“Eccoti sai ti stavo proprio aspettando
ero qui ti aspettavo da tanto tempo
tanto che stavo per andarmene
e invece ho fatto bene…”
Ditemi la verità, l’avete letta cantandola, vero?
Ma cosa c’entrano gli 883 con Andrea Petagna?
“…ti aspettavo da tanto tempo…”
Ci è giunta voce che, quando Andrea ha saputo della convocazione in Nazionale maggiore domenica sera, abbia sussurrato questa frase. Ma ce n’è voluto di tempo prima che ciò accadesse, prima che la Bora tornasse a Coverciano.
Ripercorriamo assieme, seguendo i vari venti indicataci proprio da Andrea, le tappe che lo hanno portato ora ad essere considerato uno degli attaccanti più promettenti del panorama calcistico italiano.
Nulla è stato facile, soprattutto se sei considerato, a detta di molti, il fiore all’occhiello delle giovanili. Al Milan è stato così, fin da subito, fin quando si fece notare prima con gli allievi e poi con la primavera, alla 66esima edizione del prestigioso Torneo di Viareggio, che vinse guidato da Filippo Inzaghi. Ma, come spesso accade, quando sei arrivato sul gradino più alto, che coincide con l’esordio in prima squadra, è facile cadere o fare passi indietro, in modo particolare se non sei supportato dagli stessi che – forse frettolosamente – ti veneravano.
Dopo l’esordio tra i professionisti, in occasione del match valevole per la fase ai gironi della Champions League alla Scala del calcio, inizia così una parabola discendente che, per tre lunghi anni, non ha mai smesso di tormentarlo.
“In precampionato segnai al City e nel Trofeo TIM. Con Pazzini infortunato ero l’altro attaccante a disposizione insieme a Balotelli. L’ultimo giorno di mercato il Milan comprò Matri. Quando lo venni a sapere mi chiusi nel bagno del ristorante e piansi”.
Si chiude una porta e si apre un portone?
- Libeccio, Sampdoria
Il Libeccio è un vento umido, molto rafficoso (si, si dice così) e violento che proviene da Sud Ovest. E’ molto temuto per gli effetti che può provocare, infatti spesso genera forti mareggiate, piogge molto intese e condizioni di burrasca. La stessa con cui sul Mar Ligure, vestendo i colori degli eroi, definiti così dai tifosi blucerchiati, ha dovuto combattere.
Arrivato tra i monti e il mare della Superba per rilanciarsi, Petagna ha ottenuto l’effetto contrario, entrando subito nell’antipatia dei sostenitori doriani convinti che, sul rettangolo di gioco, non metteva quell’agonismo necessario e quella voglia, comune a molti giovani, di spaccare tutto. Ma, in soli sei mesi di prestito, le apparizioni di Andrea con la casacca a strisce furono appena sei e le reti 0. Totalmente da dimenticare.
A Genova, come lo stesso giocatore ha affermato in un intervista rilasciata al Corriere della Sera, è stato un periodo molto difficile, dettato anche dalla cattiveria di alcuni “tifosi”, se così possiamo definirli: “Ricordo che mi cancellai da Twitter quando giocavo nella Sampdoria. Alla prima partita di Mihajlovic, Sinisa mi manda in campo a 15’ dalla fine: perdo palla e la Lazio segna. I tifosi sul web mi hanno coperto di insulti”.
- Maestrale, Latina – Vicenza
Il Maestrale è uno dei venti più intensi che interessano l’Italia, le condizioni in cui esso si può verificare sono diverse, ma tutte comunque derivano dalla discesa di aria fredda di origine polare verso le basse latitudini. Verso Genova, per intenderci.
Questo forte vento, arrivato nel capoluogo ligure nel 2014, lo trascina prima verso il Lazio, precisamente a Latina e poi, di nuovo dopo sei mesi, a Vicenza.
Ma anche da queste parti, l’ancora giovane promessa, non riesce ad incidere.
A Latina, sulla falsa riga del recente passato ligure, è continuamente bersagliato dai supporter nerazzurri, cosa che non lo rende affatto sereno. A Vicenza le cose non vanno per niente meglio, anche se vengono addolcite dal primo gol tra i professionisti contro il Bari, con il quale riesce a far ottener i tre punti alla formazione veneta.
- Tramontana, Ascoli
La Tramontana è un vento molto freddo che di solito porta tempo asciutto, cielo sereno e visibilità ottima. Di conseguenza, solitamente, quando si è in presenza di Tramontana, vuol dire che una giornata particolarmente nuvolosa o, addirittura, burrascosa può solo migliorare.
Avvolto nella bufera, soprattuto psicologica, visto che non era riuscito ancora a esprimersi al meglio nel calcio che conta e a dimostrare di che pasta fosse fatto, il giovane triestino per alcuni istanti ha pensato anche di smettere.
