Mantenendo costantemente inalterata la ricerca verso l’idea di un’iconicità del calcio e delle sue manifestazioni, in questo numero della nostra rubrica è doveroso rivolgerci ad Arsène Wenger: un uomo che con il suo Arsenal è stato capace di realizzare e mantenere costante il proprio credo. Anche quando il proprio tempio ventennale sembrò sgretolarsi, e con esso gli elementi più puri e caratterizzanti, dall’abbandono di un monumento storico come Highbury nel 2006, passando per le maniche in rosso del 2009, fino alla mancata qualificazione in Champions League della scorsa stagione. Il binomio Arsène-Arsenal è diventato un marchio di fabbrica che ha accompagnato ogni appassionato per ben 22 anni, e che adesso sembra essere giunto al suo termine. Chi si fosse chiesto perché mai un allenatore non sempre vincente, come il Wenger degli ultimi anni, restasse così saldamente in piedi a sostenere la squadra biancorossa di Londra Nord, probabilmente non ha ben compreso l’operato totale, e senza dubbio stilistico, di un manager esteta.
Ecco, pertanto, la storia delle divise più iconiche del ventennale matrimonio fra Wenger e l’Arsenal.
1996-98 : Il volo di un francese da Nagoya verso Londra
Nell’agosto del 1996 la stampa inglese vocifera che l’alsaziano Arsène Wenger, laureatosi campione di Francia nel 1988 con il Monaco e recentemente vincitore della Coppa dell’Imperatore con il Nagoya Grampus, potrebbe diventare presto il nuovo manager dell’Arsenal. “Un francese all’Arsenal, e da quando?!”, questa e tante altre amletiche domande i tifosi londinesi avranno posto al momento della notizia. Certamente sarà stato difficile accettare che, per la prima volta nella storia, a sedere sulla panchina della propria squadra non sia più un britannico ma un francese, che per giunta può vantare soltanto di avere ottenuto soddisfazioni con due squadre caratterizzate da ambienti estremamente particolari, come il Principato di Monaco, dov’è arduo subire una reale pressione della piazza, o l’irrilevanza del campionato giapponese, in un’ottica eurocentrica. Nonostante i dubbi, l’Arsenal accoglie il nuovo allenatore con le sue splendide divise Nike.
Gli anni Novanta sono il decennio delle maglie larghe, delle trame in translucido tono su tono, dell’ascesa di Nike e degli sponsor in camoscio. E l’Arsenal, appunto, non fu da meno: la prima divisa che accompagna il club del North London fino al ’98 è caratterizzata dal colletto in bianco, che riprende il tradizionale colore delle maniche, ma, soprattutto, dall’originale trama tono su tono che campeggia sul fronte. Essa raffigura il cannone, simbolo del club e presente nello stesso logo societario, posto al centro, sopra il quale è posta la scritta “Gunners”, mentre scorre fino ai fianchi un motivo seghettato. La maglia resterà immutata fino al 1998, l’anno dei primi trofei targati Wenger con uno storico double: campionato e FA Cup.
La prima volta che Wenger si laureò campione d’Inghilterra fu, dunque, nel 1998. A indossare la 10 era Bergkamp e a gestire la metà campo dei Gunners si ergeva un giovane Patrick Vieira, desiderato proprio dal tecnico alsaziano, giusto per citare due dei tanti protagonisti di quella prima gloriosa fase dell’anaforica era Arsène-Arsenal. Il club londinese conquistò la Premiership con una storica rimonta di 12 punti nei confronti del Manchester United. Lo scontro per la vetta venne deciso con la vittoria per 0 a 1 contro i Red Devils, all’Old Trafford, con lo storico gol di Overmars. In quella gara, i Gunners scesero in campo con il completo da trasferta, caratterizzato dal tipico giallo di base sulla cui maglia prevale la banda orizzontale in blu, posta sotto lo stemma del club e il marchio Nike, ripresa anche dal colore dei pantaloncini e dei calzettoni.
