Storia di un sogno

Quando si entra in un sogno, non si sa come ci si arriva. Ci si lascia andare, si chiudono gli occhi, ed ecco che le fattezze del surreale si aprono davanti alle pupille dilatate della nostra mente. Ma un sogno, affinché possa essere tale, deve costruirsi su fondamenta reali, con stralci di verità e concretezza che possano essere inseriti al suo interno, in maniera da far credere davvero a chi vive tra i nembi del sonno che ciò che sta vivendo potrebbe essere reale.

Ivan Ambrosio il suo sogno lo ha costruito senza chiudere gli occhi, poggiando un mattone sopra l’altro per dare forma al suo stadio, quello dei SUOI sogni, infinitamente più grande degli oltre 300 visitati nei suoi mesi inglesi.

Ma un’idea del genere non nasce dal nulla, si genera nella testa di una persona come il seme di un fiore, germogliando lentamente e aspettando il momento propizio per sbocciare.
Ivan si è raccontato a noi con spensieratezza e tranquillità, descrivendoci in maniera tanto puntigliosa quanto realistica il suo tour.

Un’attrazione forte, rivolta inizialmente soltanto verso gli stadi più famosi e conosciuti, come Old Trafford o Anfield; poi ho cominciato pian piano ad addentrarmi nella realtà del calcio inglese, e con essa anche dentro i corridoi degli stadi di settima e ottava lega; tanto che, successivamente, in un’intervista con Gianluca Di Marzio a Sky, nacque la promessa di raggiungere quota 300. E una volta fatta, andava decisamente mantenuta.

Ivan Ambrosio

Doveva a tutti costi mantenere la parola data, riuscire nell’intento di guardare, respirare, fotografare, conoscere la storia di quei prati e quegli spalti che accompagnano i 313 stadi vissuti dal ragazzo di Napoli in questi mesi di pellegrinaggio nel paese del nord Europa. Un tragitto che gli ha permesso di comprendere appieno il significato di ‘football’ in Inghilterra, il loro modo di respirare calcio.

Pura religione. Le persone che si recano allo stadio lo fanno con passione e amore sconfinato per la loro squadra, ogni match day è giorno di festa. Ma la cosa che più di tutte mi ha stregato del calcio inglese, è stato vedere i tantissimi bambini che si recavano allo stadio con la propria famiglia; una cosa importantissima, visto che in questo modo, secondo me, viene trasmessa la passione da padre in figlio per una squadra e per il calcio, uno sport che già in tenera età può entrare nel cuore dei bambini.

Ivan Ambrosio

E come spesso accade in un viaggio, ci sono posti che restano nel cuore più di altri, che toccano dentro, nelle profondità, quelle miriadi di emozioni che hanno bisogno solo di essere stuzzicate per venire fuori. Che sia davanti all’immensità dell’oceano, a un tramonto rosso strappalacrime, a un’alba di quelle che non vuoi dormire per vederla; o che sia davanti a una curva di uno stadio, quelle emozioni vivono criogenate dentro di noi, in attesa di essere mosse e scaldate.

E Ivan le ha viste scatenarsi soprattutto in alcuni stadi piuttosto che in altri, come “nel  ‘Teatro dei sogni’, l’Old Trafford di Manchester, che ha senza dubbio un posto in prima fila nel mio cuore. Ma tra gli altri che mi hanno regalato brividi, metto volentieri il City Ground del Nottingham Forest, il St James Park di Newcastle, Anfield e Goodison Park (rispettivamente case delle rivali Liverpool ed Everton), l’Upton Park (il vecchio stadio del West Ham), il Craven Cottage del Fulham e infine Wembley. Durante le partite, questi stadi sono fantastici, si trasformano, prendono vita. E tra i campi londinesi, direi che il Craven Cottage è sicuramente il mio preferito, con quel non so che di romantico e antico, con una bellezza vecchia ma attuale.

