Italia-Germania: una storia scritta da notti magiche

Non esiste il calcio senza la storia. O almeno, ci sono partite che non avrebbero ragione di essere giocate senza di essa: una di queste è Italia-Germania. Il Novecento come filo conduttore di tensioni, prove di amicizie e guerre, in campo e fuori ma, come recitò un giorno uno striscione, “con voi abbiamo perso solo quando eravamo alleati“.

Quando nelle grandi manifestazioni il destino le mette davanti, due popoli sanno che quella sarà la partita: colpa di quel giorno, a Milano, colpa forse anche di quei maledetti anni ’20. Il fascismo sta mangiando e dilaniando l’opinione pubblica, facendosi strada in un’Italia senza speranze e alla ricerca di una stabilità che manca da tempo immemore. Nel calderone della penisola sta crescendo anche la voglia di sport, il calcio prende vita nel cuore dei tifosi che cercano di sottrarsi almeno per novanta minuti all’ardua esistenza di quel periodo.

È il primo gennaio 1923 quando le due compagini si affrontano la prima volta, ignare di quello che avrebbero vissuto e scritto almeno per i cento anni successivi: finisce 3-1 per l’Italia e si, il buongiorno si vede dal mattino. Inizia una nemesi teutonica poichè, tra Germania divisa ed unificata, gli azzurri escono imbattuti da tutte le gare delle grandi manifestazioni. Un viaggio negli anni in cui l’Europa prende forma accompagnato da grandi battaglie: la Storia vuol dire la sua parola e disegna nella Seconda Guerra Mondiale un quadretto perfetto per innescare una rivalità che durerà negli anni. La partita giocata a Stoccarda nel 1955 sembra un appuntamento al buio dopo quindici anni di silenzi sportivi: i partigiani avevano liberato l’Italia dall’invasione tedesca, dopo che gli eventi si erano ribaltati e il desiderio di libertà aleggiava nell’anima degli abitanti del Belpaese. Ma anche stavolta vinciamo noi, due a uno in casa dell’oppressore, umiliato spesso anche negli anni ’30 salvo un episodio. Qualche mese dopo, la Germania vuole la rivincita: cambia la città ma non il copione. Il primo grande incontro in una fase finale di una competizione lo abbiamo in Sudamerica: siamo al Mondiale in Cile, anno 1962, italiani e tedeschi si annullano e la partita termina in pareggio, con l’Italia che verrà sconfitta nella partita successiva dai padroni di casa nella “battaglia di Santiago”.

La targa fuori dallo Stadio Atzeca di Città del Messico: la partita del secolo
La targa fuori dallo Stadio Atzeca di Città del Messico: la partita del secolo

C’è poi quella partita destinata a rimanere per sempre tra i validi motivi per amare questo sport: si vive di emozioni e ricordi, prettamente indelebili, poichè quando pensiamo al 1970 ci vengono in mente solo tre parole, “partita del secolo“. Voliamo in Messico, signori miei, si balla e si beve ma, soprattutto, si esulta: Italia-Germania 4-3, quello che sembrava poter diventare un incubo per gli Azzurri si trasforma in una delle vittorie più soddisfacenti di questa sfida, con centoduemila spettatori che assistettero ad uno dei più grandi spettacoli di tutti i tempi. Il fuso orario fece rimanere incollati i tifosi europei fino a notte inoltrata ma, a fine partita, scoppiò probabilmente la scintilla che rese questo incontro speciale.

Dopo aver eliminato la Germania al Mondiale del ’78 con un pareggio a reti bianche, l’Italia è pronta a consegnarsi nuovamente alla gloria: in Messico ed in Spagna si parla lo stesso idioma, sia culturale che sportivo. E’ il trionfo più bruciante: l’urlo di Tardelli sveglia gli italiani che prepareranno qualsiasi tipo di sfottò ai tedeschi, l’estate è appena iniziata e nei campeggi dove alloggiano i tedeschi verranno portate pure bare ed elogi funebri. Rossi, Tardelli ed Altobelli regalano il tre ad uno finale, visibilio azzurro che affossa l’orgoglio teutonico.

