La cavalcata di Zizou

Una fine non è mai facile. Me la immagino così tanto nella mia testa che non potrà mai soddisfare le mie aspettative, e finirò sempre per rimanere deluso. Non sono nemmeno sicuro del perché m’importi di come finirà tutto. Immagino che sia perché tutti crediamo che quello che facciamo sia molto importante, che le persone pendano dalle nostre labbra, che diano importanza a quello che pensiamo. La verità è che devi considerarti fortunato se anche solo di tanto in tanto fai sentire qualcuno, chiunque, un po’ meglio.

(J.D, ‘Scrubs’)

Così il dottore John Dorian salutava il suo amato ospedale ‘Sacro Cuore’ nel finale strappalacrime di Scrubs. Parole importanti, che segnano un punto d’arrivo e un punto di partenza, uno spartiacque tra una fine e un nuovo inizio.

Frasi simili devono essere venute in mente domenica sera a Zinedine Zidane negli spogliatoi del Sanchez-Pizjuan, o sul pullman di ritorno verso Madrid, quando i suoi blancos hanno visto interrompersi la striscia record di 40 risultati utili consecutivi, proprio nello stadio che solo tre giorni prima li aveva proiettati nella storia del calcio spagnolo. Lui che in fin dei conti è stato un po’ un medico per il Real, arrivato ormai più di un anno fa, il 4 gennaio 2016, con l’obiettivo di curare il team dal morbo Benitez; giunto senza obiettivi, alla stregua di un traghettatore (perché può anche aver vinto tutto da giocatore, ma era pur sempre alla prima panchina importante da allenatore), per poi diventare nel giro di 365 giorni uno degli allenatori più vincenti di sempre, almeno nelle percentuali. Già, perché i numeri, nella seconda primavera blanca per Zizou, sono da capogiro: in 53 match visti dalla panchina, 41 vittorie, 10 pareggi e appena 2 sconfitte. E anche se gli uomini di Sampaoli, veri antagonisti dei Galacticos verso la corsa al titolo di Spagna, hanno messo fine a un filotto impressionante, è giusto rivivere i passaggi più importanti di questo viaggio fatto di 40 fantastiche tappe.

È giusto partire da dove tutto è cominciato. Il migliore inizio è la fine, e la cavalcata trionfale del Real inizia dal fischio finale del quarto di finale di andata della scorsa edizione di Champions League: è il 6 aprile 2016, alla Volkswagen-Arena il Wofsburg affonda 2-0 il Real e sembra ipotecare la qualificazione a una storica semifinale. Sembra essersi spenta la luce in casa Real, è invece è stato l’inizio di uno dei periodi più abbaglianti della storia del club. Nel weekend seguente i blancos asfaltano 4-0 l’Eibar, per frustrazione, per mostrare alla Spagna e all’Europa intera che, come dice Ligabue, ‘il meglio (della stagione) deve ancora venire’. L’occasione migliore per dimostrarlo arriva 6 giorni dopo il tracollo in terra tedesca: il condottiero nella battaglia della rivalsa è uno solo, e non potrebbe essere altrimenti. CR7 firma con una tripletta una rimonta storica e regala ai suoi il passaggio del turno.

È un preludio ad una primavera rovente per i Galacticos.

In Liga gli uomini di Zidane mettono il pilota automatico, non mollando un colpo, ma subendo i risvolti di una partenza ad handicap sotto la guida Benitez, riuscendo comunque a battagliare fino all’ultima giornata con il Barça.

In Champions la musica è ben diversa.

Il Real fatica, soffre, ma mette in pratica il pragmatismo del suo allenatore. Dopo aver superato il City, la finale è (ancora una volta) un affare madrileno: Atletico e Real, come due anni prima. Simeone vs Zidane. Nell’unico precedente tra i due allenatori, i Colchoneros avevano trionfato con un gol di Griezmann che zittì il Bernabeu, fino a quel momento unico passo falso in Liga per il francese. Alla fine di un match combattuto, con il Real (immeritatamente) passato in vantaggio con Sergio Ramos, e poi raggiunto da una zampata di Ferreira Carrasco, si giunge ai rigori. Dagli 11 metri Ronaldo non sbaglia, consegnando a Zidane il trionfo europeo al primo tentativo.

Il primo scorcio di stagione per il francese si chiude con una striscia di 15 risultati utili, con 11 vittorie consecutive in Liga. Numeri importanti, ma l’aria di record è ancora lontana.

Iniziano le vacanze estive ma si sa, i più forti non si riposano mai. Il 9 agosto il Real disputa la Supercoppa Europea, per riprendere da dove aveva lasciato. Al Lerkendal Stadium di Trondheim, in Norvegia, l’avversario è il Siviglia: i 3 volte trionfatori in Europa League hanno visto partire Unai Emery, accogliendo al suo posto l’argentino Jorge Sampaoli. Un match fantastico, con rimonte e controrimonte, in cui il Siviglia gioca bene, si illude, ma alla fine non può che raccogliere i cocci dei propri sogni infranti.

