Il rumore dei vecchi sovrani

Cambio della guardia

In ogni sport, ci sono squadre che fanno la storia e si impongono ai vertici per anni.
Da loro passano grandi talenti, grandi allenatori e grandi vittorie, che infiammano i tifosi e costituiscono una delle chiavi principali per il successo.
Se però guardiamo a sistemi sportivi diversi dal nostro, come quello americano, ci sono anche momenti in cui questi team si fanno da parte e lasciano spazio ad altre realtà.
Prendiamo l’esempio dei Golden State Warriors e dei Boston Celtics: la prima, dopo anni passati come squadra semi-sconosciuta al mondo intero, grazie ad una brillante gestione, si sta imponendo da diverse stagioni, grazie ad un mix di talenti ed esperienza, partendo dalla grande mente di Steve Kerr. Perchè, chi ha assaporato il campo in sfide all’ultimo respiro, conosce bene i meccanismi interni di un team vincente e riesce a capitalizzare l’estro nascosto dei suoi ragazzi.
La seconda, nell’era post-Garnett, Pierce e Allen ha trascorso stagioni nel capire come sostituirli – impossibile imitare delle leggende come loro – partendo poi da una ricostruzione su ragazzi giovani e un coach promettente, come Brad Stevens, per poter ritornare ai vecchi fasti.
L’ultima stagione non è stata solo il culmine del progressivo lavoro di questi anni, con il k.o. arrivato solo in Finale di Conference contro i Cavs di Lebron James, ma ha soprattutto posto le basi per una crescita esponenziale della squadra. Finalmente, i Verdi stavano tornando tra le “grandi“.

Gli ultimi Re dei Boston Celtics: Garnett, Allen e Pierce | numerosette.eu
Gli ultimi Re di Boston: Garnett, Allen e Pierce.

Chi va, chi viene e chi resta

Isaiah Thomas è stato il simbolo della franchigia in questi ultimi anni di risalita, dimostrando di essere un grandissimo giocatore e un leader dentro e fuori dal campo.
In quest’estate, che verrà ricordata come una delle campagne di mercato più corpose e impensabili degli ultimi anni, l’ormai ex 4 dei Celtics passa però ai Cleveland Cavs, insieme a Jae Crowder, mentre Kyrie Irving vola a Boston. Una scelta alla pari, forse più a favore dei Celtics, ma che ha soddisfatto tutti.

Sulla fine del rapporto tra LeBron e Irving se ne sono dette tante, noi vi mostriamo la più bella.

La dirigenza ha completato il disegno anche con l’arrivo di Gordon Hayward, e di Marcus Morris,buon colpo per aumentare le rotazioni.
La società ha messo in atto una manovra dirigenziale pensata a tavolino per continuare sulla strada delle vittorie.
Danny Ainge ha infatti voluto puntare fortemente sulla “meglio gioventù”  di Jaylen Brown, Terry Rozier, Shane Larkin e soprattutto Jayson Tatum, arrivato perché i Celtics erano detentori della prima scelta assoluta (ottenuta da Brooklyn nello scambio di 4 anni fa che aveva riguardato Pierce, Garnett e Terry), con la quale hanno deciso di fare trade-down, scambiandola ai 76ers per la terza, più altre scelte future.
Marcus Smart è invece alla ricerca della piena consacrazione e continuità di prestazioni.
La strategia è stata chiara fin dall’inizio: competere per colmare il GAP con le grandi squadre.
Il cambiamento rivoluzionario  ha rimescolato un po’ le carte in tavole all’interno della squadra di Stevens, toccando ogni aspetto per cui un atleta si merita il posto: attitudine tattica, tecnica e leadership. Con una parola: Mentalità.
O Celtic Pride, fate voi.

Sul vocabolario, alla voce “ambientarsi” trovate il suo nome.

I nuovi arrivi hanno riportato nella testa dei tifosi, in modo inossidabile, l’idea che puntare al titolo non è più un miraggio.
La rosa offensiva gode di ampie e ottime scelte, come Hayward e Irivng che variano il modo di attaccare e difendere dei ragazzi di Stevens.
La prima partita di regular season vede i Celtics affrontare LeBron James, magari l’ultima squadra che  avrebbero sperato di trovare subito, anche se, come test per vedere sul campo le modifiche apportate ad una squadra rivoluzionata, forse è il top.
Purtroppo, l’esordio di stagione si con una sconfitta ma soprattutto con la perdita, a causa del gravissimo infortunio,  di Hayward. Rottura della caviglia sinistra e un anno fuori dal parquet.
La sua assenza  ha creato grande sconforto tra tutti i suoi compagni, però sono stati capaci di ripartire da lì per perseguire l’obiettivo stagionale e riformare nuovamente l’assetto tattico di squadra.

Rivoluzione involontaria

Lo stesso Ainge, prima della stagione, che non era prevista una rivoluzione cosi netta nei meccanismi di squadra, ma vista l’ambizione di un progetto ben delineato, si è ritrovato ad ampliare la rosa con acquisti mirati.
Sia Thomas che Irving hanno dimostrato di avere polso per guidare i propri compagni, non sono giocatori dotati di menti fugaci. Sanno aspettare e colpire al momento giusto.
Sicuramente, l’accaparrarsi Uncle Drew ha avuto un impatto maggiore rispetto a quello di Isaiah ai Cavs, anche per un semplice motivo: c’è già un leader inamovibile a Cleveland ed ha il numero 23.
Una presenza che crea un’ombra di rilievo sul resto della squadra e Irving voleva il suo spazio.
Stevens conosce la sua squadra e l’inserimento dell’ex Cavs è stato un gioco da ragazzi.
Con Thomas, il gioco era più diluito su tutti e cinque i giocatori in campo, una manovra collettiva.
Mentre, con l’arrivo di Irving si dà spazio a più individualità e velocità nel far girare palla.
L’ex Cavs è il miglior giocatore della Lega nell’1 contro 1 e ciò ha dato una grande mano, anche in fase difensiva imprime maggior fisicità.
Se con Isaiah c’era un gioco allo stesso modo rapido, ma basato su pick&roll e tiro da tre maggiormente, con Kyrie c’è più propensione nell’attacco individuale e “spaccare” in due le difese avversarie con penetrazioni fulminanti.

