La guerra del Pacifico

Sai cosa dicono del Pacifico i Messicani? Che non ha memoria.

Le ali della Libertà, 1994, regia di Frank Darabont

Gli ultimi spareggi per Russia 2018 (Australia-Honduras, Nuova Zelanda-Perù) si giocheranno sull’acqua. Acqua salata, per la precisione; ci spostiamo infatti sopra latitudini inconsuete per il mondo del calcio. Salpiamo per l’Oceano Pacifico, inghiottiti dalle sue correnti senza fine: le sue onde spalmano, bagnano ed erodono le identità calcistiche di tutte le federazioni che lo lambiscono. E noi, da navigatori esperti, analizzeremo gli spareggi per portare un faro su queste terre inesplorate.

Le rotte dei playoff. Giocare la doppia sfida di qualificazione non sarà proprio una passeggiata. Nell’immensità del Pacifico, si nasconde il futuro di quattro selezioni nazionali che arrivano allo spareggio con umori molto diversi.

Il chiasmo in mezzo al mare

Nelle sale del potere della Fifa, i cortigiani di Gianni Infantino stanno facendo a gara per elaborare delle formule di qualificazione sempre più bizantine. Nel groviglio di gironi, scontri diretti e differenza reti sono emersi due spareggi chiave, che coinvolgono terre molto diverse tra loro: si tratta di Honduras-Australia e Nuova Zelanda-Perù. Terre che hanno in comune soltanto una cosa: il gigantesco Oceano Pacifico. Ed ecco che, nella mappa che ci stiamo immaginando per fare mente locale, compaiono due linee rosse: la prima che dal centro America raggiunge Sydney, e la seconda che unisce gli Inca a Wellington. Un chiasmo in mezzo al mare, che prenderà forma in quattro partite da non prendere sotto gamba.

Qualificazioni Russia 2018 | numerosette.eu
Ecco le squadre già qualificate. Quali saranno le ultime invitate alla festa?

La rivincita del Sud

Nel girone di qualificazione del Centro-Nord America è successo un po’ di tutto. La notizia più clamorosa è sicuramente la mancata qualificazione degli Stati Uniti, che da anni stanno investendo nel soccer e che si sono visti scippare l’invito per Mosca all’ultima giornata. La formazione di Pulisic e compagnia pensava di poter spadroneggiare in un girone tutt’altro che facile (con Messico e Costa Rica, tanto per ricordare un paio di selezioni); invece, la dottrina Monroe applicata al calcio si è riversata contro agli americani.

Honduras vs. Usa | numerosette.eu
La nazionale dell’Honduras immortalata pochi minuti prima dello scontro decisivo con gli Stati Uniti. Dopo Noriega e la Cia, la “Bicolor” ha restituito il favore nel calcio.

Se non stiamo parlando di uno spareggio che coinvolge gli Stati Uniti è merito di Panama, che ha centrato la qualificazione al mondiale per la prima volta nella storia (che sapore ha avuto battere gli Usa, dopo quarant’anni di ingerenze della CIA?), e di Honduras, che invece è a 180 minuti di distanza dal sogno.

La federazione honduregna non ha raggiunto lo spareggio per puro caso. Dall’inizio del nuovo millennio, infatti, il movimento calcistico nazionale è cresciuto notevolmente, permettendo alla selezione di centrare la qualificazione degli ultimi tre mondiali. La bicolor sembra però essere giunta al tramonto di un ciclo: delle quattro nazionali che andremo ad analizzare, ha la media anagrafica più alta (29,34 anni) con due soli under 23 convocati per lo scontro decisivo con l’Australia. Jorge Luis Pinto può contare sull’esperienza dei fratelli Palacios e di Maynor Figueroa, giocatori navigati della Premier League; non possiamo dimenticare che per molti la Russia sarà l’ultima chiamata ad un Mondiale, e una motivazione di questo calibro fa sempre bene. La bicolor proverà a sbancare in Australia mantenendo inalterata la mentalità dei gironi: un grande sostegno emotivo, e giocatori guidati dall’estro aleatorio del pallone.

