Se passate dalle parti di Bury – dubito che sia la vostra prima scelta – fingendo di essere amici di vecchia data di Kieran Trippier, vi esce una birra gratis. È assodato, da tempo, la cittadina inglese ha nel terzino della Nazionale il suo principale esponente; pensate, è la stessa Bury che diede i natali ai fratelli Neville. Terzini scarsi nella contea di Great Manchester.
Dopo il Mondiale, però, qualcosa è cambiato. Tutta l’Inghilterra riconosce indubbi meriti a questo ragazzo, cresciuto con la stessa passione degli eccentrici fratelli Gallagher ma senza poter esibirsi in prima squadra: tanta gavetta, tantissima, quella che potrebbe essergli passata per la mente durante la punizione magistrale con la Croazia. Un momento che Trippier ricorderà per sempre, la definitiva ascesa da umile gregario a terzo marcatore di sempre dei Tre Leoni in una semifinale di Coppa del Mondo: si, sono tornati a casa gli inglesi, ma nella testa lui è ancora là. Nella testa siamo tutti un po’ là, e forse ci conviene.
Ci conviene venire al sodo; per la redazione di Numerosette Trippier è il miglior difensore. E vi sveliamo il perché.
Perché è stato il Mondiale di Kieran Trippier?
Perché è stato ovunque.
Nelle azioni determinanti dell’Inghilterra ha sempre messo un timbro, un imprinting; in fondo è questa l’interpretazione del terzino moderno, totalizzante, al centro della manovra. Nel 3-5-2 disegnato da Southgate Trippier costringe Walker all’arretramento nel terzetto difensivo, una mossa apparentemente oltraggiosa ma riuscita e ben congeniata per avvantaggiare gli inserimenti delle mezzali. Riesce anche a scardinare l’agguerrita e fresca concorrenza di Alexander-Arnold, lieta sorpresa dei Reds.

Da vedere e far vedere questa GIF – anche a Candreva – rappresentativa della crescita tecnica di questa selezione e di un ruolo delicatissimo per l’Inghilterra e il calcio Mondiale. Già, perché l’immaginario comune del laterale ferroviario che dispensa chilometri come un treno è ormai sorprassata, arcaica, come il greco antico che tanto ci ha tormentato al liceo; però attenzione, la cultura è importante, e quella del terzino ha subito un’evoluzione tecnico-tattica decisamente intrigante. Trippier rappresenta il prototipo di terzino e crossatore moderno, ma soprattutto creativo; delle 14 occasioni collezionate nell’arco dei 90 minuti con la Tunisia, ben 6 appartengono proprio al giocatore del Tottenham.
E la centralizzazione – sua e di Young – nella manovra inglese è stata la mossa migliore possibile di Gareth Southgate, forse passata troppo inosservata a discapito del suo elegante panciotto. Elegante lo è anche Trippier, in senso calcistico, degno interprete della nobile arte del cross in netto contrasto con le stigmate sampaoliane comunemente chiamate tatuaggi: il merito del terzino Spurs va anche ricercato nella sua capacità di semplificare e impacchettare fendenti pericolosissimi e a metà strada tra portiere e difensori. Giusto Cancelo all’Inter, quest’anno, ha dato l’impressione di poter eseguire con efficacia questa giocata.
Insomma, Trippier è il sintomo dell’insurrezione, di chi ha colto perfettamente il simbolismo della gavetta e ne ha tratto vantaggio per arrivare preparato al Grande Evento; le 186 presenze con il Burnley, oltre alle 57 presenze – con 16 assist – al Tottenham lo hanno indottrinato e infarcito di un background più variegato. Ma l’esperienza non è tutto.
Ci vuole anche tempismo. Il tempismo di arrivare al posto giusto nel momento giusto, in una Nazionale giovane e promettente vestita su misura per le sue caratteristiche di spinta. Il tempismo nel cogliere un calcio di punizione e trasformarlo in oro.
Il punto più alto
Appunto, i calci piazziati. Il grande problema dell’Inghilterra, l’enigma degli enigmi, secondo solo ai motivi per cui un gruppo composto da Gerrard, Lampard e Beckham non abbia mai collezionato vittorie in campo mondiale; prime donne, forse. Prima, però, bisognava prendersi lo scettro abbandonato proprio da Becks. Il suo idolo, che un giorno vorrebbe incontrare, e che ai tempi dell’academy cercava di emulare allenandosi per ore e ore, al fianco del suo fido coach Steve Eyre sul perfezionamento di cross e punizioni.