Record

Stevens è allievo del maestro Popovich, dove il dogma della circolazione di palla è al primo posto e l’individualità ne è una conseguenza.
Il lavoro del coach di Zionsville si sta vedendo sul campo, ma lo stesso ha dichiarato di come debbano migliorare nel gioco, ad oggi infatti, la striscia positiva di 16 vittorie consecutive ha dato sicuramente fiducia, ma anche voglia di migliorarsi sempre.
Per ben quattro volte, i Celtics si sono ritrovati sotto di almeno 16 punti (Oklahoma, Charlotte, Golden State e Atlanta) dando grande prova di saper reagire alle situazioni più difficoltose, ma anche di dover fare qualche passo in avanti nell’aspetto difensivo.
La sfida con i ragazzi di Steve Kerr dello scorso 16 novembre rappresenta alla perfezione l’inizio scoppiettante dei Celtics.
Ripercorrendola per sommi capi.
Primo appunto: abbiamo un Jaylen Brown psicologicamente distrutto per la morte del suo migliore amico, ma che conclude con 22 punti e 7 rimbalzi. Una voglia enorme di essere presente nel gioco rubando palloni e continua pressione sugli avversari.
Secondo appunto: tra il secondo e terzo quarto Boston gioca in modo sconclusionato, soffre l’attacco rapido dei Warriors e gli isolamenti di Kevin Durant. A metà terzo quarto, si ritrovano sotto di 17 punti.
Terzo appunto: negli ultimi 12 minuti i Celtics rimontano, grazie a Kyrie Irving che mette 11 punti sui suoi 16 totali e si procura 7 liberi, riscattando una partita fin lì anonima.
Qui poi esce tutta la solidità difensiva dei Verdi, soprattutto con un Horford in grandissima forma (18 punti e 11 rimbalzi, di cui 10 in difesa).

Cosa cambia senza Hayward

Il momento in cui i Celtics perdono Hayward | numerosette.eu
Il momento dell’infortunio di Hayward.

Il bello di quanto appena raccontato è che è stato ottenuto senza una delle due stelle della squadra, Gordon Hayward.
Hayward non è quel tipico giocatore che dà spettacolo, andrebbe infatti classificato come uno che “fa sempre il suo lavoro“, in entrambe le fasi.
L’idea iniziale era di collocarlo nel suo ruolo di ala piccola e far emergere tutte le sue qualità: ottimo palleggio, tagli dal fondo, jumper in sospensione e pick&roll, specialmente sugli scarichi. Il suo è un gioco intelligente, si adatta ai movimenti avversari e decide di conseguenza.
Questo era tutto nella testa dello staff tecnico, prima dell’infortunio.
Accaduto l’irreparabile, sono stati i giovani, primo fra tutti Tatum, a dover rimpiazzare l’ex Utah, cercando di non far pesare troppo la sua pesante mancanza.
Nella prima vittoria stagionale contro una rinfrescata Philadelphia si è concretizzato il punto di forza di questa squadra, con qualche sbandamento iniziale: mantenere autorità sul campo a livello tattico, specialmente.
Il lavoro sotto canestro è uno degli aspetti su cui sta puntando Stevens, e Horford sta coprendo la zona in area alla grande.  Tatum, inizialmente, non era previsto nel quintetto titolare, ma il crack di Hayward gli ha dato una possibilità da non fallire: la partita con i Toronto Raptors lo ha visto chiudere con 16 punti e gli ultimi due palloni decisivi nelle sue mani.
L’uscita di Horford per una commozione celebrale gli ha spalancato le porte per un ruolo di rilievo nella squadra.
Ora, sta a lui e gli altri pischelli prendere le redini della squadra.

Stevens può stare tranquillo, per ora

Una delle partite più significative di questo inizio di stagione ha visto lo scontro con i San Antonio Spurs. L’allievo che batte il Maestro.
In questi mesi, abbiamo visto come ogni gara si stia rivelando sempre più importante, sia per la fiducia, che cresce sempre di più, sia perchè permette di sperimentare più opzioni.
Il match contro gli Spurs non ha fatto eccezione, ci sono state più rotazioni che hanno permesso di aumentare il minutaggio a Baynes (16 minuti con 6 pts e 5 reb), Theis (14 minuti con 6 pts e 6 reb) e Ojeleye (22 minuti con 7 pts e 4 reb).
Ovviamente, alla fine Boston ha vinto.
Stevens ha saputo “rubare” i segreti del mestiere di Popovich e ne sta facendo il suo cavallo di battaglia, non a caso, riuscire a far entrare molti giocatori in rotazione con la massima efficacia è un’arte del quale coach Pop è il maestro assoluto.
Certo, per alzare ulteriormente l’asticella, ci sarà da lavorare ancora su vari aspetti difensivi e far crescere Marcus Smart, che sembra il giocatore più in difficoltà, ma per ora non ci si può lamentare.
L’infortunio di Hayward ha cambiato i piani del coach, che aveva visto arrivare un grande giocatore su tutti i fronti, ma, con una squadra cosi competitiva e completa, può recuperare con assoluta calma.

Nel frattempo, è meglio che le altre 29 franchigie inizino a rendersi conto che i Boston Celtics sono tornati e promettono di brillare a lungo.

 

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