1998 – 2002: Blue velvet
Dalla stagione ’98-’99, l’Arsenal vide spesso il podio, ma non riuscì altrettanto spesso a raggiungere il gradino più alto. L’annata 2001-02 segna comunque il ritorno di Premier e FA Cup nella bacheca dei Gunners. Erano anni in cui la Premier continuava a mutare e a ottenere sempre maggiore attenzione dall’estero. E in un campionato in costante crescita, non poteva che trovare terreno fertile un allenatore pronto alla sperimentazione come Wenger, che in quegli anni di alti e bassi riuscirà comunque a mettere in crisi l’idea di un Arsenal difensivista e prettamente inglese, tipica degli anni ottanta, per realizzare una nuova e moderna facciata del club londinese. Il tecnico francese punta enormemente sui giovani, fornendo dei nuovi strumenti di ricerca e dei moderni, talvolta avanguardistici, criteri di valutazione. Perderemmo però di vista il nostro obiettivo se ci dilungassimo sulle scoperte dell’Arsenal sotto la gestione Wenger di quegli anni e del decennio successivo. Le divise di quegli anni continuano a essere prodotte da Nike, che intanto vira i propri lavori su disegni più sobri, come ormai il nuovo millennio richiedeva.
Decadono dopo un decennio le trame in background, mentre si affaccia, assieme alla classica alternanza fra bianco e rosso, il blu. Interessante è la scelta dei designer Nike di introdurre il bianco anche ai lati della maglia, permettendo così la realizzazione di una larga banda centrale rossa, delineata dalla stretta riga verticale in blu, che sembra quasi voler riprodurre lo storico modello utilizzato per la maglia casalinga dell’Ajax.
Fra i tanti che passarono sotto la diretta osservazione di Wenger in quei tempi vi fu pure un ragazzino svedese di appena sedici anni che varcava i campi di gioco sognando Ronaldo. Sì, era proprio Zlatan Ibrahimovic, al quale, sostiene lo svedese nella sua biografia, venne richiesto proprio dal francese di svolgere un provino, come da prassi. La reazione fu però la seguente: “Dissi di no, Zlatan non fa provini. Non riuscivo a crederci che me l’avesse chiesto”. Intanto, ecco a seguire la sua foto con addosso la maglia della stagione 1999-2000, caratterizzata dalle due righe in blu scuro che scorrono prepotentemente sulle maniche.
2003-2005: Moderni invincibili
Dall’estate del 2003 fino alla primavera del 2006 l’Arsenal visse probabilmente il momento più florido della sua storia. La stagione 2003-04 fu quella degli Invincibili, una corazzata realizzata ad hoc da Wenger, che, dopo anni di analisi, di previsioni e di scouting aveva condensato i suoi esperimenti in quell’annata. Fabregas è il nuovo tassello a centrocampo, Pires è un concentrato di classe fuori dal comune, Vieira è il coraggioso condottiero di una squadra irripetibile, Henry è il finalizzatore, il Verbo: mai nessuno fu come lui, mai nessuno lo sarà. E in quel 2003 dalle fiduciose previsioni, il club londinese annuncia anche l’importante restyling del logo, ancora oggi inalterato. L’Arsenal di Wenger taglia così i ponti col passato, seppur gradualmente. Anche il kit di quell’anno dimostra un passo in avanti con un design più moderno, che perde chiaramente in larghezza. Sparisce dopo anni il colletto a polo e svanisce il blu utilizzato nelle stagioni precedenti. Si tratta, in sostanza, di un nuovo Arsenal, conscia inoltre che a breve avrebbe abbandonato la propria casa.
Dopo la splendida vittoria del campionato nel 2004, Wenger riesce a condurre i suoi ragazzi alla conquista dell’FA Cup l’anno successivo. La divisa assume lievi modifiche rispetto la precedente. Essa segue il template Total 90 utilizzato da Nike in quell’anno per i club con lo swoosh e che introduce nella divisa dei Gunners la presenza di sottili inserti in giallo e di una banda bianca sul retro, sulla quale campeggiano i cognomi dei calciatori. Intanto il nuovo stemma viene rilegato in centro, il logo del brand in alto a sinistra, mentre continua a campeggiare lo sponsor O2 al centro.
2005-2006: Rosso antico, casa nuova
Fu davvero difficile, se non impossibile, che un tifoso dei Gunners sia riuscito nell’impresa di contenere le lacrime nel maggio del 2006. Fu, infatti, un mese funesto, denso di dolore e di commozione, sentimenti eternamente inevitabili per gli amanti di questo sport. Il 7 maggio, l’Arsenal di Wenger disputò l’ultima gara nello storico impianto di casa, l’Arsenal Stadium, meglio noto come Highbury, protagonista della cultura popolare di Londra, della sua urbanistica e persino di alcune pellicole cinematografiche o d’animazione. Basti pensare a Mr. Bean, residente nel quartiere di Highbury Hill, o al “Mistero dell’arsenale”, film del 1939 che fu girato proprio all’interno dello stadio e nei suoi dintorni, fino al celebre “Febbre a 90°”, tratto dall’omonimo romanzo di Nick Hornby in cui l’Arsenal Stadium è il leitmotive della pellicola.
