Il mercato estivo della Fiorentina è stato caratterizzato da una revisione dei costi abbastanza netta. Il monte ingaggi, per via della cessione dei vari Gomez, Alonso e Rossi, si è ridotto di circa 7 milioni, mentre per quanto riguarda le entrate non c’è stato nessun colpo degno di nota, in grado di accendere gli animi dei tifosi viola.
La campagna acquisti ha fatto storcere il naso a molti e che ha di fatto avviato la Fiorentina verso un inizio di stagione condito per lo più da scetticismo.
Tra gli acquisti conclusi dal neo-direttore viola, Pantaleo Corvino, l’unico nome che per età ed esperienza si poteva considerare di un certo appeal è stato quello di Carlos Sanchez, proveniente da Birmingham, sponda Aston Villa.
La sua pluriennale esperienza con la maglia della Colombia, selezione della quale è anche capitano, unita alle precedenti avventure in Spagna (Elche), Francia (Valenciennes) e in Inghilterra, come già detto, non gli sono bastate per evitare di finire nel calderone estivo delle polemiche che ha travolto la società viola, incrinando i già precari rapporti tra dirigenza e tifoseria.
Con trenta anni sulle spalle, il pensiero comune che serpeggiava tra i tifosi e tra i capelli del giocatore era quello che Sanchez fosse venuto a Firenze semplicemente per strappare l’ultimo contratto rilevante della sua carriera. Tuttavia, come spesso succede a giudicare prima di osservare, ci si sbagliava: le sue prestazioni sono qui a testimoniarlo.
L’INSERIMENTO
La Fiorentina è una squadra dall’alto tasso tecnico e questo negli anni l’ha portata a sviluppare un’ottima capacità di palleggio, tanto che proprio su questo punto vertevano i dubbi maggiori sul rendimento del centrocampista colombiano. In molti hanno sostenuto che fosse solamente un mediano di rottura e che non fosse in linea con i requisiti del centrocampista tipo richiesto da Paulo Sousa; queste obiezioni sono state da subito messe da parte, con il rendimento del colombiano che è stato al livello di quelli che venivano considerati gli insostituibili – Badelj, Vecino e Borja Valero, tanto per capirci. Nessuno avrebbe immaginato che da un mercato volto al risparmio sarebbe potuto arrivare uno capace di sovvertire le gerarchie del centrocampo viola, l’anno scorso artefice di grandi prestazioni.
Carlos Sanchez ha raggiunto probabilmente la maturità calcistica, attraverso la sua esperienza in tre dei maggiori campionati europei che lo hanno portato a confrontarsi direttamente con modi di intendere il football profondamente diversi. Questo non può essere certamente un fattore da sottovalutare in relazione al suo processo d’ambientamento in riva all’Arno, avvenuto più velocemente di quanto ci si aspettasse.
I 517 minuti (tra campionato ed Europa League) che Paulo Sousa gli ha concesso fino a questo momento ne fanno uno dei giocatori più utilizzati di tutto l’organico viola, andando innegabilmente a delineare un ruolo di assoluta centralità nella proposta di calcio del tecnico portoghese.
Le sue caratteristiche, tipiche del volante sudamericano, hanno fatto sì che l’integrazione nella mediana a due di Paulo Sousa non subisse passaggi a vuoto, ma anzi che fosse decisamente rapida e per certi versi quasi inaspettata.
La mediana composta da un doble pivote ha permesso a Sanchez di non farsi totalmente carico della fase di impostazione, che viene di volta in volta spartita con il compagno a fianco. Oltre che di un centrocampista di alta qualità, Sanchez può beneficiare spesso e volentieri della superiorità posizionale, conferita dalla decisione di giocare con tre difensori, tra cui Gonzalo Rodriguez che è praticamente un playmaker aggiunto. La pulizia nella distribuzione del pallone ne ha inevitabilmente risentito – in positivo – facendo registrare una precisione altissima (91.7 %), addirittura superiore a quella di Badelj.
Se Sanchez ha certamente evidenziato una buona propensione ad essere parte attiva in fase di possesso, certamente le sue qualità più importanti e più facilmente evidenziabili fanno riferimento alla sua forza fisica. Sousa ha fin da subito capito quanto queste caratteristiche potessero diventare importanti nell’economia della sua squadra permettendogli di avere una presenza costante sia sulle seconde palle, sia per portare un pressing organizzato in fase di non possesso. Queste sue capacità gli sono valse medie difensive molto importanti come: 1.4 tackles, 1.4 intercetti e 2 spazzate a partita. (Fonte dati: Whoscored)
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LA LEADERSHIP
Dentro e fuori dal campo Sanchez non è un personaggio qualunque: la sua grinta e il non essere mai remissivo ne hanno fatto immediatamente un beniamino del Franchi, che già si sta avventurando in paragoni audaci con vecchie glorie del passato, simili per ruolo e caratteristiche, come Dunga e Passarella.
Se il campo ha contribuito in maniera decisiva a renderlo uno dei giocatori più acclamati dal popolo fiorentino, la sua capigliatura punk-rock ha amplificato incredibilmente la sua dimensione pubblica che, tra una risata e un parallelo con Jimi Hendrix, lo ha reso un idolo a trecentosessanta gradi dei tifosi viola.
Benché l’aspetto esteriore non sia ciò che di più sobrio ci sia a questo mondo, Sanchez è un ragazzo decisamente tranquillo e poco incline a trasgredire le regole della quotidianità. In un’intervista concessa alla “Repubblica di Firenze” ha esplicitato – rendendo pubblici alcuni aspetti della sua vita – tutta la sua felicità nel poter far parte di questa squadra e di poter giocare a calcio circondato da così tanta bellezza artistica: chissà che dopo tanto girovagare non abbia trovato il suo posto nel mondo.
La sua è una vita trascorsa senza eccessi, tra la polvere dei campi colombiani, nei quali calcisticamente si è formato. Le fatiche di Sanchez raccontano di un ragazzo che ce l’ha fatta e che, adesso, non abbassa mai la guardia. A nessuna latitudine.