“Ero reduce da una stagione deludente divisa fra Latina e Vicenza con un solo gol all’attivo. Nessuno mi voleva prendere: per la Serie B avevo un ingaggio troppo alto ed il Milan non voleva partecipare alla corresponsione dello stipendio. In Lega Pro non mi voleva mandare, e l’unica squadra che all’epoca era sulle mie tracce era l’Ascoli. Poi per fortuna i marchigiani furono ripescati in B e la mia carriera cambiò di nuovo direzione”.
Ma ecco che, come dicevamo, nel pieno della tempesta arriva la Tramontana, quindi il bel tempo.
Grazie alle 32 presenze e, soprattutto, alle sette reti segnate nelle Marche, l’Atalanta di Percassi strizza subito l’occhio al calciatore, assicurandoselo per la prossima stagione in cui sederà sulla panchina della Dea, dopo aver terminato la lunga esperienza genovese sponda rossoblù, Gian Piero Gasperini, noto come ‘colui che fa rinascere i giocatori’.
E allora, per Andrea, poteva capitare un’occasione migliore per soffiare come la Bora, se non questa?!
- Bora, Atalanta
La caratteristica della Bora è di essere un vento discontinuo, ovvero di manifestarsi con raffiche più forti, intervallate da raffiche meno intense. Soffia con particolare intensità a Trieste, e il classe ’95 lo sa bene.
L’intensità è la sua caratteristica principale, così come la forza fisica. Ma, per certi versi, questo lo sapevamo già; non eravamo a conoscenza, invece, della sua cattiveria e freddezza, anche se a volte discontinua – proprio come la Bora – sotto porta.
L’Atalanta si è proclamata sorpresa di questo campionato, capace di ottenere sei vittorie consecutive e di lottare per un posto in Europa con le grandi potenze italiane, come Inter e Lazio. Sicuramente il merito va a Gasperini che ha saputo, nonostante le molteplici difficoltà iniziali, costruire una squadra affamata e competitiva, formata anche da giovani proprio come Andrea Petagna che, forse sentendo anche l’aria primaverile e il cinguettio delle rondini, sembra essere sbocciato. L’ex allenatore del Grifone ha saputo, in particolare modo con il giovane triestino, motivarlo e spronarlo a dare sempre il massimo, a non mollare mai.
“E’ l’allenatore che mi ha dato di più. Mi sta insegnando alcuni fondamentali che nelle giovanili nessuno mi ha mai spiegato. Per noi giovani è un papà. Ti fa tirare fuori quello che hai ed è bravo a darti fiducia, ma devi stare sempre sul pezzo”.
Queste sono le bellissime parole nei confronti del suo papà calcistico, di chi ha saputo aspettare e credere in lui. Cosa assolutamente non scontata perché nella breve carriera di Andrea, il vero problema è stato proprio questo: nessuno ha mai creduto veramente in lui e nelle sue potenzialità.
Si dice che all’interno di un grande masso ci sia già la scultura, basta avere pazienza e, con l’uso dello scalpello, pian piano farla uscire. D’altronde da sola non verrà mai fuori, ci vorrà sempre qualcuno che, sapientemente, proprio come Gasperini, dia una mano alla riuscita dell’opera, così poi da poterla far ammirare in tutto il suo splendore.
Ultimamente, proprio come la Bora, Andrea soffia con meno prepotenza, ma sappiamo che, da un momento all’altro, possono esserci forti raffiche, spinte anche dall’orgoglio e dall’emozione. Sentimenti con cui si è presentato anche in conferenza stampa dopo la prima convocazione – al posto dell’infortunato Gabbiadini – del C.T. Ventura.
“Ero nervoso perché domenica non avevo segnato, stavo andando nell’Under 21 e poi mi è arrivata la chiamata. Se penso che da bambino mia madre mi portava fuori dall’hotel dove era in ritiro la Juve…mio padre, invece, faceva ore in macchina per portarmi ad allenare e poi tornava a lavorare. Mi ha detto una sola cosa: di godermela. Per me è la prima convocazione, devo migliorare, sono qui per imparare. Devo migliorare nei gol perché io gioco per la squadra, spero che arriveranno anche le reti, ma non c’è solo quello, anche se dopo un paio di partite mi sta mancando. Il sacrificio comunque paga, a 21 anni sono arrivato in A”.
Con i sacrifici si ottiene tutto, ma senza un maestro che ti segue, diventa più complicato.
Andrea finalmente è arrivato dove voleva, superando tutte le spine che ha incontrato lungo il suo cammino e tutti i venti che ha dovuto ostacolare per far soffiare, prepotentemente, la Bora che c’è dentro di lui.
Un vento magnifico, a volte malinconico ma, sicuramente, pieno di orgoglio.