Calcio tedesco uber alles. Suona male, forse, per i detrattori di un movimento solido, futuristico, ineguagliabile nello sviluppo e nella crescita, il tutto impreziosito dal cospicuo numero di giovani lanciati e plasmati a sufficienza.
Non a caso, la Germania è una delle poche nazionali ad aver ottimizzato il cosiddetto ricambio generazionale a proprio vantaggio: già, perché la sconfitta nel 2006 contro l’Italia fu l’ultimo atto di una Nazionale che non c’è più, o forse il primo di una compagine che trova in Low il suo perfetto maestro. Nel 2010 la finale sfiorata, e nel 2014 nessuno è riuscito a contrapporsi a una delle selezioni più schiacciasassi della storia dei mondiali.
E allora, qual è vero segreto di pulcinella della squadra di Löw? Un’incredibile possibilità di scelta? Probabilmente, ma non escluderemmo fra i motivi il centrocampo estremamente variegato e completo che si sposa alla perfezione con il calcio dinamico del suo tecnico, con le esigenze del calcio moderno.
Anche in un centrocampo del genere, ricco di giocatori di assoluto livello, è riuscito a emergere su tutti un giocatore, tanto atipico e difficile da inquadrare quanto incredibilmente innovativo e versatile: Leon Goretzka, la vera arma in più del prossimo Bayern di Niko Kovac e, soprattutto, della Germania versione Russia 2018.
Innovativo
Abbiamo scelto di dedicare a Goretzka questa puntata della rubrica Invisibili per un motivo; a differenza di tanti altri coetanei allo stesso livello e con lo stesso talento, non necessita delle luci della ribalta per essere efficiente o lasciare comunque la sua impronta sulla partita. Da questo punto di vista è perfetto per il modello calcistico tedesco, una stella che non ha bisogno di comportarsi come tale: un giocatore unico sul quale la squadra potrà fare affidamento per le prossime annate, disposto a tutto pur di favore il sistema.
Sono condizioni del genere quelle che permettono ai giovani di massimizzare i loro profitti calcistici, sul campo, e rendere al meglio, un mix di disciplina e spensieratezza che funge alla perfezione da carburante per la crescita delle prossime generazioni.
Prendete come esempio lo splendido goal segnato dallo stesso Goretzka lo scorso ottobre contro l’Azerbaijan, un colpo che in teoria non dovrebbe appartenergli ma che un sistema del genere rende possibile per la fiducia nei propri mezzi.
Leon è un giocatore difficile da inquadrare, tatticamente e tecnicamente: enigmatico, a tratti futuristico, quantomeno nell’interpretazione delle posizioni che occupa. Ma soprattutto ha una struttura fisica tale da renderlo particolare, potente e aggraziato al tempo stesso, nonostante l’1.90 trascritto sulla cartella clinica. Vi ricorda qualcuno?
Per qualità nel gioco aereo potrebbe fare concorrenza a un altro ’95 dal futuro discretamente roseo, come Sergej Milinković-Savić
A tutti questi caratteri conferiti da madre natura, poi, Goretzka unisce una grande ecletticità tattica che gli permette di essere una presenza fissa a tutto campo, ma anche di sapersi adattare a tanti sistemi di gioco. Sotto la guida di Tedesco allo Schalke è stato impiegato in praticamente qualsiasi ruolo del centrocampo, ampliando notevolmente il suo raggio d’azione a seconda delle necessità, ottenendo ottimi risultati sia per produzione – circa un’occasione da goal a partita – che per importanza nelle trame di gioco.
Il nativo di Bochum coniuga alla perfezione un’elevata tecnica individuale con doti podistiche sopra la media, è fondamentalmente un centrocampista box–to–box con intuizioni da trequartista e un tempo di gioco veramente notevole. Goretzka rappresenta alla perfezione l’anello di congiunzione tra la disciplina tattica della scuola tedesca ed i lampi futuristici del calcio moderno: è l’evoluzione della specie, quel tipo di giocatore che sarà la norma tra 10 anni.
È ancora una specie invisibile, segreta.