Ovviamente la lista potrebbe continuare con lo stadio dell’Exeter City, dell’Harrogate Town (primo stadio di non-league visitato insieme ai miei amici Jasmine e Giuseppe) e molti altri in Scozia, dove il 23enne campano ha sempre trovato disponibilità e un’atmosfera fantastica. Ma la nostra domanda riguardava solamente i suoi preferiti e abbiamo dovuto limitare le sue risposte…

Ivan D'Ambrosio

Non ha mai avuto il timore di lasciarsi andare, di farsi vedere per un secondo debole, per quanto avrebbe potuto nascondersi alla sua personalissima fotocamera e ai suoi ‘seguaci’ sui social network. Ivan ha voluto mostrare tutte le parti di questo viaggio, sia quelle piacevoli e ricche di soddisfazioni, sia quelle che lo hanno messo a dura prova, portandolo quasi alla convinzione che non avrebbe potuto farcela.

E’ stato decisamente faticoso, tanto che spesso, quando credevo di non farcela, nei momenti più duri, sono spesso caduto nella tentazione di mollare. Ma alla fine, con determinazione, sono riuscito a versare molte più lacrime per gioia e commozione, che non per stanchezza e delusione. E’ capitato spesso negli stadi, davanti alla bellezza delle tifoserie e dei muri formati dai cori delle curve, ma l’emozione più grande l’ho provata durante l’incontro con Antonio Conte, atteso, sognato per anni e finalmente arrivato.

Ivan D'Ambrosio

Una collezione di figurine che ha riempito non solo con i prati dei 313 stadi, bensì anche con quei meravigliosi scatti con persone che in questo sport hanno lasciato il segno. Come la foto con Pep, fraintesa dai più, ma riguardandola induce davvero a pensare a un pianto.

Come ho già detto ad altri, sembra che io stia piangendo, ma in realtà ero solo molto emozionato e con gli occhi socchiusi; questo ha creato ‘l’effetto lacrima’.” E’ invece con Antonio Conte che ha passato il momento migliore, in una mezz’ora passata a piangere per l’emozione. “I miei amici Gianni e Caterina, che erano con me in quella fantastica giornata, non sapevano come calmarmi. Ma loro non potevano capire: erano anni che aspettavo quell’incontro e quando venne verso di me dopo averlo chiamato non potevo far altro che lasciarmi andare a un pianto infinito, soprattutto perché mi trovavo in un momento difficile, venivo da due mesi di tensione a Manchester e in quel pianto scaricai davvero tutto quello che avevo accumulato. E non mi vergogno di dirlo, perché chiunque abbia un sogno da raggiungere, può capire tranquillamente di cosa io stia parlando.

Ivan D'Ambrosio

E tra i giorni, le settimane, i mesi susseguitisi senza interruzione, Ivan ha più volte ribadito come sia stato l’incontro con l’ex allenatore della Juventus il momento di maggior magia vissuto in terra Inglese, perlomeno parlando di persone incontrate. Ma tornando a stadi e tifoserie, quella più emozionante è stata quella del Newcastle contro l’Aston Villa. “Andammo a vedere i Magpies contro l’Aston Villa e l’atmosfera surreale mi entrò a tal punto dentro che finii per piangere. Entrare in quello stadio ti lascia vivere il calcio e guardando tutti i tifosi intorno ti rendi conto che ogni singola persona vive per la propria squadra.

             “Going Home”

Mentre l’unico episodio davvero triste accadde pochi giorni prima di tornare in Italia, davanti al centro d’allenamento del Manchester United per cercare di avere anche Wayne Rooney da incollare con attenzione tra le pagine dell’album. “Mi misi pazientemente ad aspettare. Quando arrivò con la sua macchina, nella fretta mi cadde il telefono dalle mani e si ruppe lo schermo proprio davanti a lui. Gli feci segno di aspettare un attimo per una foto, ma lui non fu particolarmente cortese e andò via.  A parte questo piccolo episodio, resta comunque un grande calciatore.”

Un viaggio iniziato con un sogno, continuato con una promessa, terminato con la sua realizzazione. Ora Ivan dovrà raccogliere tutte le idee, tutte le sue foto, tutte le figurine di quel personalissimo album per mettere una pagina dietro l’altra e scrivere un libro, “per ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine e mi hanno aiutato a raggiungere tutto questo.

Ivan Ambrosio

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