L’ottimo inizio di stagione dei Milwaukee Bucks – secondi nella Eastern Conference con il record di 8 vittorie e 2 sconfitte – ha ribadito un concetto su cui molti, prima dell’inizio della stagione, avrebbero scommesso: Giannis Antetokounmpo è pronto a diventare il nuovo dominatore della NBA. Se i risultati di squadra dovessero supportarlo, il suo nome sarebbe certamente in cima tra quelli candidati al titolo di MVP: un’ascesa inarrestabile, resa ancor più sorprendente considerando il punto da cui il greco era partito. Nessuna etichetta di Prescelto, nessun college prestigioso, alla sua quinta stagione nella lega The Greak Freak sta dimostrando di poter essere non solo un franchise player ma una vera e propria evoluzione del gioco stesso, mostrando giocate realmente mai viste prima. Anche in una lega di supereroi.
This is America
L’impatto con il mondo NBA non è certamente stato facile. Quando, alla quindicesima chiamata del draft 2013, David Stern pronuncia il suo nome, Giannis è soltanto un ragazzino di 18 anni proveniente dalla seconda serie greca e che ha conosciuto davvero da vicino la povertà. Figlio di immigrati nigeriani, fino alla maggiore età gli veniva anche negata la cittadinanza greca: il basket era l’unico passatempo possibile, insieme col fratello Thanasis.
L’accoglienza è quantomeno freddina. Soprattutto a Milwaukee, non esattamente San Francisco o New York. Il primo dubbio riguarda la sua collocazione sul parquet. Sulla carta infatti Antetokounmpo sarebbe un’ala piccola di 210 cm con un’apertura alare impressionante (221 cm), ma il suo fisico acerbo non è ancora pronto per l’impatto con i super atleti NBA. La sua etica del lavoro è però impressionante: già ai tempi del Filathlitikos il numero 34 spendeva ore e ore in palestra ad allenarsi sul parquet, figurarsi una volta arrivato a coronare il suo sogno e diventato un’atleta professionista.
I Bucks si ritrovano dunque tra le mani un diamante grezzo a cui dare forma, ma in molti casi le infinite possibilità a disposizione del giocatore si traducono in semplici promesse incompiute: non sempre ad un grande talento è abbinata la giusta costanza o la giusta comprensione del gioco per emergere anche ai massimi livelli. C’è però qualcosa di speciale in Giannis Antetokounmpo e lampi del suo talento si intravedono anche alla sua prima stagione NBA, nonostante un minutaggio limitato a circa 23 minuti. Jason Kidd, giunto sulla panchina dei Bucks nel 2014, è il primo a notare come il suo ball-handling e la sua visione di gioco siano nettamente superiori rispetto a quanto le sue caratteristiche fisiche – e la sua formazione cestistica – potrebbero lasciare intuire. Da qui l’idea di farne stabilmente il portatore palla e creatore di gioco della squadra, pur partendo formalmente nel ruolo di ala. Farlo diventare il nuovo Lebron James, giusto per fare un paragone leggermente ambizioso.
The Greek Freak
I soprannomi NBA non sono mai affidati al caso. Anche nella lega americana un’atleta di queste dimensioni con questa velocità e capacità di controllare il pallone, unite ad una coordinazione fuori dal comune, non si era ancora visto. Essere definito un “Freak” può essere considerato quasi un vanto, a questo livello. Esistono certamente giocatori maggiormente dotati dal punto di vista offensivo, oppure più creativi con la palla in mano, oppure in grado di dominare le statistiche difensive, difficilmente però riescono ad essere completi come Antetokounmpo, uno dei pochissimi realmente capace di occupare ognuno dei ruoli possibili su un campo da basket senza che ne diminuisca l’efficacia. Nell’anno della sua esplosione (2016/17), terminata con la vittoria del premio di giocatore “più migliorato” della NBA, Giannis Antetokounmpo è risultato essere il miglior realizzatore di squadra (22,9 punti), il miglior rimbalzista (8,8), il miglior passatore (5,4 assist di media): un risultato riservato a pochissimi giocatori.
Il ruolo che maggiormente ne esalta le caratteristiche è però quello di playmaker, per quanto sia difficile restringere il suo talento all’interno di un’etichetta statica. Antetokounmpo riesce infatti a trasformare l’assenza di un jump shot affidabile in uno dei suoi punti di forza. Certamente il tiro da tre è uno degli aspetti migliorabili del suo gioco, soprattutto vista la direzione intrapresa dall’intera NBA: dal 34% della sua prima stagione si è passati al 30% della scorsa con un numero di tentativi non elevatissimi (1.9). In queste prime 10 partite Giannis sta addirittura tirando peggio, con una percentuale del 9,5% su 2,3 tiri di media. Il suo rilascio è ancora troppo lento e le difficoltà diventano evidenti soprattutto nelle triple dal palleggio: il numero 34 non è un tiratore naturale e probabilmente non lo sarò mai, anche a causa delle sue caratteristiche fisiche.
Le difese conoscono bene questo limite e lo invitano più o meno chiaramente al tiro, lasciandogli metri di spazio. Giannis però sfrutta queste scelte estreme a suo favore e grazie alla lunghezza delle sue gambe inizia il terzo tempo a distanze inimmaginabili per altri giocatori, arrivando comunque a concludere al ferro.
