Milan-Juve prima degli esami
Un confronto sincero
Probabilmente in parecchi si sarebbero aspettati uno scontro al vertice più netto di quello a cui invece assisteremo. La campagna acquisti, celebrata in pompa magna da stampa e tifosi, aveva rilasciato tonnellate di entusiasmo nell’ambiente rossonero. Tonnellate, appunto, che adesso sono ricadute sull’ancor giovane schiena di Bonucci , di cui già un’ampia parte della tifoseria, la stessa che probabilmente ad agosto ha rivisto San Siro per la prima volta dopo il 2007/2011, ha chiesto la sua testa a gran voce, triste consuetudine di un ragionamento tipicamente italiano. Sabato sera un Milan claudicante incontra la Juventus, che invece sembra aver fatto nuovamente il pieno di carburante e che al momento rappresenta la più reale e sincera antitesi dei rossoneri sotto molti punti di vista.
Appunti di gestione
È proprio dai bianconeri, infatti, che la nuova dirigenza milanista potrebbe trarre notevoli spunti per una reale gestione delle risorse, innanzitutto economiche: da una parte ci appare una società con le idee ben poco chiare sull’idea di una progettualità a lungo tempo, mentre dall’altra abbiamo una realtà ormai consolidata negli anni e che dimostra più volte di potersi rinnovare costantemente, oltretutto aumentando di continuo il suo fatturato, già il più alto in Italia con ampio distacco. Evitando di inoltrarci in dettagli a noi poco consoni in cui non potremmo esprimere esattamente un giudizio sulle varie gestioni di bilancio, non ci resta che soffermarci sulle spese rivolte al mercato, specie quando queste superano i 150 milioni, da parte dei rossoneri.
La nuova proprietà cinese ha chiaramente pensato di manifestare il suo ingresso fra i ricchi proprietari di una squadra di calcio d’Europa spendendo, dimostrando così di essere ricchi tanto quanto gli altri, per farla breve. Così come aveva ben pensato Suning al suo primo anno all’Inter (ancora ci si domanda perché 30mln per Gabriel Barbosa), o i presidenti dei vari Manchester City, PSG, Monaco, anche il presidente Li ha proseguito l’iter dello shopping estivo più sfrenato. Ma se dovessimo parlare di un effettivo progetto-Milan su prospettiva futura, cadremmo nel vortice dell’ambiguità, delle contraddizioni e delle incertezze.
Una delle motivazione di tanta avventatezza potrebbe essere legata alla complessa situazione che unisce il Milan della cordata cinese al Fondo Elliott.
Il presidente Yonghong Li ha infatti l’obiettivo di effettuare un incremento di capitale da 60 milioni di euro, azione necessaria per evitare che il Milan passi nelle mani del Fondo Elliott, come da precedente accordo. La dimostrazione, anche mediatica, di uno strapotere economico garantirebbe maggiore fiducia nei confronti dell’attuale società, spesso messa in discussione.
Primi della classe
La Juventus, d’altra parte, già nel 2012, anno del primo scudetto dell’era Conte, aveva dimostrato che non sarebbe stato affatto un anno a sé stante. Nell’estate del 2011, infatti, con una spesa minima per il mercato il club bianconero ha colto in pieno il termine di “progetto” , entrato in voga proprio in quegli anni: nuovo stadio di proprietà, parametri zero di qualità ed esperienza e, soprattutto, acquisti mirati, desiderati espressamente proprio dallo stesso Conte, scommessa della società bianconera dopo i disastri degli anni passati.
Quando una società non si intromette con prepotenza sulle decisioni dell’allenatore, ormai da considerare un manager a tutti gli effetti, si crea un rapporto di sinergia e di fiducia che sorvola le prime vittorie del presente o i dubbi iniziali, ma che anzi presenta delle conseguenze, possibilmente positive, per il futuro.
