verona sponda Hellas.
In Veneto Luca raggiunge l’apice della sua ventennale carriera, ancor più che nella prima esperienza viola che gli ha portato una scarpa d’oro e un mondiale. A Verona Toni si impone sulla logica che lo vorrebbe fisiologicamente meno letale ed abile, rifiutando il declino ed ergendosi ancora una volta a protagonista. Nella città scaligera segna 42 gol in due stagioni, laureandosi capocannoniere nell’ultima, nove anni dopo l’ultima volta, in coabitazione con Mauro Icardi. È l’ultimo acuto dell’uomo, per eccellenza, al posto giusto al momento giusto. La storia recente parla invece di una stagione iniziata male e proseguita peggio, nella quale Luca riesce comunque a mettere a referto 6 gol, l’ultimo ieri sera contro la Juventus. Non ci sono rimpianti, però, per aver chiuso con una sconfitta professionale. Luca ha scelto di restare ancora un anno, nonostante il fisico dicesse basta, perché sentiva il bisogno di difendere una città capace di renderlo ragazzino un’ultima volta. Non è riuscito nella sua missione, ma nessuno gli porterà rancore.
C’è tanta magia nella sua storia quanta è la concretezza nel suo modo di giocare. Luca, inutile nasconderlo, non è mai stato un giocatore spettacolare né, tanto meno, funambolico. Ha fatto innamorare di lui i suoi tifosi con la cosa che gli veniva più facile: segnare. L’ha sempre fatto e non solo di testa o di rapina, come il fisico avrebbe suggerito. Davanti alla porta non ha mai avuto timore, come nelle sue scelte al di fuori del campo, anche quando la soluzione più facile non gli era possibile.
Un’ altra sua caratteristica che mi ha sempre affascinato è il suo ostentato menefreghismo nei confronti del giudizio degli altri, la sua volontà di provare soluzioni tecniche che proprio non gli appartengono. Questo gol raccoglie l’essenza del mio pensiero: il goffo tentativo di segnare uno spettacolare gol di tacco in corsa, un fallimento annunciato che diventa l’ennesimo successo. Essenzialmente perché a provarci è Luca Toni, non un giocatore qualunque.
Luca è sempre stato un giocatore tecnicamente imperfetto, grezzo, ma dannatamente efficace. E sarà proprio questa sicurezza che era capace di dare ai suoi tifosi, ai suoi allenatori, a mancare più di tutto il resto. La sicurezza di avere qualcuno là davanti che può risolvere la partita. Magari con un gesto goffo, ma efficace.
E allora va bene così, va bene lasciare il calcio con una scintilla, con un qualcosa che non sembra appartenerti. Va bene segnare l’ultimo gol – forse – con un cucchiaio su calcio di rigore, contro la Juventus, giustificandolo così: “era l’ultima occasione, ci ho provato”.
Ciao Luca, grazie.