La macchina di Inzaghi sembrava viaggiare a tutta velocità verso il terzo posto. Poi un intoppo dietro l’altro: tre sconfitte consecutive, una lucidità perduta e qualche questione di troppo fuori dal campo. Non è giusto parlare di crisi, però, per la Lazio: ci sono ancora tre fronti aperti, ma c’è del lavoro da fare, specialmente sulla testa dei giocatori e su qualche situazione tattica che sembra ormai diventata prevedibile.
Accorgimenti tattici
Partiamo proprio dall’ultimo punto: la tattica. E’ evidente che il gioco di possesso e contropiede della Lazio, sfruttando le cavalcate centrali di Luis Alberto e Milinkovic-Savic, sia diventato più facile da ingabbiare rispetto ad un mese fa. I due giocatori conservano nel loro repertorio ancora fiammate e giocate da togliere il fiato, ma non più contraddistinte da quella lucidità nello spezzare il ritmo avversario, proprio perché le marcature su entrambi sono diventate più prepotenti. E questo è anche uno dei motivi per cui Ciro Immobile ha smesso di segnare: essendo un giocatore di gamba, poter accompagnare l’avanzamento centrale della squadra calzava a pennello per il suo tipo di giocate. Inzaghi perciò, a cominciare da giovedì, in cui sarà impegnata contro la Steaua Bucarest in Europa League, dovrà lavorare su idee nuove per ridare la possibilità di rompere gli schemi ai top player di questa squadra.

E’ stato il Milan a dare il via alla mini-crisi della Lazio, con quella discussa vittoria di dieci giorni fa. Mano sì, mano no, ma la Lazio non aveva per niente giocato bene, per quanto il Milan non avesse incantato. La prestazione più scioccante è arrivata però contro il Genoa: confusione totale, una serie di passaggi sbagliati assolutamente preoccupante per una squadra di questo livello ed errori difensivi tragici. La squadra rossoblu non ha proprio potuto fare a meno di vincere una partita del genere: la Lazio si è impegnata davvero nel perderla. E poi la lezione di Napoli. Comprensibile, per carità, ma dopo un primo tempo attento ed in vantaggio non è tollerabile un blackout del genere. Ma l’abbiamo detto, l’attenzione non è più la stessa da un po’.
I capricci di Felipe
Ma se i disguidi tecnico-tattici possono essere risolti (e Inzaghi è un maestro nel risollevare le situazioni), per quelli psicologici forse c’è bisogno di un po’ di pazienza in più. Già, perchè a Formello è scoppiato il caso Felipe Anderson: il brasiliano, da tempo tornato in piena condizione fisica dopo l’infortunio che lo ha tenuto fermo per quasi tutto il girone d’andata, ha avuto un infelice battibecco con il mister, terminato quasi con le mani addosso. Brutti momenti, che possono spezzare l’equilibrio di un gruppo. Naturalmente è già stata fatta chiarezza sia da Tare che da Inzaghi stesso e la situazione pare essere rientrata. Pare, perchè il giocatore già ha saltato la trasferta del San Paolo, e in più non è stato convocato nemmeno per la sfida dell’Olimpico di giovedì sera contro la Steaua Bucarest. Felipe Anderson, preso dalla rabbia, avrebbe addirittura chiesto la cessione (ma al momento l’unico paese raggiungibile appare il Brasile, dove il mercato è aperto).

Il numero 10 biancoceleste è un’importante risorsa per la squadra: oltre che essere un giocatore di qualità indiscutibile, permetteva ad Inzaghi molte soluzioni diverse. Schierato dall’inizio, può dare un’attitudine più offensiva alla squadra, magari togliendo uno dei due esterni difensivi; oppure può essere un efficace jolly d’attacco se schierato rinunciando ad uno dei centrocampisti centrali per formare una sorta di albero di natale con Luis Alberto e Felipe Anderson alle spalle di Immobile. A partita in corso, inoltre, uno come lui può radicalmente cambiare le sorti del match: rapidissimo palla al piede, può spezzare linee difensive stanche e distratte. Per cui, perderlo per motivi extra-calcistici in un momento del genere, sarebbe davvero un brutto colpo.
Il tempo c’è
Come tutti i brasiliani, non apprezza quando viene criticato dal punto di vista tecnico: Inzaghi lo aveva rimproverato per lo scarso impegno mostrato dopo l’ingresso in campo contro il Genoa, accusandolo di aver messo piede in campo senza la giusta voglia e cattiveria. Il giocatore l’ha presa sul personale, ma la sensazione e la speranza dei tifosi è che capisca di non dover compromettere l’equilibrio psichico della squadra con capricci del genere.

La preoccupazione, comunque, non merita di trasformarsi in ansia: la squadra ha tre partite alla portata per tornare a pieno regime. Giovedì sera c’è l’impegno europeo. Imperativo vincere, alla Steaua Bucarest ormai rimane solo il blasone storico: la Lazio è nettamente superiore. Poi ci sono Hellas Verona e Sassuolo, due compagini contro le quali dovrebbero arrivare sei punti senza troppi patemi, prima del ritorno di Coppa Italia contro il Milan: ma lì, la Lazio (grazie anche al clamoroso gol a porta vuota divorato da Calhanoglu), ha il vantaggio di aver chiuso l’andata in trasferra senza subire gol e ha concrete possibilità di raggiungere in finale la Juventus o l’Atalanta.
La Lazio può e deve rialzarsi, per raggiungere una qualificazione ai gironi di Champions che manca da undici anni e chissà, magari per alzare un trofeo alla fine della stagione.