Così, nel momento in cui a Conte è stata affidata la libera scelta di schierare una difesa a 3 composta da subito dal blocco della “B.B.C.”, si è anche permessa la costruzione di un progetto basato proprio sulla solidità e sulle fortune del reparto difensivo, per non parlare delle tante scommesse azzeccate, quali gli arrivi di Vidal e successivamente di Pogba, di Giaccherini, di Barzagli, di Pirlo e via dicendo.

Quest’anno il Milan, invece, sembra aver ragionato diversamente, ritenendo scommesse quei prospetti che presentassero un valore di mercato che fosse almeno di 20 milioni minimo; ma certo, i tempi sono pur cambiati, sebbene ciò non tolga che al momento l’acquisto più “utile” pare proprio essere stato Borini, costato solamente 7 milioni, e il nuovo prospetto più interessante vestiva già la casacca rossonera e che risponde al nome di Patrick Cutrone.
Rapporto silenzioso
In tal caso si parla di opinioni, di supposizioni, ma sembra invece più affine in questo momento il rapporto tacitiano, e spesso “passivo”, che correla i due attuali tecnici di Milan e Juventus alle rispettive dirigenze. Allegri alla Juve è subentrato ad Antonio Conte in un momento tipicamente sensibile com’è il pre-stagione di ogni squadra; la società bianconera aveva bisogno di qualcuno che potesse ristabilire la calma e continuare il programma di vittorie su zona nazionale ed internazionale. La scelta della dirigenza juventina sembra essere stata quella, quindi, di trovare qualcuno con un carattere più mite e meno insofferente delle decisioni prese dall’alto e il tecnico toscano è apparsa come la giusta scelta per non sfaldare l’ambiente; già durante la sua avventura al Milan, Allegri aveva dimostrato di non essere un “contestatore”, evitando di porsi contro una società che prima, nell’estate del 2010, gli aveva consegnato i migliori acquisti soltanto nelle ultime settimane di mercato e che, soltanto due anni dopo, glieli avrebbe tolti a suon di milioni.

Inoltre, fa sempre sorgere qualche dubbio di troppo la scelta di virare, sebbene non per tutte le gare disputate, al classico 4-3-1-2 tanto amato da Berlusconi, specie per gli anni a seguire, quando il tasso tecnico muoveva sempre più al ribasso.
Potremmo perdere ore e ore ad elencare i flop che hanno indossato la casacca rossonera dopo l’idillio “ancelottiano”. Constant, per esempio.
Eppure, anche in quel caso, nulla: nessuna contestazione pubblica, nulla che potesse far pensare ad un Allegri infuriato nei confronti di una società che da un momento all’altro aveva ceduto il suo migliore attaccante, Ibrahimovic, e il maestoso Thiago Silva in difesa. Basti pensare, in fondo, al suo triste epilogo rossonero, esonerato dopo la cocente sconfitta contro il Sassuolo, senza non voler mai ammettere che, magari, non era più il caso di pretendere campionati di vertice quando gli acquisti più costosi erano i vari Costant, Zaccardo, Niang, che, bisogna ammetterlo, non avrebbero mai potuto garantire reali certezze o ambire cicli vincenti per il futuro.

E così, anche quest’anno alla Juve è parso intravedere di nuovo un atteggiamento fin troppo rispettoso nei confronti di una dirigenza che ha venduto un suo pilastro difensivo, o ancora, che dopo la cessione di Dani Alves non sia arrivato un terzino dello stesso livello ma solo un’azzardata scommessa, desiderata in tal caso dallo stesso tecnico, come De Sciglio più il ripiego Howedes, ad oggi un’incognita. Di tacitiana attenzione, ad esempio, sembra essere proprio la mossa di proporre come terzino Sturaro, per penuria di calciatori in quel ruolo. Scelta che basterebbe a far risvegliare le coscienze ai piani alti della Juve, che per ambire ad un’agognata vittoria in Europa non può permettersi esperimenti simili o calciatori ancora poco avvezzi a determinati palcoscenici. Bisognerebbe tutt’al più ricordarsi di come Conte abbia giustificato ufficialmente il suo addio, coinciso con la cessione di Giaccherini, uomo-chiave del suo gioco; pensate adesso, quindi, a presentarsi contro il Barcellona con una mezz’ala adattata a terzino Chiaramente, comunque, il contesto che sta vivendo l’Allegri juventino è ben altro rispetto alla fase decadente fronteggiata al Milan e ben poco si potrebbe dire ad una dirigenza che da 6 anni ha vinto come poche altre nella storia del calcio italiano.
