La bellezza dello sport sta nel fatto che niente è scontato. Si, probabilmente questa frase è di un’originalità pari a zero, ma nel dubbio è sempre meglio ricordarlo. Perché quando si vedono certe squadre vincere, surclassare gli avversari e andare avanti in un tabellone, ecco che tutti sono pronti a determinare quell’evento come una causa razionale della forza di quei componenti, impossibile da battere e facilmente saliti sul carro dei vincitori.
Ma le vittorie di Cavs e Golden State, per quanto siano arrivate con un 4-0 contro Pacers e Trailblazers, non vanno relegati nella galleria delle banalità. Queste partite vanno prese e analizzate, studiate e commentate, mangiate con gli occhi e assaporate con la vista. Ancora prima che sul parquet, è nella mente che si costruisce la mentalità vincente. Il grande allenatore Julio Velasco amava dire “il perdente trova una scusa, il vincente una strada“; dovrebbe essere marchiata a fuoco nella testa di ogni sportivo, appuntata senza sosta su ogni libro, taccuino, quaderno, foglio che ci porta dietro.
E entrambe questi roster, sia quello californiano che quello dell’Ohio, nonostante anni bui passati all’ombra di squadre che hanno fatto la storia di questo gioco, hanno perseverato nel cercare quella strada di cui Velasco parla, riuscendo a seguirlo fino al sentiero che li ha condotti alla città di Smeraldo. I Warriors hanno trovato nel 2015 il vello d’oro alla fine dell’arcobaleno, mentre i Cavaliers se ne sono appropriati l’anno successivo strappandoglielo di mano a Oakland.
All’inizio di questa stagione tutti gli scommettitori hanno già dato per scontato che la finale sarà Cleveland-Golden State, con una possibile sorpresa da parte di San Antonio; ma per adesso, le uniche due squadre ad aver chiuso la serie in quattro partite sono state quelle magistralmente guidate da Lue e Kerr. Perlomeno, mentre il primo è dall’inizio di Regular che si trova sempre accanto ai suoi ragazzi in ogni momento di gioco, di allenamento e quant’altro, il secondo, quel meraviglioso macchinista che è Steve e che ha rimesso a nuovo gli ingranaggi della baia, si è dovuto assentare spesso dalla panchina, per quei problemi alla schiena che continuano ad assillarlo.
Nonostante tutto, i Warriors hanno disputato una prima serie contro Portland decisamente alla loro altezza, con la sola prima uscita che ha fatto tremare un attimo i tifosi di Oakland davanti a piccole insicurezze da parte di una difesa che non ha iniziato alla grande, che ha chiuso alla grandissima con un superbo Draymond Green sempre presente nei momenti di difficoltà. Le restanti tre partite sono state delle vere e proprie passeggiate in un bosco, con un po’ di vento a muovere foglie dagli alberi, con leggere pioggerelle a dar fastidio durante un breve sonno, subito scacciate dal sole che Curry porta in mano con la semplicità di un bambino. E così come Lillard si è schiantato contro la stoppata del numero 23 da Michigan State, così i Blazers si sono arresi davanti all’armata dorata, davanti alle prodezze di KD e degli Splash Brothers, ancora una volta più che in lizza per la vittoria finale.
E mentre da un lato Dorothy passeggia senza sosta sul lastricato d’oro, senza perdere di vista il sentiero verso il Larry O’Brien, così anche il Leone dal coraggio mai mancato in questa storia, sta seguendo le stesse orme, portando i suoi Cavs verso le terre dell’El Dorado. E’ tornato a Cleveland per vincere, l’ha fatto lo scorso anno e ora, come un insaziabile e fagocitante mostro famelico, LeBron continua a sbranare record saziandosi della carne dei suoi avversari. I Pacers e George non hanno potuto far altro che osservare il Re mangiare alla sua tavola, senza poter nemmeno avvicinarsi a una portata, sperando e sognando solo che un possibile rimasuglio cadesse dalla mano del 23. Ma non esiste niente di più attento e preparato di un vincente, di qualcuno che ha le idee chiare e che riesce a farle avere anche ai suoi compagni. Irving su tutti, Love per secondo, il resto della squadra a fare da contorno. Lue è davvero riuscito a dare un’impronta e un carattere a questo team, nonostante siano arrivati secondi al fotofinish ai danni di Boston. Ora dovranno rimboccarsi le maniche e continuare il viaggio verso Oz, dove piuttosto che il verde dello smeraldo sperano di trovare l’anello della vittoria.
Rimarcare citazioni colte o lasciarsi andare a banali aforismi potrebbe a volte sembrare infantile e pesante, ma ci sono alcune frasi e alcune combinazioni di parole che, senza dover o voler spiegare, restano dentro e non riescono più ad andare via. E una di queste, la preferita probabilmente dagli amanti di questo e dello sport più in generale, va sussurrata sotto voce, udibile solo a chi sa ascoltare attentamente, a chi non ha paura di soffrire e faticare per raggiungere il risultato tanto agognato:
“Lo sport va a cercare la paura per dominarla,
la fatica per trionfarne,
la difficoltà per vincerla.”Pierre De Coubertin