Arma segreta
Sciogliamo prontamente ogni dubbio: quante possibilità ha Goretzka di essere protagonista già da questa competizione?
La risposta potrebbe essere un poche, soprattutto considerando la concorrenza e l’agglomerato di senatori che condividono – Khedira, Kroos e Ozil su tutti – ma Löw in questi dodici anni di guida tecnica ci ha abituato a qualsiasi tipo di scelta, quindi la strada sembra tutt’altro che sbarrata.
Difficile ipotizzarne un impiego fisso dal primo minuto, eppure a partita in corso o contro squadre pronte a difendere fino all’ultimo centimetro pare tutt’altro che un’ipotesi avventata. Anche in un reparto così completo può rappresentare l’arma in più per i suoi: la sua imprevedibilità, il fatto di saper stare un po’ ovunque sul campo di gioco e la vastità di soluzioni offensive sono tutti fattori che possono rivelarsi micidiali per le difese avversarie.
Può essere la carta a sorpresa. Quella che l’avversario non s’aspetta, quel cinque di fiori che ti può cambiare la partita solo alla quinta carta girata sul tavolo.
In competizioni brevi e con poco tempo per preparare le partite come i Mondiali, la capacità di adattarsi è ciò che permette di scampare da situazioni complicate. Goretzka potrebbe essere la perfetta Wild-Card per la Germania, quella mossa quasi inattesa in grado di smuovere situazioni bloccate o comunque scomode.
In Nazionale ha giocato soprattutto tra i 2 davanti alla difesa nel 4-2-3-1 di Löw, ma è abbastanza chiaro che potrebbe essere utilizzato sopratutto come tappabuchi e quindi andare a sostituire senza problemi, ad esempio, Kroos o Ozil. Al posto giusto al momento giusto, questa dovrà essere la bravura di Leon, già apprezzata questa stagione sotto la guida di Tedesco allo Schalke, soprattutto a partita in corso come nella clamorosa rimonta dei suoi in casa del Dortmund da 0-4 a 4-4. Clamorosa, davvero.
E sembra ancor più clamorosa la second unit della Germania, le seconde linee che, a detta del tifoso italiano deluso e nostalgico, batterebbero a mani bassi la nostra squallida nazionale – dove sono Totti e Del Piero?
La nostalgia, nella dimensione teutonica, è solo un borbottio che distrae Löw e i suoi da un successo che premierebbe per la seconda volta consecutive l’eccezionale lavoro del tecnico tedesco: Goretzka è solo una delle tantissime zanzare pronte a pungere e a nutrirsi del sangue delle altre nazionali per alzare la coppa. Si, anche noi iniziamo ad essere tempestati dalle zanzare, ci sembrava un rimando azzeccato seppur meno futuristico rispetto al tema trattato.
Ma ora, non c’è tempo per ragionare in ottica futuristica. C’è da vivere un Mondiale, da non-protagonista, da invisibile che non vuole essere accecato dalla luce della ribalta, ma che vuole ammirare la luce della Coppa che Gotze decise quattro anni fa. Quattro anni fa, Goretzka, si fece conoscere allo Schalke: ancora un po’ acerbo, timido, in sordina, si prese il posto in silenzio, come se il rumore della sua crescita e della sua generosità fosse un’orazione sufficiente e degna di un politico di successo.
In silenzio, il Bayern Monaco se l’è portato a casa. Laddove il concetto di invisibilità potrebbe raggiungere la sua più alta rappresentazione, dove la concorrenza non guarda in faccia nessuno. Spietata, la concorrenza, come Miro Klose in area di rigore, può condurti alla deriva. Ma Goretzka, nonostante la sua enorme duttilità, la deriva non vuole occuparla.
Occupa qualunque posizione in campo, pur di aiutare i suoi compagni: forse per scaricare la pressione, forse per indole, oppure per altruismo sfrenato. Forse nessuna di queste opzioni, solo il tempo potrà definire un quadro ancor più esauriente di un giocatore non ancora dipinto.
Una cosa è certa, o quasi: Goretzka indosserà ancora per molto il mantello dell’invisibilità. O siamo troppo ciechi per vederlo?
Alla Russia l’ardua sentenza.