“Questi ragazzi terribili si rimpinzano di disordine,
di una appiccicosa macedonia di sensazioni”J. Cocteau
Scriveva così nel ’29 Cocteau, per descrivere un tema, quello dell’adolescenza, che tanto ieri quanto oggi non è di facile interpretazione per i genitori che devono sopportarne lo sviluppo. Ma com’è difficile per chi esercita la patria potestà, altrettanto lo è per chi l’adolescenza la subisce; non è affatto semplice prenderne atto e conviverci, tanto che spesso ci si trova a dover fare i conti con cambiamenti repentini che il mondo dove viviamo non fa altro che accelerare. Così non si può far altro che aumentare il passo con esso, provando a stare al suo ritmo, cercando di afferrare e ancorarsi a ogni appiglio che possa portare subito verso l’età adulta, trasformando l’adolescenza in esperienza precoce.
Le Ragazze Terribili
Lo sport da sempre guida il corpo verso la crescita al di fuori delle sue ossa e della sua struttura, ampliando le sensazioni e operando metamorfosi tanto fisiche quanto cerebrali. E la prova più tangibile la si ha in quegli sportivi che, nonostante un’età che oscilla più verso l’adolescenza che non verso la maturità, riescono a ragionare, muoversi e riflettere come dei consumati adulti. Le ragazze terribili, così le chiamò la voce storica della Rai Maurizio Colantoni; già, sono state questo: un tripudio di esperienza nel corpo di giovani donne, alcune appena uscite dall’adolescenza, altre ancora a cavallo di quel cambiamento che la pallavolo sta aiutando a compiere.
Un gruppo coeso, nato in una camera di multietnicità, in quella ‘macedonia di sensazioni‘ che ha portato queste ragazze, vittoria dopo vittoria, a un passo dalla vetta mondiale. Si era partite per un sogno, un’impresa da poter scrivere negli annali, dove pochi riuscivano a scorgere una concreta realtà, ma nessuno riusciva a definire la trama di ciò che sarebbe potuto essere.
Si ragionava sul talento di Paola Egonu, se fosse abbastanza cristallino da trascinare tutte le quattordici compagne fino in fondo; si dibatteva sulla carica della capitana, la ventiquattrenne Cristina Chirichella, mai arida nello spronare chiunque avesse al suo fianco, se fosse stato il metodo giusto per caricare le Sue ragazze; si rifletteva sulla fantasia di ‘Lia‘ Malinov, sulla capacità di muovere il gioco da ogni parte del campo, se fosse stato abbastanza folle e pazzo per mandare in frantumi le difese avversarie. Erano davvero pronte le ragazze terribili?
E dopo tutti questi ragionamenti, solo una cosa era indubbia: la volontà di dimostrare la grandezza che quei corpi hanno espresso. Una volontà nata dal talento di ragazze italiane in tutto per tutto, legate da lingua, sangue e talento made in Italy, come nella migliore tradizione pallavolistica. Un gioco fluido, frutto di un allenatore, come Mazzanti, che rappresenta in tutto e per tutto il proseguo di una generazione di CT in grado di pretendere e ottenere il meglio dalle sue giocatrici. Ragazze d’oro diventate terribili a suon di muri e schiacciate, recuperi e battute; al suono di quel continuo ticchettio di lancette che ha sempre spaccato il secondo.
L’orologiaio Mazzanti
La forza del gruppo sta nel singolo, ma la forza del singolo sta nel gruppo. Talmente tante volte è stata avvicinata questa frase agli sport, tanto a quelli individuali quanto a quelli di squadra, che ormai si è persa nel tempo la bocca dalla quale ha preso forma. E la metamorfosi di questo gruppo è avvenuta proprio sotto l’egida e la ripetizione incessante di questa frase, che ha portato tutte a definirsi come squadra, non come individui. Perché se la mente percepisce come unico corpo un insieme di più persone, allora l’ingranaggio diventa perfetto. Un meraviglioso capolavoro di tecnica maneggiato fino al più piccolo dei sistemi da un mastro orologiaio che ha dimostrato da sempre di essere uno dei migliori in fatto di costruzione: Davide Mazzanti.
Uno dei migliori, se non il migliore, allenatore italiano al momento in attività: tre campionati nazionali vinti, una Coppa Italia, due Supercoppe; poi l’approdo, lo scorso anno, in Nazionale, per ricostruire un orologio che non riusciva da tempo a ticchettare nel modo corretto. E da buon mastro ha afferrato ingranaggi e cacciavite, non ha avuto paura di sperimentare, tantomeno di lasciar spazio a chi, al di là dell’età, era in grado di dare certezze e sicurezze a un quadrante pronto per essere riassettato.
