Ce lo ricordiamo tutti. Il grande momento del Sassuolo, all’esordio nella fase finale dell’Europa League nella prima partita del girone. Sassuolo 3-0 Athletic Bilbao. Bum-bum-bum e KO tecnico basco. Sembrava il preludio di un’annata anonima, in campo europeo ma non solo, visto anche il non esaltante inizio di stagione in Liga (solo una vittoria e due sconfitte consecutive nelle prime due giornate).
Un mese abbondante dopo la musica è totalmente cambiata. In quello che potrebbe essere il più divertente ed esaltante campionato spagnolo degli ultimi anni – viste almeno le prime otto giornate – l’Athletic si è ripreso il ruolo di protagonista, perlomeno nella zona europea. Dalla partita contro i neroverdi, i Leoni di Bilbao hanno ottenuto ben 5 vittorie tra Liga ed Europa League ed due sole sconfitte: l’ultima ieri sera a Genk che complica parzialmente la corsa al passaggio ai sedicesimi di Europa League, eduna in campionato a Malaga, peraltro in inferiorità numerica. 5° posto in classifica, a -3 da Atletico e Real Madrid.
Due calcoli rapidissimi e si nota subito una particolarità: l’Athletic Bilbao non ha ancora mai pareggiato in gare ufficiali. Caratteristica tipica di una squadra che ha nel suo roster dei “leoni” affamati di punti e di vittorie; gli uomini di Ernesto Valverde giocano bene, un calcio veloce e verticale – quando possibile – e alla ricerca del pivot, del punto di riferimento offensivo, l’eterno Aritz Aduriz. Azzannare l’avversario per portarsi a casa la preda, tutta e non solo una parte. Giocare per i tre punti e non per uno solo e misero.
Aduriz è il nome che tutti conosciamo, ormai il simbolo dei biancorossi baschi, come Laporte è il talento da anni con le valigie pronte destinazione Inghilterra, ma che a fine mercato si ritrova sempre fiero a difendere la porta ed i colori della squadra che lo ha lanciato nel grande calcio. È la squadra di Muniain, finalmente tornato potenziale crack europeo come era stato designato anni fa, dopo stagioni tra sale operatorie e fisioterapia, ma anche quella dei giovani rampanti Lekue, Sabin Merino, e soprattutto della Pantera Nera che vive tra i Leoni, quell’Iñaki Williams che sta definitivamente esplodendo, attirando su di sé l’interesse di mezz’Europa (caro Klopp sei avvertito…).
Però il fuoriclasse rimane l’uomo distinto ed elegante che siede in panchina: Ernesto Valverde. Sembra scontato perché viene detto ogni anno, ma è realmente difficile riuscire a costruire una squadra competitiva in una realtà nella quale praticamente non puoi agire sul mercato, ma puoi solamente basarti sui prodotti che escono dalla cantera; Valverde non solo ci riesce, ma li fa giocare bene e sfrutta al massimo il sentimento regionale che arde dentro i cuori dei suoi guerrieri, portando con orgoglio l’Ikurrina in giro per la Spagna e per l’Europa.
Valverde, ex giocatore dell’Athletic che prima ha allenato le giovanili rojiblancas (1997-2000), poi è stato vice ed in seguito allenatore per due periodi (2002-03 e poi dal 2003 al 2005), è tornato sulla panchina del San Mames nel 2013 dopo l’addio di un certo Marcelo Bielsa, capace di portare il Bilbao ad una doppia finale (Europa League e Coppa del Re) nella stessa stagione. Da quando Valverde ha ripreso posto a bordocampo, l’Athletic ha trovato continuità in campo spagnolo ed europeo diventando presenza fissa in alta classifica e raggiungendo sempre le fasi finali dell’Europa League; in più, si è tolto anche lo sfizio di vincere una Supercoppa di Spagna in faccia a Messi, Neymar e Suarez.
Il segreto? No, non c’è un segreto, ma due dogmi: 4-2-3-1 e agonismo. Il primo è evidentemente il modulo dal quale Valverde non si schioda, che ha come base d’appoggio una colonna vertebrale che attraversa la linea centrale dello schieramento: Laporte-San José-Raul Garcia-Aduriz. Questi i quattro che non cambiano praticamente mai, lo scheletro che sorregge gli altri 7 interpreti, che si adeguano e si amalgamano perfettamente tra loro e con i sopracitati fari della squadra.
Laporte è l’equivalente di impostazione, marcatura, velocità e fisico, il difensore moderno per eccellenza. San José è il giocatore che ogni centrocampista vorrebbe accanto: se gli dai la palla, sa come giocarla, se la perdi la recupererà senza problemi. Inoltre è fortissimo di testa, memore del suo passato da centrale difensivo. Raul Garcia non ha bisogno di presentazioni. Simeone non se ne sarebbe mai privato, e molti tifosi dei colchoneros lo rimpiangono nonostante l’accumulo di talento di cui dispone l’Atletico; Rulo è unico, pensate che nella scorsa stagione ha segnato 11 gol (mettendo il suo nome in tutte le competizioni disputate) e tutti e 11 si sono rivelati decisivi. Se volete altro, godetevi il suo gol contro il Deportivo.
Per Aduriz ci limitiamo a questo: 286 partite, 186 gol con la maglia del Bilbao. Può bastare.
Per quanto riguarda l’agonismo, non vi insegniamo niente. Gli Zurigorriak sono l’emblema di un movimento che coinvolge tutta la regione dei Paesi Baschi, un senso di appartenenza che solo in questa terra si può sentire, cogliere, vivere. Quest’anno più che mai l’Euskadi è rappresentato in Liga: Real Sociedad, Osasuna, Eibar, il neopromosso Alaves ed appunto Athletic, ma l’unica squadra a fregiarsi del vanto di schierare soli giocatori baschi è proprio quest’ultima.
I romani scrissero “Hic sunt leones” come avvertimento per coloro i quali cercassero di avventurarsi nelle zone inesplorate dell’Africa, ma pare anche dell’Asia. Non lo scrissero a Bilbao, perché ancora non esisteva l’Athletic.