Lob City

Los Angeles. Basta il solo nome per pensare alla bella vita delle città: hotel di lusso, ville con piscina, aperitivi in spiaggia e serate incredibili, oltre a giornate trascorse interamente in spiagge mozzafiato. Da sempre la città degli Angeli è sinonimo di una vita vissuta all’insegna del divertimento.

La City da quattro milioni di abitanti, le luci che riscaldano e illuminano buona parte della costa pacifica degli Stati Uniti, la voglia di andare, almeno una volta nella vita, nell’epicentro della California, per sentirsi parte di una ricchezza che da quelle parti è più importante ostentare che non nascondere. Ma per quanto siano soldi e denaro a girare più delle persone tra la Hollywood Boulevard e l’ International Airport, nella seconda città più popolata d’America è anche lo sport a dare da vivere e da pensare alle stelle delle spettacolo.

Tra i vari sport, alcuni sono più seguiti di altri, ma a livello internazionale tutti conoscono i Dodgers per il baseball, i Galaxy come squadra di calcio, i Rams come formazione di football americano. Ma nonostante sia poco conosciuta, o comunque considerata decisamente più scadente, l’altra franchigia che esiste, oltre ai plurivincitori NBA Lakers, è la squadra snobbata dello Staples Center, i Los Angeles Clippers.

Questa franchigia non ha sempre chiamato casa lo Staples; ha passato diversi anni prima a Buffalo e poi a San Diego, ma è proprio nella città degli angeli che è riuscita a stabilizzarsi a partire dal 1984. Nonostante condividessero la propria dimora con una delle migliori formazioni di tutto il panorama NBA, i Clippers non sono mai riusciti imitarne le gesta; mentre i gialloviola vivevano il periodo di Magic Johnson e dello “showtime“, i tifosi dei Clips erano costretti a presentarsi alle partite con una busta della spesa in testa. Volevano nascondersi, si vergognavano del pessimo record che ogni anno la squadra riusciva a raggiungere, arrivando continuamente dietro gli odiati rivali cittadini.

Nelle ultime stagioni, i ruoli sembrano però essersi invertiti, con i gialloviola in estrema difficoltà (al quale bisogna aggiungere l’addio di Kobe), con gli “altri” che ogni anno riescono a mettere in piedi roster competitivi, giocando grandi Regular Season, spegnendosi purtroppo sul più bello.

Sembra comunque incredibile pensare a tutti i grandi giocatori che hanno vestito la casacca dei Clippers e realizzare che nessuno di questi è mai riuscito a portare Lob City all’anello. Primo tra tutti, senza ombra di dubbio, Baron Davis, “il barone“, uno dei più talentuosi playmaker che si siano mai visti, capace di mettere a segno tanti punti, creando occasioni per i compagni, dispensando e inventando assist clamorosi in lungo e in largo. In tutta la carriera ha pagato però la grandissima discontinuità, la poca voglia di allenarsi e la scarsa continuità di rendimento; e così questo fenomeno non è mai riuscito a esplodere definitivamente, dimostrando che di classe ce n’era molta più di quella tirata fuori.

Così come non ha mai reso al massimo con questa maglia Lamar Odom, per assurdo consacratosi poi con i Lakers nel periodo tra il 2004 e il 2011. Abile sia in attacco che in difesa, il ragazzo di New York, trapiantato a Los Angeles, non è mai riuscito a trascinare i colori rossoblu verso qualcosa di significativo, come è stato invece con il gialloviola e i due anelli messi al dito.

Ma fare una lista di Campioni che con il font estasiante ed elegantemente ricamato sulla canotta dei Clippers hanno trascinato squadra è compagni, è compito arduo e difficile, quanto mai fatica erculea. Lo Staples Center è sempre stato pieno di nomi altisonanti, forse troppo soli nel tempo per riuscire veramente in qualcosa che i tifosi sognano da sempre; ma, come già detto precedentemente, questi sono gli anni giusti per provare a prendersi una stella nella boulevard NBA.

Per la nuova stagione, i sogni di gloria di Lob City sono rinchiusi nella mano e nel genio di Chris Paul, giocatore capace di segnare in ogni modo e di mettere in condizioni di segnare facilmente i compagni. Paul è un cervello con due braccia, è un grandangolo montato su uno scheletro di 183 cm, è un faro di speranza e una bussola di certezza nel mare in tempesta di una squadra che ancora non riesce a trovare il porto nelle burrasche dei Playoff.

E insieme a lui ci sarà l’atletismo di Blake Griffin, l’ancora che nel mare schivo e prepotente, cercherà di ergersi ad ancora di salvataggio, a timoniere di una barca che va salvata dalla deriva e trasportata in salvo con tutto il suo carico. Una stiva che da questa stagione sarà riempita anche con il neo medagliato olimpico DeAndre Jordan, punto fermo e nord di quel roster che continua a cambiare intorno alla lunetta, che sotto canestro resta sempre uguale.

La squadra, come nelle scorse stagioni è competitiva e pronta a giocarsi le sue chances. Ma si sa, una nave e una ciurma dipendono anche dal suo capitano; starà quindi a Doc Rivers portare finalmente la Los Angeles perdente sul tetto del mondo, provando a raggiungere quelle stelle che per ora sono servite come carta di navigazione, che quanto prima dovranno essere una realtà tangibile.

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