E così si è ritrovato per le mani quattordici splendide ragazze scelte scrupolosamente per il talento cristallino che portano in dote, sistemandole lungo quei nove metri di campo secondo quel senso orario che la rotazione segue, mettendole ogni partita di fronte al loro più grande limite: se stesse.
La partita più difficile per le ragazze terribili dell’Italvolley.
Il cammino (semi)perfetto
Il successo di queste ragazze, le ragazze terribili, è stato prendere consapevolezza della loro forza e, ingranando la giusta marcia, sono riuscite a partire nella maniera migliore possibile: Bulgaria, Canada, Cuba, Turchia, Cina. Una dopo l’altra, queste compagini sono state spezzate nel gioco e nelle certezze dalle Ragazze Terribili di Mazzanti. Malinov muoveva la giostra, Egonu e Sylla si districavano in perfetta sintonia, Danesi metteva nei tre metri ogni singola voglia di andare avanti, trasformandola in punti.
TIC TAC, TIC TAC.
Le ragazze terribili sono approdate al secondo turno perdendo solo un set in cinque partite giocate, lasciandolo alla Cina, le campionesse olimpiche in carica, che hanno visto frantumarsi il proprio muro sotto i colpi di veri e propri martelli pneumatici. Nè Paola, né tantomeno Miriam, si sono fermate davanti ai tentativi cinesi di arginare i palloni gestiti egregiamente da Ofelia e da Carlotta. E dove non arrivava il muro di Anna, eco che dietro Monica Di Gennaro non lasciava cadere neanche una goccia di speranza, tirando su ogni schiacciata.
Al secondo giro sono state Azerbaigian, Thailandia, Russia e USA a essere divorate dall’orologio azzurro, che non aveva tempo da perdere, solo da guadagnare. Stavolta sono stati due i set lasciati indietro, ma come il migliore degli orologi è andato avanti a battere secondi e minuti, senza guardarsi alle spalle, vedendo gia davanti.
TIC TAC, TIC TAC, TIC TAC.
Un’altra vittoria con il Giappone, stavolta dura e sudata, per l’approdo in semifinale, avvenuto ugualmente nonostante la sconfitta con la Serbia. E quindi eccole lì, tra le migliori quattro al mondo. Tra le migliori ragazze, ormai donne, in grado di maneggiare con cura e determinazione quel pallone gialloblu.
Con la lancetta pronta a scoccare.
TIC TAC.
L’ultimo atto
Di nuovo la Cina, di nuovo davanti le Campionesse Olimpiche. A un passo lungo una gamba un finale che sembrava pronta per essere agguantata. Sedici anni dopo l’ultima volta, in quella Berlino che vide l’Italia affermarsi per 3-2 sugli USA, dopo due ore di gioco che terminarono con un tripudio di gioia per le ragazze dell’allora CT Marco Bonitta. Leo Lo bianco, Elisa Togut, Francesca Piccinini; nomi con cui queste ragazze sono cresciute, che sono sempre state miti, ora distanti solo pochi centimetri nella stessa pagina dove potrebbero finire tutte loro.
Non è stato facile: più volte l’orologio era pronto a battere la fine, a segnalare il termine di quelle ore di gioco, ma più volte le cinesi hanno fatto in modo che questo non accadesse. E alla fine ci ha pensato ancora lei, Paola Egonu, con la sua schiacciata da 90km/h di media, con la schiacciata che le è valsa il premio di miglior opposto del mondiale, con i suoi 324 punti finali.
Peccato.
Perché sarebbero potuti essere 327. Ma quegli ultimi tre palloni non sono stati messi giù. Sono rimasti sul quadrante, tra la lancetta che segnalava un secondo di ritardo e un secondo d’anticipo, che metteva tutti gli italiani innamorati di questa Nazionale davanti alla cruda verità: argento. 3-2. 15-12 Al tie break. Al quinto set per chi preferisce l’italiano. Fatto sta che il risultato rimasto lo stesso, la Serbia ci condanna a un secondo posto che appaga ma allo stesso tempo ruba una ‘macedonia di sensazioni’ contrastanti.
Ma dopo averle viste lì, dopo essersi ammirate loro stesse su quel podio gonfie di emozione e trionfo, con quelle lacrime e quell’amarezza che solo a 20 anni si può provare, le Ragazze Terribili sanno che quel secondo la prossima volta non sarà né troppo in anticipo, né troppo in ritardo.
Sarà il tempo giusto per salire sul gradino più alto del Mondo.