L'urlo di Mun.... Tardelli
L’urlo di Munch Tardelli

Passano due europei, quello del 1988, preceduto da varie amichevoli non fortunate per l’Italia, dove le due squadre pareggiano nuovamente, e successivamente nel 1996, quando la prima Germania riunificata costringe al pareggio gli italiani prima di andare a vincere la competizione in finale contro la Repubblica Ceca. Se il Novecento si conclude con le vittorie tedesche in amichevole, l’inizio del nuovo millennio ha un solo colore: l’azzurro. Nell’agosto del 2003 Stoccarda porta ancora sfortuna ai padroni di casa che, tre anni dopo, cadranno con quattro reti all’Artemio Franchi di Firenze nell’amichevole pre-Mondiale: non è una sfida come le altre, l’atmosfera precede la competizione che si giocherà proprio in casa loro. E non c’è bisogno che io vi spieghi come andò a finire qualche mese più tardi.

Uno dei fotogrammi più belli della mia infanzia
Uno dei fotogrammi più belli della mia infanzia

Dortmund, roccaforte della Nazionale tedesca: la partita viene preceduta da offese e sfottò della stampa e dei tifosi tedeschi che, senza pietà, cercano di minare l’equilibrio precario, fuori dal campo, di un’Italia che sta cadendo a pezzi. Come racconterà anche Gattuso, gli stereotipi affibbiati agli italiani finirono per aumentare la carica di quest’ultimi: inoltre, prima della gara suona “Notti Magiche“, la canzone di Italia 1990 che, come nel miglior copione, vide i tedeschi trionfare in casa nostra. Ma quelle strofe non sono loro, appartengono a noi e fanno salire al massimo l’adrenalina dei ventitre azzurri che con quel suono ci sono cresciuti. Partita tesa, molto tirata e sempre in bilico: si va ai supplementari, dove matura una delle più grandi trame del calcio. L’eroe del popolo, Fabio Grosso, buca Lehmann e si lascia andare ad un urlo che ricorda quello di Tardelli. E’ difficile raccontare a parole quei tre minuti finali che tutti abbiamo visto: le emozioni possono essere trascritte ma quelle vissute la sera del 4 luglio 2006 sono indescrivibili. L’uno a zero getta la Germania in avanti ma…

Arriva il pallone lo mette fuori Cannavaro, insiste Podolski… Cannavaro! Cannavaro, via il contropiede per Totti, dentro il pallone per Gilardino, Gilardino la può tenere anche vicino alla bandierina, cerca l’uno contro uno, Gilardino, dentro Del Piero, Del Piero, GOL!“: vengono le lacrime anche a scriverla questa poesia di Caressa. Dopo ricordo le urla, i brividi, la confusione, Alex che corre dalla moglie e la faccia di una tifosa tedesca che piange. Nel boato si udisce un “Andiamo a Berlino“, siamo in finale.

Spesso mi chiedono cosa trovo in questo sport: credo che quei tre minuti riescano in parte a completare la mia giustificazione.

Balotelli mostra i muscoli: sguardo glaciale e boato azzurro
Balotelli mostra i muscoli: sguardo glaciale e boato azzurro

L’atto più recente è l’ennesima apoteosi azzurra: 28 giugno 2012, Varsavia. La Germania è ormai padrona dell’Europa, almeno in ambito politico, dove prova a dispensare consigli ed ordini a tutti. Si parla di crisi, spread e molto altro, parole che fanno paura a tutti fuorchè alla potenza ed alla presunzione teutonica. Ma quel giorno Mario Balotelli decise che era il momento di fare il fenomeno: l’unico momento in cui sembrò veramente un giocatore. Novanta minuti di tensione sociopolitica, anche l’economia si ferma ad osservare: Mario ci porta in vantaggio con un colpo di testa (i difensori stanno ancora cercando di tirarlo giù) ma la rabbia azzurra esplode qualche minuto dopo. Montolivo recupera palla, alza lo sguardo e vede l’attaccante che è scattato: lancio lunghissimo e tedeschi presi in contropiede e controtempo. Mario si gira, la controlla, guarda in faccia Neuer e, prima che qualcuno possa dire qualcosa, scarica una saetta all’incrocio dei pali che probabilmente tornerà a centrocampo solo grazie all’effetto boomerang. Mostra i muscoli Balotelli, freddo e roccioso.

Emozioni, rivalità culturale e differenza sociale: dalle battaglie sul campo alle guerre in Riviera, dal nostro strapotere culinario alla loro solidità politica. Popoli agli antipodi, momenti indimenticabili. L’ultimo atto sarà sabato. Amicizie, tradimenti, rivincite e vendette: non è una semplice partita di calcio, non lo sarà mai.

Questa è Italia-Germania, un motivo in più per vivere.

 

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