In tempi non molto lontani, mi sono cimentato nella storia del talento croato per capire i fattori e le circostanze che hanno determinato la sua crescita a livello personale e a livello sportivo. Luka Modric è sempre stato un ragazzo molto riservato: non ama stare al centro dell’attenzione come altri farebbero per guadagnarsi un minimo di notorietà. Preferisce rimanere concentrato su ciò che ha sempre messo al primo posto, cioè il calcio e la sua famiglia.
Da quando è al Real Madrid, Modric non solo ha vinto tutto quello che si poteva vincere, ma si è ritagliato un ruolo di enorme rilievo nelle merengues portando affiatamento e disciplina in un ambiente da sempre molto teso. Ciò gli ha permesso di traslare questa influenza anche nella sua Croazia, e arrivare a 32 anni a lottare per il piazzamento più alto in tutta la loro storia calcistica, conquistando il premio di miglior giocatore del Mondiale oltretutto.
Sembra che Modric più invecchi e più diventi un genio impossibile da arginare. Un caso particolare, perché tanti giocatori dopo pochi anni di militanza ad alto livello si disperdono nelle loro stesse pieghe, passando il resto della carriera in panchina o in qualche lega sconosciuta nel mondo per depredare un bel po’ di danari. Il suo Mondiale 2018 è stata una costante di prestazioni fuori dalla norma da vero trascinatore, fino alla finale con la Francia in cui ci si aspettava molto di più da Modric, gara che avrebbe potuto definitivamente portarlo al primo posto dei candidati per la vittoria del prossimo Pallone d’Oro. Non si può dire che la sconfitta abbia compromesso il suo possibile successo, ma sono aumentate le speranze per Cristiano Ronaldo di aumentare il suo palmares individuale già stracolmo. In fondo, dopo più di 10 anni di dominio Messi-Ronaldo, tutti sperano di veder trionfare una figura diversa per rompere gli schemi di una chimera che sembra inavvicinabile. Neymar è da anni tra i favoriti, ma il suo Mondiale si è trasformato in un teatrino fisico e il karma lo ha punito negandogli uno dei gol più belli dalla competizione (merito soprattutto di Courtois, miglior portiere della competizione); mentre Mbappè sarà la stella nascente del prossimo calcio e il prestigioso premio della FIFA potrebbe essere presto assegnatoli. Per Modric, si parla quasi di un Pallone d’Oro alla enorme carriera che lo ha formato come uno dei migliori centrocampisti contemporanei e stenderebbe il tappeto rosso per la Hall Of Fame.
Perché è stato il Mondiale di Modric?
Prima di iniziare il Mondiale, l’elfo croato, assieme a Lovren, è stato chiamato a testimoniare in tribunale per il processo che coinvolgeva i loro due ex mentori alla Dinamo Zagabria, Zdravko Mamic e suo fratello, per evasione fiscale, corruzione ed estorsione. Come se non bastasse, Zdravko Mamic è stato accusato di aver sottratto ingenti somme di denaro dalle casse del club per favorire la firma di giovani talentuosi con cui si garantiva percentuali sostanziose sul loro futuro ingaggio. Modric ha detto di non ricordare tutto ciò e le critiche sono state tante da parte dei media croati: giocare una competizione cosi importante, sapendo di rischiare 5 anni di carcere, metterebbe in difficoltà molti.
L’aspetto psicologico è fondamentale come quello prettamente tecnico, ma il commissario tecnico Dalic sapeva benissimo di non poter fare a meno di un fenomeno come lui e lo ha schierato ugualmente in tutte le gare: onnipresente e mai una frase fuori luogo. La contestazione dei tifosi croati – Luka Modric, you little piece of shit – dopo l’accaduto era quasi inevitabile, ma Modric ha preferito rispondere sul campo come sa fare solo lui e, in un attimo, tutta la negatività che aleggiava sulla sua testa è scomparsa per lasciare spazio al piacere degli occhi nel veder volteggiare un genio.