Il vecchio Cahill

Prendiamo ora una nave, salpiamo dalle coste honduregne e viaggiamo per migliaia di chilometri. Ecco che, dopo una stagione in mare, caliamo l’ancora nel subcontinente australiano. A livello geografico, questo gigante fatto di montagne e deserti appartiene all’Oceania; ma la Fifa, con un atto di carità, lo ha inserito nel girone asiatico, dove può scontrarsi con Federazioni della sua stessa dimensione.

Gli australiani hanno spesso dominato il loro girone di qualificazione. La loro natura anglosassone e la condizione di colonia inglese hanno fatto penetrare il calcio già nella prima metà del Novecento; vantaggio strategico che ha permesso ai Socceroons di qualificarsi senza troppe storie a tutte le edizioni dei mondiali. Eppure, qualcosa sta cambiando; gli equilibri globali del pallone si stanno spostando, la Cina non fa mistero di voler ospitare (e vincere) i mondiali del 2050, e le petromonarchie del Golfo Persico attirano allenatori e selezionatori dai Paesi Europei.

Australia vs. Saudi Arabia
L’Australia ha faticato non poco al King Abdullah Stadium di Ryad.

In Asia si comincia a masticare calcio, e i canguri se ne sono accorti. La solida, rocciosa Australia ha infatti rischiato l’eliminazione al terzo round delle qualificazioni asiatiche, che sono di gran lunga le più complesse dal punto di vista burocratico. Finiti alle spalle del Giappone e dell’Arabia Saudita, i canguri hanno dovuto ammazzare i sogni della Siria in un playoff tutt’altro che scontato, per poi affrontare l’Honduras.

Sulla carta, l’Australia è la selezione meglio equipaggiata tra le sponde del Pacifico. Se è vero che gli inglesi hanno fatto dell’Australia una colonia, è altrettanto vero che la Premier e la Championship ospitano una enclave di giocatori australiani, che costituiscono storicamente la spina dorsale della rosa nazionale. Gente come Jedinak e Mooy, abituati a giocare ai ritmi forsennati d’Inghilterra.

Su tutti, però, spicca il capitano, Tim Cahill. Miglior realizzatore della storia australiana, a cui abbiamo regalato la copertina di questo articolo. Bandiera sempreverde di un’Australia aggrappatasi al suo uomo più forte per superare un momento non proprio semplice. Con la qualificazione distante 180 minuti, è lecito pensare che il CT Ange Postecoglou non stravolga nulla.

Australia qualificazioni | numerosette.eu

Primo scontro sul Pacifico

Come scenderanno in campo le due nazionali? Molto probabilmente, Honduras punterà tutto sul trasporto del proprio pubblico, per poi giocare una partita equilibrata in casa dei canguri. Gli australiani hanno dalla loro la consapevolezza di essere più forti; ma la convinzione, spesso, non basta per vincere.

Ryan
Degenek
Sainsbury
McGowan
Goodwin
Mooy
Irvine
Rogic
Krus
Juric
Cahill

Distanza Sydney-Tegucigalpa: 13961 km.

Differenza ranking Fifa: 26 posizioni (Australia 43°, Honduras 69°)

Realpolitik peruviana

In un articolo di qualche settimana fa, analizzando il pareggio tra Argentina e Perù che ha complicato non poco il cammino dell’Albiceleste nel girone sudamericano, avevamo usato parole di grande ammirazione per la selezione peruviana. Gli uomini di Gareca avevano infatti tenuto testa ai fenomeni di Sampaoli e alla mistica della bombonera: entrambi neutralizzati con una sana dose di Realpolitik calcistica.