Per commemorare l’abbandono della prima grande casa dell’Arsenal, il club ha optato assieme a Nike per un netto ritorno al passato, in termini cromatici. La divisa casalinga riprende infatti il primo colore adottato dai Gunners nella loro storia, ovvero un rosso scuro, tendenzialmente bordeaux, nel quale mancano inoltre le maniche bianche e sponsor, brand, nome numeri vanno in oro, per chiudere una vita assieme con la doverosa, storica eleganza. Il bianco è presente solo negli shorts, mentre i calzettoni riprendono la tonalità della maglia.
Soltanto dieci giorno dopo l’ultima gara ad Highbury, l’Arsenal vive il dramma sportivo di perdere la finale di Champions League, dopo una cavalcata da protagonisti. Sembrava infatti fossero tornati gli Invincibili di Wenger, capaci di non subire un gol fino alla finale. Proprio in essa, però, il Barcellona riuscì a individuare e trafiggere una piaga ancora dolente di quel che restava del cuore dei tifosi Gunners, non avvezzi agli addii, né alle tante sconfitte in finale avvenute in quegli anni. Specialmente in campo europeo, quando soltanto 6 anni prima il club londinese vide sfumare la Coppa UEFA ai calci di rigore contro il Galatasaray. Il 17 maggio 2006, comunque, l’Arsenal non disputò la finale con la divisa commemorativa del proprio stadio, ma con la seconda, che riprende invece il classico giallo-blu dei kit da trasferta.
2006-2010: Tempi grami
Dopo la finale del 2006, anche Henry abbandona l’Arsenal. Tutto continua a cambiare, in sostanza, meno che Wenger e le sue idee di un calcio misurato in prospettiva e sulla qualità della trequarti. Il nuovo tempio, adesso, è un impianto ultramoderno che prende il nome del nuovo sponsor, l’Emirates Stadium. Le maglie dei Gunners continuano ad essere prodotte dagli americani col baffo, che tenteranno di non stravolgere mai una maglia dal design iconico e tradizionale, su cui è difficile porre grosse modifiche.
Nike osa comunque per le divise utilizzate dal 2008 al 2010. Vennero infatti ridotte le classiche maniche bianche a una più sottile striscia che percorre spalle e fianchi. In parte, il modello sembrerebbe ripercorrere i design realizzati fra il ’98 e i primi del Duemila dal brand americano per i Gunners, in quanto torna a inserirsi una sottile striscia in bu scuro fra il bianco e il rosso. Wenger, intanto, continua a importare ed esportare talenti dal suo club come fosse un perenne vivaio dall’energia rinnovabile, sebbene resti il fatto che in questi anni non sia arrivato neanche un titolo.
2010-2014: Goodbye America!
È il periodo meno vincente dell’era Wenger, con ancora quattro anni senza l’ombra di un titolo. Nike, per l’occasione, annuncia che dopo il 2014 cesserà la sua partnership con l’Arsenal, che dunque viverà, come vedremo, su Puma. Arshavin, Walcott, Van Persie & Co. continuano a fidarsi, momentaneamente, del credo Wenger, ma la tentazione del successo diventa sempre più impellente in casa Gunners. Per il 2011, intanto, il club londinese torna a vestire un look estremamente sobrio, con le maniche che riprendono ad essere totalmente bianche, al di fuori degli inserti orizzontali in rosso presenti sulle maniche.
Continua a mantenere uno stile classical e rispettoso della tradizione anche il kit della stagione 2011-2012, munito di stemma celebrativo tono su tono in occasione dei 125 anni del club londinese. Per la ricorrenza, vista l’assoluta mancanza di trofei e un mondo wengeriano adesso posto sempre più in discussione, torna a vestira la maglia dell’Arsenal, da gennaio fino a giugno, Thierry Henry, che sarà in grado di regalare anche momenti di pura commozione ai propri tifosi, sei anni dopo il doloroso trasferimento al Barcellona.