Il Real vince 3-2 sul filo di lana: Carvajal decide la sfida con uno slalom fenomenale al 119′. Il Real non molla un colpo. Non lo fa in campionato, dove spiccano i successi 1-6 sul campo del Betis, e per 1-4 in casa del Deportivo Alaves. Non perde il controllo neanche in Champions, dove subisce l’arrembante Dortmund (2-2 in Germania), ma asfalta il piccolo Legia Warsavia (5-1). Tutti passaggi verso un traguardo storico, con ogni tappa dal sapore diverso, unico. Anche se alcune sono indubbiamente più importanti di altre.

19 novembre 2016, stadio Vicente Calderon. È tempo di derby di Madrid, il primo dopo la finale di San Siro. Due squadre con gli umori opposti: da una parte l’Atletico, in cerca di continuità, con un Simeone che sembra all’ultimo giro di valzer con una società cui ha dato tanto; dall’altra un Real che gioca a memoria, che non entusiasma ma che ha entusiasmo, con Zidane che ogni weekend fa un passo ulteriore verso la storia.

Senza storia invece il match. Mattatore unico sul palcoscenico del Calderon è il solito portoghese, che inscena una tripletta (e un esultanza da divo), con cui raggiunge quota 18 gol nelle stracittadine (superando Di Stefano) e pone fine alla striscia di 22 turni di imbattibilità casalinga dell’Atletico.

A metà dicembre il Real vola in Giappone per il mondiale per club. Il più delle volte chi giunge come campione d’Europa a questa competizione, si trova favorito, figurarsi per una squadra che sta sfidando i record del calcio europeo. Il Real mantiene i pronostici, e a Yokohama il 18 dicembre 2016, facendo fuori il Kashima Antlers per 4-2, si porta a casa l’ennesimo trofeo, il terzo per Zidane in 12 mesi appena alla guida dei galacticos.

Anno nuovo, solite abitudini. Il Real riprende il 2017 da dove aveva lasciato, contro la nemesi della stagione: il Siviglia. Il contesto è quello dell’andata degli ottavi di finale di Copa del Rey, ma la voglia di vincere è quella di sempre, e il risultato lo dimostra: 3-0, 38 risultati utili consecutivi.

Il ritorno, previsto 8 giorni dopo, potrebbe essere l’appuntamento con la storia. Di mezzo il 5-0 sul Granada con cui i blancos eguagliano il Barça di Luis Enrique. Si giunge così al 12 gennaio 2017.

Il Sanchez-Pizjuan è infuocato come sempre. Una parte inneggia alla remuntada del Siviglia, l’altra sostiene il Real nella caccia al record, la sfida è per l’ennesima volta uno scontro entusiasmante. Un botta e risposta che assume i contorni di un conflitto bellico, con il Siviglia tutto all’attacco, per provare una rimonta unica nell’albo del torneo, e un Real che non vuole mollare proprio adesso, ad un passo dal traguardo. Al 77’ il risultato è di 3-1 per Sampaoli, ma Zidane non ha mai mollato nella sua carriera, e ai suoi ha trasmesso questa sua grinta.

Ci hanno pensato due uomini simbolo come Sergio Ramos  e Benzema a firmare un pareggio che li ha proiettati nell’olimpo del calcio spagnolo ed europeo. 40° risultato utile consecutivo, superato il Barça, superato Luis Enrique. Superato ogni avversario, abbattuto ogni ostacolo.

 

È normale, raggiunto un obiettivo così importante, essere stanchi, non appagati, ma un po’ rilassati. 3 giorni dopo un giorno storico, il Real si presenta senza grinta e motivazioni di nuovo di fronte ad un Siviglia famelico, che alla seconda volta non fa sconti. Non basta la fortuna al Real, e un favore dell’arbitro che regala un penalty che Ronaldo (ancora lui) non sbaglia. Nei minuti finali gli andalusi completano la rimonta con l’autogol di Sergio Ramos e il secondo gol consecutivo di Jovetic: interrotta la striscia per il Real, ed è forse un bene, perché ogni inizio comincia dalla fine.

Quella del record è stata dolorosa ma logicamente inevitabile. Ora c’è un altro anno che aspetta Zidane e i suoi, in cui l’obiettivo (neanche troppo velato) è il triplete, che sarebbe il primo nella storia blanca. La voglia è sempre la stessa, quella di non lasciare nulla al caso. Gli avversari sono agguerriti come da copione. Il finale è ancora tutto da scrivere. Il 2017 è tutto da vivere.

Con un Real forte, ma adesso battibile.

 

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