Daniele De Rossi è un grandissimo giocatore.
Arrivato a 33 anni con ancora l’appellativo di “Capitan Futuro” stampato addosso, ormai quasi una maledizione, si è reso protagonista Martedì sera di uno dei capitoli più neri – se non il peggiore – della sua lunga carriera. In un momento in cui, nonostante l’esempio di Totti, il ritiro dal calcio giocato inizia ad ergersi chiaro all’orizzonte.
Ho un solo rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera.
Daniele De Rossi
La frase, sinceramente migliore di una qualsiasi sdolcinata dichiarazione d’amore nei confronti dei colori che si vestono, oltre ad essere una storpiatura (involontaria?) della famosa frase di Nathan Hale, spia americana nella guerra di indipendenza, è il simbolo dell’amore sconfinato che guida De Rossi quando indossa la maglia giallorossa e che, forse, può spiegare quella poco lucida pazzia che lo ha colto a più riprese durante la sua carriera.
Attaccamento
Chiedere a un mediano di non aggredire l’avversario è semplicemente una bestemmia. Posta questa base, De Rossi è indubitabilmente il miglior esponente italiano del ruolo negli ultimi 10 anni, nonostante i suoi esordi in giallorosso siano coincisi con tre espulsioni alla prima stagione da titolare.
D’altronde dobbiamo pensare che l’unica volta in cui ha voluto fare il bravo ragazzo, facendo annullare un suo gol in un match contro il Messina perché reo di aver toccato il pallone con la mano, ha subito un infortunio che lo ha costretto ai box per due settimane. Fare il buono, insomma, non ha mai pagato.
Nonostante ciò De Rossi non è necessariamente un giocatore cattivo o ai limiti del regolamento, un villain. Daniele è semplicemente quell’amico che tutti abbiamo, incapace di resistere alla pressione psicologica portata magari da un avversario che cerca di avvantaggiarsi della sua rabbia. Non è un caso che alle 14 espulsioni in carriera si aggiungano diverse giornate di squalifica accumulate con pugni e gomitate varie pescate dalle prove tv, tanto in Europa quanto in Italia: chiedere a Icardi per informazioni.
Il comportamento a tratti forsennato e gli episodi da esso derivati sono macchie sulla carriera tutto sommato esemplare di una bandiera vera e propria. L’amore sconfinato di De Rossi per la Roma, la sua Roma, è sempre andato oltre qualunque offerta di mercato e nemmeno la Nazionale ha scatenato in lui lo stesso senso di appartenenza.
Se devo trovare un parallelo a questa strenua difesa dei colori e dei compagni che ciclicamente gli cambiano intorno, mentre mantiene costantemente il suo ruolo attraverso cambi dirigenziali e tecnici, scelgo l’immagine del capobranco che difende i cuccioli, quelli che neanche immaginano cosa voglia dire immolarsi per una causa che in 14 anni di lotta gli ha restituito 2 Coppe Italia e 1 Supercoppa Italiana. Decisamente troppo poco.
Eppure De Rossi non è mai fuggito dalla prima linea, nemmeno quando Zeman lo accantonava mettendo in ballo il presunto scarso impegno in campo e fuori, nemmeno quando società che accumulavano titoli continentali e nazionali si presentavano a Trigoria piene di sogni e di soldi da regalare al biondo mediano.
De Rossi ha scelto la Roma, sono convinto, fin dal momento in cui, convocato come uno dei tanti giovani della Primavera, ha sentito per la prima volta dalla panchina Roma non si discute, si ama di Venditti, cantata chissà quante volte da spettatore. Perché persone come lui a certe emozioni non sanno resistere, sono sensazioni che vengono seminate e le cui radici, una volta cresciute, non possono più essere estirpate. Il calcio, per De Rossi, è la Roma. E c’è poco altro da dire.
Svolta
La maledetta partita dell’Olimpico, comunque, può essere un importante turning point nella carriera di De Rossi. Spalletti puntava senz’altro sulla sua esperienza per guidare la squadra alla qualificazione ai gironi e molto probabilmente si è sentito tradito dal suo capitano, risparmiato peraltro alla prima giornata così da averlo al 100% nell’impegno infrasettimanale.
E’ come avere un satellitare: imposti la richiesta e lui sa già la strada e la posizione di cui hai bisogno.
Luciano Spalletti
Chissà cosa ha pensato, invece, al momento dell’espulsione il tecnico di Certaldo.

Sono passati 4 anni da quella dichiarazione, l’amore tra Spalletti e la Roma è sbocciato nuovamente, quello tra il tecnico e De Rossi, invece, sembra appassito. Poche, per i suoi standard, le apparizioni nello scorso campionato, quando spesso gli è stato preferito Keita ora svincolato.
In questo momento, quasi fosse un giocatore ancora da svezzare, De Rossi non dà sicurezza, anzi, si è rivelato inaffidabile nel momento più importante della stagione. Un comportamento imperdonabile da parte di chi dovrebbe portare sicurezza a una rosa che sta (ri)assimilando le sofisticate idee di gioco di Spalletti.
Un tradimento. Uno dei classici episodi capaci, in nome della rabbia, di far crollare tutto quanto di buono è stato fatto in passato.
Futuro
Il contratto di De Rossi scadrà il 30 Giugno e tutto tace per quanto riguarda il possibile rinnovo. I 6 milioni e mezzo annui sono uno scoglio su cui la società difficilmente potrà passare in caso di allungamento. È altrettanto improbabile, almeno attualmente, che capitan futuro voglia cambiare aria, nonostante gli ultimi avvenimenti.
Si attendono sviluppi nei prossimi mesi, nella speranza che tutto l’amore di De Rossi per la sua Roma possa essere corrisposto, ancora una volta, dai suoi tifosi.