Forse non se n’è reso conto, o forse in quel momento non contava affatto, ma Trippier è il terzo giocatore inglese a siglare un gol in una semifinale Mondiale; transitare in compagnia di sir Bobby Charlton e Gary Lineker non è niente male. Ci avrà pensato dopo, gliel’avrà fatto notare anche Steve, una volta cancellata l’amara realtà che ha condannato i Tre Leoni a giocarsi una finalina consolatoria che regala una sfumatura negativa al laterale del Tottenham; motives coming home. Le motivazioni per seguire Chadli in occasione del momentaneo 1-0 erano spente, scariche, una piccola macchia che non compromette certo il suo splendido Mondiale; pensate che passeremo così, subito, al punto più basso? Non ancora, dovrete attendere come ha fatto Trippier nella sua carriera.
Meglio restare ancora in alto, laddove sono volate le 10.000 birre in quel di Hyde Park in seguito all’esultanza contenuta dei tifosi inglesi; bello, bellissimo, ma la birra non si spreca. Un po’ come le occasioni, come un Mondiale da protagonista; possiamo dirlo, Trippier ce l’ha fatta. Si è dimostrato finalmente all’altezza.
Il punto più basso
Va bene, ho mentito. Ma non vi mentirò ancora; trovare il punto più basso di Trippier non è stato facile. Ho dovuto interpretarlo letteralmente, puntando proprio sull’altezza; mi riferisco soprattutto a chi si guarda allo specchio bramoso di guadagnare centimetri per guardare tutti dall’alto verso il basso. E quei centimetri, a Trippier, sarebbero serviti come il pane in certe occasioni.
Trippier si fa abbindolare da una traiettoria apparentemente semplice ma diabolicamente truffaldina; quella traiettoria che ti fa dubitare di non essere all’altezza, letteralmente. Sai di esserlo, ma sai che sarebbe bastato qualche centimetro in più per intervenire con più accortezza; fu il turning point più letale per l’Inghilterra, che si avvicinò a piccoli passi verso l’incubo tanto decantato – e sconfitto – dei calci di rigore.
Il pallone di Mina era una mina vagante – scusate – schiacciata nel terreno appositamente per ottenere un rimbalzo potente e imprendibile. Trippier doveva guardare avanti, abolire dai propri pensieri quel pallone passatogli alle spalle e metterlo alle spalle. Di Ospina, però.
Il punto di svolta
Lo ha fatto. Ha messo il pallone alle spalle di Ospina, nella lotteria dei calci di rigore: un momento particolarmente cruciale del match. Dopo quattro rigori perfetti arrivano i primi due errori, rispettivamente di Henderson e Uribe; Trippier non poteva fallire. Ancora una volta lui, il tempismo, lo mette alla prova depositandolo in una bolla che lo isolò dal Resto del Mondo: non fallisce.

E non fallisce pure Pickford, consegnando un pacco Amazon al corriere Dier che spedisce ai quarti gli inglesi.
Solo la banda spensierata e spavalda di Southgate poteva cancellare una maledizione che ha sbarrato la strada della Nazionale ben 12 volte su 14: proprio l’attuale tecnico fu imbrigliato dal sortilegio fallendo il rigore decisivo nella semifinale di Euro 1996 tra Germania – Inghilterra, l’eterna rivalità che ha sempre premiato i teutonici. Non stavolta, non nel Mondiale delle sorprese, dove la compagine di Low chiude il girone all’ultimo posto, dietro pure la Corea del Sud, sovvertendo una supremazia a discapito degli inglesi che durava da ben 52 anni, da quel dannato 1966 che pesa come un macigno.
A Trippier non importa. Voleva solo dimostrare le sue qualità, dimostrare che la gavetta poteva finalmente trovare un riconoscimento, un premio anche solo morale; nulla di più semplice. D’altronde la semplicità è forse l’arma migliore che può sfoderare, la semplicità di chi è nato nelle vecchie fabbriche di cotone di Summerseat. E pensate, ad Italia 90′ non era ancora nato. Aspettò giusto qualche mese.
Come del resto aspettava questa occasione da una vita.
Non poteva tornare a casa con il rimpianto per averla buttata via.