Come spiegato in questo video, la sua agilità e la sua mobilità laterale gli permettono infiniti euro step, divenuti veri e propri marchi di fabbrica. I difensori sul suo passaggi diventano veri e propri birilli da evitare. O da spostare fisicamente grazie alla sua forza fisica, indipendentemente dalla stazza del suo avversario. Inoltre molti dei tiri che per gli altri sarebbero dei difficili floater si tramutano, grazie alla lunghezza delle sue braccia, in semplici lay-up. Ricapitolando: in transizione riesce a coprire il campo molto più velocemente, cogliendo molto spesso impreparate le difese: in meno di 10 secondi Giannis riesce a trasformare un rimbalzo raccolto nei pressi del proprio canestro in due punti veloci per la sua squadra. A difesa schierata, dove dovrebbe trovare maggiori difficoltà, le spaziature introdotte dal nuovo quintetto dei Bucks in questa stagione gli permettono di finire al ferro (se lasciato uno contro uno) o di scaricare per i tiratori pronti sul perimetro (se raddoppiato). Senza dimenticare l’efficacia del suo gioco in post, potendo scegliere tra un affidabile fade-away jumper ed una devastante capacità di virata in area con successiva schiacciata.
Giannis Antetokounmpo at his best
Bonus Track: MVP (Most Valuable Poster)
Il contesto di squadra
L’ottimo avvio di stagione di squadra è dovuto anche e soprattutto all’arrivo di Mike Budenholzer che ha cambiato il volto della squadra. La scorsa stagione aveva infatti lasciato tifosi e dirigenza con l’amaro in bocca, sia per il suo finale sia per lo svolgimento. In molti ritenevano infatti che il potenziale della squadra non fosse sfruttato al massimo, complice la mancanza a roster di tiratori affidabili da tre punti che potessero efficacemente aprire il campo. Ai play-off è poi arrivata l’amara sconfitta in gara 7 contro i Boston Celtics, ritenuti sulla carta inferiori viste le assenze di Kyrie Irving e Gordon Hayward.
L’ex coach degli Atlanta Hawks era uno degli allenatori più contesi durante la off-season: probabilmente la prospettiva di allenare un giocatore come Antetokounmpo potrebbe essere stata decisiva nella scelta di approdare a Milwaukee. C’era molta curiosità intorno ai nuovi Bucks e l’inizio di stagione non ha certamente deluso le aspettative, facendo segnare un netto miglioramento rispetto al recente passato.
L’aggiunta di tiratori perimetrali come Ersan Ilyasova e Brook Lopez ha certamente giovato nell’adeguare l’idea di Budenholzer alla realtà concreta. La scorsa stagione i Bucks tiravano circa 25 volte da dietro l’arco (25esimi all’interno della NBA) con una percentuale di realizzazione del 35,5% (22°), questo contribuiva a intasare gli spazi per le penetrazioni di Giannis, visto che le difese potevano facilmente “collassare” all’interno dell’area visto che i tiratori di Milwaukee non rappresentavano una minaccia credibile. Quest’anno invece i Bucks sono secondi per triple tentate (41,1 a partita) e primi per triple realizzate (15,6, 38% dal campo): l’impatto del tiro da tre è nettamente aumentato visto che adesso rappresenta circa il 40% dei punti totali realizzati dalla squadra. Soprattutto l’innesto del centro ex Lakers sembrerebbe essere l’arma in più di queste prime partite. Anche nella sconfitta contro Portland, Lopez ha concluso con 6 triple segnate su 10 tentativi: una percentuale irreale per un giocatore che soltanto negli ultimi anni ha affinato la propria tecnica di tiro – basti pensare che nelle sue prime otto stagioni in NBA aveva tentato soltanto 31 triple. Un netto upgrade rispetto, per esempio, a John Henson, centro titolare della scorsa stagione. Se dunque Khris Middleton rappresenta una conferma ed un secondo violino di tutto rispetto, il roster allestito quest’anno dal GM Jon Horst sembra maggiormente adatto ad esaltare il talento della sua stella.
Anche il numero di possessi giocati dai Bucks – raccolti sotto la voce statistica Pace – è nettamente aumentato. Dal 20° posto della scorsa stagione (97,16) si è passati al’attuale 6° posto (105,15): la cura Budenholzer sta funzionando. Sia sul piano offensivo che su quello difensivo.
I Bucks sono anche terzi per Defensive Rating – 102 punti concessi per 100 possessi – con scelte difensive estreme che hanno però finora dato i loro frutti. Come evidenziato nel video, i Bucks lasciano ai propri avversari molti tiri dal cosiddetto Mid-Range: tiri che tendenzialmente le squadre tendono a rifiutare perchè poco efficienti a livello statistico rispetto ai tiri al ferro (più facili da realizzare in percentuale) e al tiro da tre (più difficile ma che, banalmente, vale un punto in più). Nel sconfitta contro i Portland Trail Blazers la presenza di un attaccante del livello di CJ McCollum ha messo in crisi questo sistema, vista la varietà di soluzioni che la guardia con il numero 3 sulle spalle ha messo in mostra. Proprio il match in programma contro i Golden State Warriors potrà dare un’idea della sostenibilità a lungo termine delle scelte di coach Budenholzer.
In questo articolo Shea Serrano si interroga sulle possibilità che i Bucks arrivino in Finale NBA. Posto che per il titolo di campione NBA si dovrà ancora una volta – probabilmente – fare i conti con i Golden State Warriors, di certo Giannis Antetokounmpo è uno dei candidati a sedersi sul trono lasciato vacante da Lebron James nella Eastern Conference. Non male per uno che ha iniziato dal fondo e sale, con le sue lunghe leve e sempre più rapidamente, verso la vetta.