L’influenza di Modric su suoi compagni è stata netta e visibile a tutti: sotto l’aspetto statistico, il capitano croato ha effettuato per la propria Selezione più passaggi, maggior numero di tocchi, maggior numero di dribbling effettuati e maggior numero di minuti giocati in campo. Quando Modric iniziava a mettere i piedi sul pallone, eravamo spettatori dell’inizio di una melodia incessante e perfettamente oliata con tutti gli altri ingranaggi. Tutte le azioni sono passate da suoi piedi sapienti e tanto basta ai suoi compagni, che iniziano a muoversi entrando nella mente del loro guru.
Dove la metterà? Come la metterà? Sarò in grado di cogliere il momento giusto? Questi sono stati un po’ i quesiti dei giocatori croati in Russia, spinti da un forte senso del dovere verso il loro capitano. Sprecare una sua palla vuol dire perdere buone probabilità di andare in rete, oltre che vanificare tutto il lavoro maniacalmente costruito dalle menti del centrocampo, cioè lo stesso Luka Modric e Ivan Rakitic. La Croazia ha, quindi, chiuso il girone a punteggio pieno contro Nigeria (2-0), Argentina (0-3) e Islanda (1-2) contro tutte le aspettative, dando finalmente un senso di concretezza al lavoro del settore giovanile del paese che ha sfornato da sempre grandi talenti.
Il punto più basso
In un percorso cosi lineare verso l’alto, trovare un punto di calo per Modric è quasi un affronto al suo talento. Dopo la partita e la rete perfetta contro l’Argentina di Messi, i dubbi sulla continuità della Nazionale croata sono svaniti nel nulla, perché hanno tramortito e fatto cadere il castello di sabbia albiceleste che, seppur in tono minore, partiva come una delle candidate alla vittoria finale. Negli Ottavi di Finale, i ragazzi di Dalic si ritrovano una Danimarca – sulla carta avversario più che abbordabile – vogliosa di fare leva sul proprio spirito senza alcuna misura protezionistica; anzi, con il chiaro intento di provare a giocarsela fino in fondo. E cosi è stato. Il merito della scena è stato impossessato da Subasic e Schmeichel che si sono prodigati nel parare tre rigori a testa, di cui uno al 117′ per il danese figlio d’arte proprio su Modric.
La gara è equilibrata e già dopo quattro minuti il risultato è 1-1. Due squadre vivaci che giocano senza paura con tutti e ventidue gli uomini in campo, ma sono soprattutto i croati a creare le occasioni da rete con Perisic e Rakitic. Il capitano con il numero 10 non sembra essere mentalmente in partita come sempre, piuttosto preferisce un gioco calmo e senza esporre il proprio possesso ai contropiedi avversari. La Croazia gioca molto sulle fasce con Vrsaljko e Strinic che sono due treni senza sosta e l’attacco fa altrettanto con Rebic, Mandzukic e Perisic. Non è il solito Modric, in campo si stabilizza quasi come guida spirituale per i suoi compagni a cui lascia ampi spazi per agire, senza che il suo supporto diventi indispensabile. La partita non si sblocca e si arriva ai supplementari, il primo dei tre che accompagnerà i croati fino alla finale. La stanchezza in campo è evidente e solo un episodio potrebbe cambiare le sorti dello scontro. Al 114′ Modric riceve palla centralmente e in una frazione di secondo imbuca alla Pirlo Ante Rebic, autore di una grande partita di sacrificio, che arriva e viene steso in area da Jorgensen. In quel momento, tutti sono pronti a festeggiare la rete del loro capitano sul dischetto, ma verranno presto delusi da un rigore calciato malissimo che arriva dolcemente nelle braccia possenti di Schmeichel. Si rifarà, con qualche apprensione, quando la gara passerà alla serie dai 16 metri.

Il punto più alto
Il Mondiale della Croazia, fin dalla vigilia, si presentava come un percorso di sopravvivenza contro le grandi pretendenti al titolo. Nessuno avrebbe mai puntato sull’arrivo in finale dei biancorossi, ma Modric e compagni hanno dimostrato di possedere doti tecniche e morali molto rare da scovare ai tempi d’oggi. La partita contro l’Argentina di Messi nei gironi era un crocevia fondamentale per entrambe, soprattutto per i sudamericani che avevano bisogno di scacciare i demoni del caos creatosi giorni prima. I ragazzi di Sampaoli danno il fianco agli affamati giocatori croati che sfruttano i buchi della difesa albiceleste per immolarsi in contropiede con Perisic, Mandzukic e Rebic, autori di una occasione per testa nel primo tempo. Luka Modric agisce come diga di centrocampo, assumendo il compito di intermediario tra la fase difensiva e quella offensiva assieme a Rakitic, eseguendo i compiti alla perfezione. La gara contro l’Argentina ha messo ulteriormente in luce le doti fuori dalla norma del capitano croato.