Il Perù è tra le formazioni meno equipaggiate in un girone terribile come quello sudamericano. Eppure, eliminare il Cile e mettere i bastoni tra le ruote un po’ a tutti al di qua di Tordesillas (il Brasile ha fatto un girone a parte), significa che la squadra è compatta e presente. La Blanquirroja, pur avendo più dell’80% degli effettivi che militano in America, si comporta in maniera prettamente europea; spazi stretti, altissima densità a centrocampo, ripartenze velenose sfruttando la rapidità degli attaccanti. Una nazionale giovane, che si sta rinnovando e ha una propria identità: l’avversario peggiore da affrontare in un playoff così importante.

Messi vs. Perù | numerosette.eu
Messi alle prese con l’inaspettata e formidabile gabbia peruviana.

Tra i dilemmi amletici dell’Australia e l’euforica inquietudine dell’Honduras, ecco che spunta una sana dose di normalità. La voglia di non-essere sudamericani nel gioco ha permesso al Perù di disputare un accesso storico ai Mondiali (che mancano dal lontano 1970).

Ma la metamorfosi a suon di iniezioni di tattica ha un ultimo anticorpo: la nazionale neozelandese.

Il paradosso neozelandese

La Nuova Zelanda, dal punto di vista calcistico (e non), può essere definita paradosso. Lo sport più famoso del Paese è il rugby; gli All Blacks sono l’equivalente calcistico dell’Olanda negli anni Settanta, con la piccola differenza dettata dai trofei vinti. Agli antipodi, nel mondo australe più profondo, la Nuova Zelanda è un gigante nano: troppo grande per le altre federazioni dell’Oceania, troppo piccolo per quelle dell’Asia. Un Paese in cui il calcio è soltanto il terzo sport più seguito (c’è di mezzo anche il cricket) non può vivere la qualificazione al Mondiale come un dramma nazionale; la stessa federazione si definisce per contrasto coi cugini della palla ovale, e si veste tutta di bianco. Gli All Whites non hanno lo stesso appeal degli All Blacks. 

Non ballano la Haka, certo, i calciatori neozelandesi. Perché sono tutti emigrati sportivi; ad eccezione del blocco proveniente dalla Wellington Phoenix (l’equivalente della Juventus in salsa coloniale), bivaccano nella vicina Australia, o in Premier League o in Major League Soccer. Altri lidi dell’anglosfera che hanno accolto con maggiore benevolenza il calcio. Si radunano sotto lo stemma di una nazionale sostanzialmente disinteressata, affrontando avversari troppo deboli o troppo forti. In sostanza, un paradosso.

New Zealand football | numerosette.eu
La divisa della Nuova Zelanda è incredibilmente elegante, ma molto meno efficace di quella rugbistica.

Secondo conflitto sul Pacifico

Se Honduras-Australia pare una partita se non altro più emotiva, Nuova Zelanda-Perù si gioca sulla contraddittorietà. Da un lato abbiamo una nazione anglosassone che ripudia il calcio, e non riesce a innestarlo nel suo DNA europeo; dall’altro, una nazione sudamericana che ha rinnegato le proprie origini in nome di un fine superiore. Inerzia contro slancio vitale, ascesa contro titubanza. Tutto concentrato in 180 minuti, in migliaia di chilometri di aereo.

Non si può dimenticare, infatti, che il jet-lag è capace di ammazzare le motivazioni migliori.

Secondo gli aruspici del calcio, la Nuova Zelanda dovrebbe partire leggermente sfavorita. Questo perché, forse, gli All Whites non possono far propria la Haka, capace di incutere un timore nero agli avversari. Sarà una sfida da seguire con attenzione: i ventidue giocatori in campo saranno gli interpreti di due federazioni che hanno rinnegato la loro identità, e faticano nel costruirne una nuova.

Distanza Wellington-Lima: 10812 km.

Differenza ranking Fifa: 112 posizioni (Perù 10°, Nuova Zelanda 122°)

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