L’ultima divisa casalinga realizzata da Nike per i londinesi è caratterizzata dalla presenza del blu come terzo colore, posto sul colletto a girocollo e sulle maniche. Sarà l’ultima maglia di un altro straordinario talento costretto a lasciare l’Arsenal per approdare a terreni più fertili di vittorie, quale Van Persie, che vestirà nell’estate del 2012 la casacca del Manchester United: ai Gunners non resterà altro che l’ultima foto dell’olandese durante la presentazione delle nuove divise.
Intanto, nel maggio del 2014 l’Arsenal torna finalmente ad alzare un titolo con la conquista dell’FA Cup a Wembley, ai danni dell’oustider Hull City, ponendo così fine a un’astinenza di trofei lunga ben nove anni.
2015-2018: Puma per il cambiamento
Con il felino cucito alla destra del logo societario, Wenger sembra aver ritrovato, più o meno, la giusta via. Il 30 maggio 2015, l’allenatore francese riesce a conquistare la sua sesta FA Cup, superando l’Aston Villa per 4 a 0. Sembrerebbe essere tornato il Wenger orgoglioso e pragmatico dei primi anni di Arsenal, anche per merito di alcuni acquisti azzeccati, come dimostra l’arrivo di Alexis Sanchez dal Barcellona. Al contempo, Puma cambia le tradizionali gerarchie imposte dalla storia e da Nike per la prima divisa, dimostrando che anche in un template così classico e poco modificabile fosse possibile importare diverse e svariate novità di anno in anno. Quantomeno per il bene del merchandising. Così, la prima divisa Puma nella storia dell’Arsenal infrange anzitutto la regola delle maniche monocromatiche, introducendo il rosso in esse. Inoltre, con il brand tedesco le divise del club londinese saranno a prova di pesoforma, in quanto il modello è elasticizzato e appare certamente più attillato rispetto alla più generica vestibilità di Nike.
Sarà piuttosto drammatica la situazione che coinvolge l’Arsenal durante il biennio 2015-2016. Perché a maggio in molti all’Emirates e dintorni, probabilmente, avrebbero volentieri richiesto l’esilio immediato di Arsène Wenger dalla panchina dei Gunners, dopo non essere stati in grado di approfittare di una corsa per il titolo che fino ad aprile coinvolgeva due club inesperti come Tottenham e Leicester. Forse, rimane tuttora la ferita più profonda della ventennale gestione di Wenger, vista l’umiliazione di dichiarare ancora una volta la propria incapacità di fronte a sfide di maggior rilievo di una FA Cup. Puma, comunque, continua a imporre il proprio stile, riportando in auge, dal 2015, il colletto.
Altro anno, ennesima FA Cup: dopo le delusioni della stagione precedente, Wenger alza ancora una volta l’FA Cup, la settima della sua carriera. Puma, intanto, torna a imporre un modello altrettanto superbo e dinamico per l’annata: un evidente scollo a V dal quale “parte” una scura riga verticale che attraversa tutta la maglia. La stagione resta comunque una delle più negative del club del nord di Londra, in quanto non riuscirà a qualificarsi per la Champions League.
Per la stagione corrente, l’ultima che vedrà il tecnico di Strasburgo seduto sulla panchina dei Gunners, Puma ha optato per un desing più sobrio. Torna infatti il colletto a polo tinto di rosso e di bianco, mentre il bianco continua a essere presente su maniche e spalle.
Il canto del cigno
Il 20 aprile scorso giunge la notizia: Arsène Wenger non sarà l’allenatore dell’Arsenal della prossima stagione. Dopo 22 anni di matrimonio, dunque, sappiamo che anche la storia dell’alsaziano con uno dei più storici club di Londra dovrà finire. E in una stagione compromessa, in cui ormai i Gunners non sono altro che la quinta o sesta forza del campionato, non resta che sognare un’ultima grande impresa. Quel traguardo europeo che nella bacheca di Wenger tanto manca e che premierebbe un dolce sodalizio durato, tra imprevedibili gioie e inesplicabili dolori, per più di un ventennio. Un Europa League potrebbe rappresentare l’ultimo canto del cigno di Wenger nei confronti di una tifoseria che, anche nei momenti più complessi, ha sempre saputo mantenere il doveroso rispetto e il meritato sostegno nei confronti di un esemplare professionista che ha dedicato all’Arsenal un’abbondante parte della sua vita.
Che il calcio ringrazi Arsène Wenger.