Tutti i palloni passati dai suoi piedi non sono mai andati persi, anzi sono stati assist perfetti: un passaggio filtrante raso terra per Rebic nel primo tempo, un colpo di tacco lussuoso per mandare Brozovic verso la porta, e tutti i dribbling tentati sono stati effettuati correttamente, come i tackle e i duelli aerei. La prestazione sublime di Modric è stata impreziosita con il goal dello 0-2 al minuto 80 con una giocata da vero fuoriclasse: è al limite dell’area con Nicolas Otamendi pronto a contrastarlo, ma osservando attentamente la sua posizione del corpo e gli occhi si capisce come sia in netta difficoltà. Il genio croato sposta il pallone alla sua destra con una sterzata e lascia partire un tiro a giro da paura che passa in mezzo ai due difensori posizionati dietro Otamendi, oscurando la visione a un Caballero completamente sorpreso e fuori tempo. Qui potete ammirare una geniale riproduzione animata del goal riprodotta dal New York Times. Una rete magistrale, sotto l’aspetto della preparazione e dell’esecuzione: uno dei simboli della leggendaria carriera di Modric.
Il punto di svolta
Il primo posto inaspettato nei gironi è stata un’iniezione di autostima e consapevolezza dei propri mezzi davvero pazzesca. Dagli Ottavi di finale in poi, si sono susseguite squadre giovani, talentuose e con un senso d’appartenenza molto forte. Con la Danimarca, la squadra di Dalic ha rischiato di buttare via il miglior piazzamento della propria storia, non chiudendo subito la partita e sbagliando il rigore nel secondo tempo supplementare. Credo che il vero momento di svolta per i croati e, soprattutto, Modric sia stato tra la fine della gara con i danesi e l’inizio dello scontro contro i padroni di casa della Russia nei Quarti di finale. Contro i russi non abbiamo assistito a una grande Croazia, ma è stata premiata per aver mostrato tanta qualità nei momenti decisivi della partita.
Il momento di Modric di salire in cattedra arriva dal secondo tempo in poi, quando c’è stato assoluto bisogno della sua esperienza e della sua calma mentale che ha permesso di recuperare subito l’eurogol subito da Cheryshev, con Kramaric, passare in vantaggio nei tempi supplementari con Vida, subire il pareggio di Fernandes, e arrivare ai rigori in tutta sicurezza.
Il Mondiale di Modric in una foto
La partita contro la Russia, quindi, può essere assurta a gara metafora della spedizione croata, dove ogni partita è stata decisa dai momento, in cui la voglia di fare la storia per la Croazia è stata maggiore del patriottismo russo.
Il numero 10 non è nuovo a queste situazioni al limite, e in questi momenti l’esperienza con il Real Madrid diviene fondamentale, dove la gioventù e l’ingenuità possono diventare dei fattori. La Croazia ha avuto la grande capacità di adattare il proprio sistema tattico rispetto a quello avversario e sfruttare le lacune per colpire in modo dinamico e mentalmente, come dimostra il 2-1 in rimonta, sempre ai supplementari, ai danni dell’Inghilterra. La Finale, invece, non è andata come doveva andare, anche se per un’ora di gioco i croati sono stati padroni del campo e solo due ingenuità hanno concesso ai francesi di finire in vantaggio il primo tempo e dilagare nel secondo.
Il centrocampista nato a Zara si è reso il portabandiera del nuovo movimento calcistico croato straripante di talenti. La Croazia è a tutto diritto nell’élite mondiale del calcio, e buona parte del merito va al suo capitano, Luka Modric. Il giocatore che meglio di chiunque altro al Mondiale è riuscito ad abbinare sul campo tecnica e carisma.