Montella, libera-mente
In casa Milan la situazione è estremamente diversa e ben più delicata. Montella è arrivato a Milano in uno dei momento più bui della storia del club rossonero, coinciso al contempo con il termine della storica presidenza di Berlusconi e le nuove luci di speranza dovute all’arrivo di Yonghong Li, magnate cinese. Al suo primo anno, il tecnico campano si dimostra da subito una rivelazione con un 4-3-3 che trovava il suo fulcro nella fiducia affidata ad interessanti prospetti, quali Locatelli, Calabria, la stessa conferma di Donnarumma, l’acquisto di Romagnoli. Era un Milan che, in mancanza di arrivi importanti, ripiegava su sé stesso e sulla capacità da parte del suo allenatore di formare un gruppo compatto ed equilibrato. Montella, in silenzio, aveva conquistato il Milan senza proferir parola.
Quest’anno, invece, l’elevate aspettative dell’ambiente si sono da subito scontrate con i primi risultati negativi. La prima critica imputata al tecnico rossonero è stata quella di aver mutato il suo 4-3-3 in un 3-4-2-1; ma, ad essere sinceri, potrebbe apparire, anche in tal caso, una scelta “forzata” dai tanti e troppi acquisti giunti in rossonero senza precisi criteri tecnico-tattici. Come dimostrato anche dall’ultima partita contro il Chievo, il Milan riesce con molta più scioltezza a trovare il gol con la difesa a quattro e il tridente davanti, volto oltretutto a valorizzare Suso come esterno sinistro d’attacco, contrariamente all’estraniamento tecnico-tattico dovuto ad un nuovo ruolo che sembra tutto fuorché congeniale alle caratteristiche del talento iberico.. La difesa a 3, oltretutto, continua ad incontrare ingenti difficoltà e anche stavolta, se ci dovessimo chiedere perché, la risposta potrebbe venir raffigurata con la maglia numero 19 e la fascia da capitano al braccio.
Pertanto, ci sentiremmo in dovere di sostenere che un allenatore non dovrebbe mai anteporre la propria idea di gioco alle richieste tattiche del singolo, così come nessuno dall’alto dovrebbe digrignare i denti se non tutti i nuovi arrivati rientrano fra i titolari. Prima viene la squadra, prima i 3 punti: Spalletti ha affrontato un’intera città lo scorso anno pur di portare avanti la sua causa, sebbene fosse da un punto di vista più “sentimentale” la più cinica.
Quel che speriamo, dunque, è che Montella – ottimo allenatore, sia chiaro – come ha dimostrato anche a Firenze, non perda un’occasione come il Milan per una mancata imposizione delle sue idee di gioco. Ricordiamo, infine, l’esempio di un altro allenatore estremamente carismatico della nostra Serie A, ovvero il tecnico blucerchiato Giampaolo, che nella recente sessione estiva di mercato ha espresso un deciso rifiuto nei confronti del possibile arrivo di Wesley Sneijder a Genova per evitare che venisse messo in crisi un gruppo per le pretese gerarchiche del singolo.
Sarebbero tanti, tantissimi, i punti di vista su cui concentrarci in vista di un derby come Milan-Juventus. Ma, in fondo, a parlare resteranno sempre il campo e i suoi interpreti.
Dunque, spazio all’agonismo e alle giocate dei più cristallini talenti. Buona partita.